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  • Api regine e pappa reale – Lezione 6

    In questa lezione del corso, la penultima, l’argomento trattato è “api regione e pappa reale”. Sono due argomenti strettamente legati che possono, se si decide di intraprendere questa attività, integrare il reddito di un’azienda apistica. Per conoscere gli altri prodotti dell’alveare potete trovarli nella precedente lezione.

    Perché allevare delle regine??

    L’allevamento delle api regine consente di lavorare in modo da poter perseguire diversi obiettivi, tra i quali:

    1. pratici e quantitativi da una parte come:
      • aumentare rapidamente il numero delle colonie;
      • rinnovare regolarmente tutte le regine ogni due anni;
      • risolvere, rapidamente, i diversi problemi che regolarmente si ripresentano come: colonie orfane, regine non soddisfacenti o fucaiole, ecc;
    2. qualitativi dall’altra, per la selezione delle madri che permette di ottenere:
      • famiglie omogenee;
      • un miglioramento nelle caratteristiche delle colonie: oltre alla produzione, migliorare la resistenza alle malattie e l’adattamento all’ambiente circostante;

    Perché le api sciamano??

    Il comportamento naturale per la riproduzione di una colonia d’api è la sciamatura. Seguendo tale istinto naturale, possono generarsi una, due o più famiglie.
    La sciamatura delle api + provocata dall’indebolimento nella percezione del feromone reale (mezzo di comunicazione della regina con l’insieme della colonia tramite le api della corte che la leccano).
    Nella realtà, sono due i feromoni secreti dalla regina che sono all’origine dell’unità famigliare. Uno di questi feromoni (tradotto in senso di gusto), impedisce la costruzione di celle reali naturali e non fa sviluppare gli ovari delle operaie. L’altro, (senso dell’olfatto) assicura la coesione della colonia. Ad esempio, quando la regina invecchia, la produzione di feromoni diminuisce e la sua presenza diventa sempre meno percepibile dalle api stesse che, ben presto, la sostituiranno.

    Esempio di sciamatura naturale

    Esempio di sciamatura naturale

    L’aumento della popolazione d’api in primavera, accompagnato dall’apporto di nettare, provoca il blocco della deposizione, contribuisce a rompere l’equilibrio tra la quantità di feromoni emessi e la popolosità della famiglia.
    Tutto questo, combinato ad un periodo di super abbondanza di raccolto, origina il fenomeno della sciamatura.
    Le migliori regine nascono in questi periodi perché sono scelte per la perennità della specie e così, si è cercando di riprodurre artificialmente le condizioni che si verificano in tali occasioni.

    L’allevamento delle regine provocato

    Se la sciamatura naturale delle colonie origina le migliori regine, presenta però anche enormi difficoltà di gestione.
    D’altra parte, l’utilizzo delle regine nate in periodi di sciamatura, conduce ad un fenomeno di selezione di “api regine con forte propensione alla sciamatura”. Per eliminare questi problemi, l’unica strada che può essere seguita è quella che conduce all’allevamento reale provocato.
    Provocare un allevamento reale significa scegliere una famiglia d’api, farle allevare celle reali (senza che questa abbia avuto intenzioni proprie), e poi organizzarsi in modo da poter disporre di celle reali a maturità quando se ne ha bisogno.
    Di fondamentale importanza è il ricordare che:

    • la presenza di fuchi è condizione essenziale per un allevamento di regine;
    • la maturità dei fuchi è più lenta di quella della regina;

    Di conseguenza, per una migliore programmazione del nostro allevamento, sarà necessario operare in modo da poter disporre di fuchi maturi al momento voluto. Questo si rivelerà tuttavia un metodo che ci permetterà di guadagnare alcune settimane rispetto al tempo necessario per la normale fecondazione naturale.

    Regina circondata dalle api di corte

    Regina circondata dalle api di corte

    Si procederà in questo modo: all’inizio dell stagione, all’interno delle arnie forti in precedenza selezionate, si introducono 30 giorni prima della data programmata per i primi traslarvi, uno o due telai con celle da fuco (già fatti lavorare l’anno precedente) e si stimola l’arnia con uno sciroppo proteico.
    Teoricamente, un favo di fuchi n può far nascere in media 3000 che consentono la fecondazione di 200 regine all’incirca.
    In natura, le colonie con regina producono dai 1500 ai 2000 fuchi. In generale, si stimano necessarie 5 famiglie che allevano fuchi per 100 nuclei di fecondazione.
    Le colonie orfane mantengono in genere grandi quantità di fuchi.
    Ne periodi in cui mancano i fuchi, si può trarre profitto da tale fenomeno andando ad inserire nelle colonie orfane i telai da fuchi allevati. Occorrerà però settimanalmente inserire della covata da operaia.
    Questa “banca di fuchi” verrà nutrita con del candito proteico.

    La selezione

    È una priorità per l’allevamento delle api regine.
    Selezionare significa modificare mediamente, nel corso delle generazioni che si succedono, dei caratteri trasmissibili quantificati. Proprio per questo è necessario lavorare su linee genetiche diverse, provenienti da zone geograficamente diverse e verificare che le caratteristiche che si vogliono trasmettere si mantengano con passaggio di generazione in generazione.

    Selezione

    Selezione

    Metodi di allevamento

    Sono utilizzati in tutto il mondo tantissimi metodi di allevamento differenti, sarebbe impensabile di spiegarli tutti in questa lezione. Per questo motivo si è scelto di descrivervi e farvi presente ai metodi maggiormente utilizzati.

    Starters (iniziatori)

    Gli starters vengono usati per fare iniziare l’allevamento delle celle reali prima di passarle ai finisher (finitori).
    Le larve innestate vengono affidate per 24 ore alle cure di colonie orfane molto popolate di api giovani e con abbondanti scorte alimentari. Questo metodo assicura una buona accettazione e d un numero costante di celle reali disponibili.

    Starter

    Starter

    In genere, i finitori hanno dimostrato una buna accettazione e il ricorso agli starter è limitato. Questi ultimi vengono in genere usati all’inizio della stagione quando i finitori non hanno ancora acquistato il “riflesso d’allevare”, o quando si presentano momenti critici per l’accettazione come nei periodi caldi e secchi o, al contrario, troppo freschi e umidi.

    Sistema “Americano”: Swarm box

    Consiste in una cassa con rete su tutti i lati e fondo, al cui interno vengono scossi telai di api giovani (le nutrici che si trovano sui favi di covata) in modo di avere da 5 a 6 kg di api.
    Al di sopra viene agganciato il corpo di un’altra cassa dove sono stati sistemati in precedenza 5 favi di miele e polline. Si mettono in comunicazione i due corpi di cassa: le api saliranno a poco a poco verso i telai posti sulla parte superiore.
    Dopo circa due ore di orfanità viene portato e aperto nel luogo dell’allevamento e gli verranno date 224 larve (quattro porta stecche con quattro stecche di 14 cupolini). Sarà assolutamente necessario nutrirli con acqua e zucchero.
    Dopo 24 ore, si procederà togliendo le prime celle allevate e si rimetteranno nello swarm box una nuova serie di 84 larve. Al terzo giorno 56 larve.
    In seguito, le api saranno oramai troppo vecchie e potranno essere destinate alla popolazione dei nuclei di fecondazione. Questo sistema, però, non è utilizzato spesso in quanto presenta delle difficoltà di gestione delle api finali ed in alcuni casi fornisce risultati troppo aleatori.

    Swarm box

    Swarm box

    Sistema semplice con cassettino portasciami da 5 favi

    In piccole arnie, con il fondo a rete, si mettono due favi, uno di polline e l’altro di miele. All’interno si scuotono 4 favi di covata presi da colonie nelle quali è stata localizzata la regina.
    Durante la scossa le bottinatrici prendono il volo, mentre all’interno rimangono soprattutto le giovani api nutrici.

    Porta sciami a 5 favi

    Porta sciami a 5 favi

    Trasportata sul posto dell’allevamento, l’arnietta abbondantemente popolata può ricevere gli innesti di 42 larve (1 porta stecche con tre stecche da 14 cupolini).
    Il risultato di questo sistema è ottimo e regolare, si può contare su un’accettazione superiore al 95%.

    Traslarvi (metodo Doolittle)

    Per un allevamento su grande scala, il metodo più conveniente consiste nel trasferire una larva d’operaia, nata da mendo di 12 ore, in una cella da regina in modo da farla allevare come tale.
    L’uovo d’ape ha una misura di circa 1,5 mm e quando si schiude, la larva che nasce è ancora più piccola.
    E’ però ben visibile sul fondo della cella, perché posta su di una sostanza (pappa real) che luccica.
    Il traslarvo è fatto utilizzando i “picking” americani che permettono, con un po d’abitudine e delicatezza di prelevare la larva dal suo bagno di pappa reale senza rovinarla.

    Traslarvo

    Traslarvo

    I traslarvi vengono operati in cupolini di plastica, costituiti da tre elementi che, incastrandosi, semplificano la preparazione, la riunione e la raccolta delle celle reali.
    L’età della larva innestata è molto importante perché la “castrazione nutrizionale” avviene già dal terzo giorno dalla schiusa dell’uovo e, quindi, la composizione della pappa reali somministrata alla futura regina sarà diversa da quella data alla futura operaia.
    Più giovane sarà la larva, più ci troveremo vicini alle condizioni naturali d’allevamento d’api regine naturali.

    Finitori

    Dopo 24 ore passate all’interno dello starter, le larve verranno introdotte nei finitori, vale a dire all’interno di colonie che le alleveranno fino alla maturità o fino all’opercolatura.
    Se la selezione delle madri è basilare, non bisogna dimenticare l’importanza delle allevatrici che condizioneranno il futuro della regina che dovrà essere nutrita al meglio. Le colonie di allevatrici dovranno essere forti, con una regina dell’anno, mansuete e dovranno tenere bene il favo.
    Per ogni colonia bisognerò controllare, durante l’allevamento, l’accettazione e la qualità delle celle reali.
    Le allevatrici che danno poco pappa reale e che costruiscono piccole celle devono essere sostituite.
    La prima accettazione delle larve innestate con il traslarvo è in genere deludente. A partire invece dalla seconda, l’accettazione va migliorando perché la colonia acquista un “riflesso per l’allevamento”.

    Finitore aperto (orizzontale)

    Finitore aperto (orizzontale)

    I finitori maggiormente utilizzati sono del tipo verticale e non necessitano di particolari materiali; le allevatrici possono essere scelte tra le colonie a secondo della loro qualità. Per organizzare un finitore si prelevano dalla colonia, scelta in precedenza, due favi di covata opercolata coperta di api e un favo di miele e polline. All’inizio della stagione le notti sono fredde e le api tendono a ridiscendere. E’ per questa ragione che, generalmente, il materiale utilizzato per il primo allevamento deve provenire da alveari esterni.
    Si mettono i favi all’interno del corpo di un alveare e si scuotono 2 favi di api giovani. Dopo aver riorganizzato al colonia con una regina, vi si posa sopra un’escludi regina e si sovrappone la famiglia orfana.
    In mezzo ai due favi di covata verrà messo il porta stecche con nutritore nel quale saranno inserite le stecche. Le api dei due corpi comunicheranno attraverso l’escludi regina. Il nutritore messo sul coprifavo permetterà di nutrire l’allevamento con candito proteico.
    Ogni 10-15 giorni, la parte superiore orfana verrà riorganizzata: si rimetteranno 2 favi di covata, in modo da avere a disposizione in continuazione una grande quantità di api nutrici.
    Il finitore, dopo 24 ore dalla sua costituzione, potrà ricevere i primi traslarvi o le celle già accettate dallo starter.

    Nuclei di fecondazione

    In Italia non esistono nuclei di fecondazione standard. Quelli utilizzati sono piuttosto vari, dai portasciami da 5/6 telai, a quelli da mezzo telaio da melario. In genere, ogni allevatore ha il suo personalizzato.
    Il loro impiego è soprattutto legato al fatto di consentire una diminuzione dei costi di gestione.
    Negli ultimi anni, in Italia, sono apparsi diversi tipo di mini-nuclei che sono stati provati e sperimentati consentendo di arrivare alla conclusione che possono perfettamente funzionare nella nostra regione, e che non esiste alcuna regione per cui si possa pensare che le regine in essi fecondate siano di qualità inferiore.

    Nucleo di fecondazione

    Nucleo di fecondazione

    Il loro utilizzo porta, inoltre ad una specializzazione degli allevamento, in quanto buona resa dipendere dalla rigorosa periodicità delle operazione che su di essi devono essere eseguite e dalla perfetta conoscenza degli equilibri che regolano la piccola famiglia nei diversi periodi stagionali.

    Formazione dei mini-nuclei – Primo sistema

    Prevede un procedimento analogo a quello della formazione degli startes: in apiario si scuotono 8/10 telai di api giovani in un cassettino del tipo portasciame da 5 favi, avente la rete sui lati.
    Il tutto viene portato in azienda e “lavato” in modo da bagnare completamente le api. Così fatto, si procederà raccogliendo comodamente le api con un bicchiere. Solitamente un cassettino formato con questo metodo permetto di popolare circa 25 mini-nuclei.

    Mini - nucleo

    Mini – nucleo

    Con le operazioni si procede come segue:

    • si mettono negli appositi contenitori 200/300 grammi di candito
    • si introduce la cella reale di 10/11 giorni od una regina vergine
    • si mettono le api
    • prima di essere aperto, il mini-nucleo chiuso, viene tenuto in un luogo buio e fresco per un periodo che va dalle 24 alle 48 ore.
    Formazione dei mini-nuclei – Secondo sistema

    Si porta in azienda il pacco d’api fatto come descritto in precedenza e lo si mette all’interno di una camera scura e fredda (8°C). Qualche ora dopo, si addormentano utilizzando anidride carbonica, disponendo in questo modo di circa 10 minuti per manipolare le api addormentate.

    Arnietta per mini-nuclei

    Arnietta per mini-nuclei

    Le operazioni di cui si è parlato possono apparire semplici, ma occorre apprestare la massima attenzione ad ogni particolare in questa fase poiché si rischia di uccidere l’intero pacco d’api.
    I mini-nuclei, così costituiti, saranno sistemati in un luogo scuro e freddo per 24-48 ore, ed aperti successivamente nel posto in cui dovrà avvenire la fecondazione.
    Dopo 12 giorni dalla nascita, le regine avranno deposto una quantità di uova sufficienti a garantire la continuità della mini-colonia, a quel punto dovranno essere raccolte e introdotta una nuova cella reale.

    Raccolta, marcatura ed ingabbiamento delle api regina

    Generalmente la cella reale viene introdotta nel nucleo di fecondazione un giorno prima della sua nascita. Sul suo coperchio si segna la data di nascita e la sigla che indica la regina madre.
    La regina compie il suo volo nuziale tra il 4 e il 7 giorno di vita, inizia a deporre verso il 9/10 giorno. La sua fecondità viene verificata al 12/13 giorno e, solo dopo questo controllo, si passa alla raccolta.
    La valutazione sulla deposizione si baserà su di un giudizio di merito: vengono eliminate le regine che depongono in modo irregolare e che hanno malformazioni fisiche.
    Dopo la verifica si passa alla raccolta e alla marcatura.
    Quest’ultima consiste nell’apporre un punto di vernice colorata sul torace della stessa. I colori di marcatura, in base ad un accordo internazionale, cambiano di anno in anno e sono blu, bianco, giallo, rosso e verde. La sequenza si ripete ogni 5 anni.

    Marcatura regine standard internazonale

    Marcatura regine standard internazionale

    La marcatura è fatta al fine di poter conoscere, in ogni momento, l’età della regina e per renderla più visibile quando è in mezzo alle altre api.
    La vernice usata è di tipo acrilico.
    Una volta marcata, la regina viene introdotta nella gabbietta con le accompagnatrici.

    Gabbietta per api regina

    Gabbietta per api regina

    Le gabbiette devono avere precise caratteristiche: innanzi tutto essere in grado di assicurare la vitalità delle api che ospitano, anche nel caso di lunghi viaggi. Quelle standard, usate per le spedizioni, garantiscono areazione e la giusta umidità; sono inoltre costituite da un parte in legno sulla quale viene posta una rete metallica. Una loro parte è destinata per contenere il candito.

    Tecniche di sostituzione delle regine

    Non esiste un metodo infallibile e le variabili che possono ostacolare l’accettazione son infinite. Questo significa che è difficile proporre il miglio metodo. Pertanto, qui si potranno riportare solo le esperienze ritenute interessanti:

    • Formazione di uno sciame con regina feconda senza covata: si costituisce uno sciame con due favi di polline e miele ricoperte di api e si introduce simultaneamente una regina ingabbiata. La percentuale d’accettazione si è sempre rivelata buona.
    • Introduzione diretta utilizzando pappa reale: dopo aver tolto la vecchia regina, si può immediatamente introdurre la nuova senza gabbietta bagnandola con pappa reale fresca. Questa tecnica può essere usata anche nel caso di famiglie orfane o fucaiole senza dover distruggere le celle reali presenti.
    • Introduzione sotto rete su covata nascente.
    • Introduzione di celle reali aperte (al quarto giorno dopo l’innesto)

    Pappa reale

    La produzione di pappa reale è poco diffusa fra gli apicoltori italiani. Il ridotto sviluppo del settore va imputato, oltre che alla scarsa conoscenza degli aspetti tecnici, alla presenza
    sul mercato di prodotto proveniente dalla Cina ad un prezzo estremamente competitivo.
    Recentemente, però, si è osservato un crescente interesse per la pappa reale italiana incentivato da una maggiore informazione riguardo la scarsa qualità del prodotto cinese, il quale talora non rispetta i requisiti merceologici e sanitari.

    Celle reali con larva e pappa reale

    Celle reali con larva e pappa reale

    Le nuove potenzialità commerciali hanno spinto alcuni apicoltori a dare vita ad un’associazione, il COPAIT, il cui obiettivo è la diffusione e valorizzazione della pappa reale italiana. L’espansione di questa attività, infatti, si basa sulla divulgazione delle conoscenze riguardo le caratteristiche del prodotto, le tecniche produttive e i suoi risultati economici.

    Caratteristiche e proprietà

    La pappa (o gelatina) reale, a differenza di propoli e miele, che sono una rielaborazione di essenze vegetali, è una sostanza di esclusiva origine animale. Viene secreta dalle ghiandole ipofaringee e mandibolari dalle api operaie di età compresa tra 5 e 14 giorni per nutrire tutte le larve nei primi tre giorni di vita.
    Quando le api decidono di allevare una nuova regina, nutrono la larva per tutto il suo ciclo con la pappa reale e continuano a fornirgliela anche durante tutta la vita allo stadio di insetto. Grazie a questo alimento la regina sviluppa l’apparto riproduttore e può vivere fino a 5-6 anni, contrariamente alle api operaie la cui vita è di pochi mesi.
    Queste eccezionali proprietà hanno portato l’uomo a considerarla come un possibile alimento, scoprendone i numerosi benefici. Sono molte le proprietà riconosciute alla pappa reale, anche se le caratteristiche dei suoi componenti non bastano a spiegarne gli effetti sull’organismo; si ritiene, infatti, che questi siano dovuti a qualche sostanza non ancora identificata o al naturale equilibrio e all’effetto sinergico dei diversi elementi. La pappa reale esercita un’azione di stimolo sull’intero organismo che si traduce in una sensazione di benessere psico-fisico, una maggiore resistenza alla fatica fisica e intellettuale e un aumento dell’appetito. Per queste caratteristiche è particolarmente adatta per bambini, anziani, sportivi, studenti e persone soggette a stati di stress. La dose consigliata è di 250 mg al giorno, da assumere al mattino (di sera l’euforia che trasmette può dare una lieve insonnia) e a digiuno, tenendola preferibilmente sotto la lingua, in modo da facilitarne l’assimilazione.

    Pappa reale

    Pappa reale

    La pappa reale è una sostanza semifluida, omogenea e gelatinosa, di colore biancastro tendente al beige. Il sapore è acido e l’odore pungente.
    Uno dei circa 30 acidi grassi, il 10-HDA, è contenuto esclusivamente nella pappa reale ed esercita un’attività antibatterica e antitumorale; nel tempo la sua concentrazione diminuisce rapidamente per cui è possibile giovarsi delle sue proprietà solo consumando il prodotto fresco. Il 2,8% del contenuto della pappa reale è ancora sconosciuto, ed è questa la ragione per la quale non si è in grado di produrla industrialmente.
    La pappa reale, data la composizione chimica e l’elevato contenuto di acqua, non si conserva facilmente: teme l’ossigeno, la luce e l’attacco di muffe. L’umidità rappresenta un importante indicatore di qualità: se è inferiore al 64% il prodotto è vecchio o mal conservato, se è superiore al 68% vi è un elevato rischio di sofisticazione.
    Va conservata in frigo, ad una temperatura tra 0 e 5 °C, e durante il trasporto va sempre mantenuta la catena del freddo; con queste precauzioni si può conservare fino a 18 mesi senza che perda le sue caratteristiche. Per evitare il contatto con aria e luce, la gelatina viene sigillata in sacchetti di alluminio plastificato per alimenti. Per la vendita al minuto viene confezionata in flaconi da 10 g chiusi con un tappo ermetico e posti all’interno di un contenitore in polistirolo insieme alla palettina dosatrice.

    Descrizione del processo produttivo

    La pappa reale che viene raccolta è contenuta esclusivamente nelle celle reali, in quanto quella che si trova nelle celle per api operaie o fuchi ha una diversa composizione. Quindi, per ottenere il prodotto, è necessario che la famiglia allevi nuove regine, situazione che si verifica nel periodo della sciamatura o in caso di orfanità. Essendo la sciamatura un fenomeno limitato alla stagione primaverile, la tecnica di produzione è basata sulla creazione di una permanente condizione di orfanità.
    Non esiste una sola tecnica per produrre pappa reale: di seguito viene descritta quella più diffusa fra i soci del COPAIT e che da questi viene indicata a quanti intendono intraprendere questa attività.
    Ogni unità produttiva è composta da due arnie a 6 favi sovrapposte e separate da un escludi regina il cui scopo è mantenere la regina nell’arnia inferiore; le api operaie
    presenti nell’arnia superiore, percependo l’assenza della regina, vengono stimolate ad allevarne di nuove.

    Disposizione delle arnie

    Disposizione delle arnie

    Per produrre un elevato quantitativo di gelatina è necessario che siano garantiti il nutrimento e le opportune condizioni ambientali all’interno dell’alveare e che la famiglia sia numerosa e composta di molte api nutrici; a questo scopo è necessario eseguire ogni 6-9 giorni la rimonta, operazione che consiste nel togliere un favo con covata fresca dall’arnia inferiore e inserirlo nella parte orfana in cui si produce la pappa reale in modo da assicurare il necessario ricambio di giovani api.
    La nutrizione, che va curata con attenzione in quanto incide sul dinamismo e, di conseguenza, sulla produttività della famiglia, deve prevedere una parte zuccherina ed una proteica; la prima viene generalmente assicurata con miele o zucchero, la seconda con polline. La quantità da somministrare va ben dosata, poiché il nutrimento deve essere completamente consumato e non stoccato nei favi, situazione che andrebbe a ridurre lo spazio per la deposizione e quindi il numero di api all’interno dell’alveare.

    Innesto delle larve

    Le api che si trovano nell’arnia superiore allevano le nuove regine dalle giovani larve che l’apicoltore vi inserisce. Queste vengono posizionate all’interno di cupolini artificiali, di plastica o di cera, montati su delle stecche che a loro volta sono inserite in un telaio detto portastecche. Nella parte superiore di questo telaio è ricavato un nutritore che, nel momento in cui si inseriscono le stecche innestate, viene cosparso con una soluzione zuccherina che ne aumenta l’accettazione da parte delle api.

    Telaio portastecche con stecche, cupolini e nutritore

    Telaio portastecche con stecche, cupolini e nutritore

    Le larve da inserire nei cupolini vengono estratte dai favi contenenti covata fresca; questi non vanno prelevati dalle arnie in cui si trovano famiglie in produzione, ma da altre destinate specificamente a questo scopo.
    Prelevato il numero opportuno di favi, l’apicoltore si reca in laboratorio dove inizia l’innesto delle larve nei cupolini (traslarvo). Per questa operazione è necessario un leggio,
    che tiene il favo nella giusta posizione, una lampada e una lente di ingrandimento per meglio individuare le larve da innestare. Lo strumento con il quale si effettua il traslarvo è il cosiddetto “picking cinese” il quale consente di prelevare la larva dal favo, con la gelatina che si trova sul fondo della cella, e di depositarla sul fondo del cupolino.

    Prelievo delle larve con il picking cinese

    Prelievo delle larve con il picking cinese

    È questa una fase critica del processo in quanto da essa dipende il risultato produttivo; infatti, se le larve vengono posizionate male sul fondo del cupolino o accidentalmente uccise, le api non le accetteranno e non inseriranno nei relativi cupolini la gelatina per allevarle.
    Le stecche con i cupolini innestati vengono poste in una cassettina ricoperta da un panno umido per garantire la sopravvivenza delle larve; raggiunto un numero sufficiente vengono portate in apiario e posizionate sui telai portastecche. Questi vengono inseriti al centro dell’arnia superiore, poiché questa è la zona più calda che, anche in caso di abbassamenti termici, non viene mai abbandonata dalle api.
    Quando si opera con un elevato di unità produttive è opportuno non preparare tutte le stecche contemporaneamente, in quanto l’allungarsi dei tempi nei quali le larve permangono all’esterno dell’alveare comporta un incremento della loro mortalità.
    L’esecuzione del traslarvo in tempi successivi incrementa notevolmente gli spostamenti fra il laboratorio e l’apiario, ciò richiede che i due luoghi di lavoro si trovino poco distanti e
    che entrambi siano facilmente raggiungibili.

    Estrazione della pappa reale

    Trascorse 72 ore dall’inserimento delle stecche, periodo durante il quale le api hanno riconosciuto le giovani larve e hanno depositato nei cupolini la gelatina per allevare nuove regine, i telai portastecche vengono estratti dall’arnia.

    Estrazione del telaio portastecche con i cupolini riempiti di pappa reale

    Estrazione del telaio portastecche con i cupolini riempiti di pappa reale

    Le stecche, tolte dal telaio, vengono portate in laboratorio. La prima operazione consiste nel rimuovere, con un taglierino riscaldato, la cera che le api hanno iniziato a depositare per opercolare i cupolini. Operazione successiva è l’estrazione delle larve per la quale viene utilizzato lo stesso impianto che si impiega per aspirare la gelatina, a cui viene applicato un convogliatore d’aria. Il getto viene passato sulla stecca, in modo da aspirare tutte le larve in pochi secondi

    Aspirazione della larva

    Aspirazione della larva

    e lasciare la pappa reale pronta per il prelievo.

    Pappa reale senza larva

    Pappa reale senza larva

    L’impianto di aspirazione con il quale la pappa reale viene prelevata dai cupolini e raccolta in un contenitore è costituito da una pompa pneumatica alla quale è collegato un filtro che trattiene le impurità presenti nella gelatina.
    La pappa reale viene quindi confezionata in sacchetti da 1 kg, per la vendita all’ingrosso, o in barattolini da 10 g, nel caso sia destinata alla vendita al dettaglio, e conservata al fresco.

    Impianto di aspirazione

    Impianto di aspirazione

  • Miele e prodotti dell’alveare – Lezione 5

    In questa lezione l’argomento trattato è “miele e prodotti dell’alveare”. Dopo aver visto nelle lezioni precedenti (che potete trovare qui) il come le api producono, in questa lezione ci concentreremo sul cosa.

    Che cosa è il miele??

    Abbiamo visto come il miele venga prodotto dalle api a partire dal nettare e dalla melata. Subito dopo la sunzione delle materie prime, già durante il viaggio di ritorno, all’interno delle borsa melarica inizia la trasformazione in miele mediante l’aggiunta di enzimi da parte dell’apparato digerente delle api.
    Le bottinatrici appena rientrate nell’alveare rigurgitano il contenuto della loro borsa melarica alle api di casa che provvedono a manipolarlo, vi aggiungono ulteriori enzimi e dopo diversi passaggi lo sistemano nelle celle dove subisce una concentrazione.
    In un primo tempo l’evaporazione dell’acqua viene favorita attivamente dalle api che risucchiano e poi stendono la gocciolina di liquido ripetutamente, successivamente, e per diversi giorni, il miele perde parte dell’acqua che contiene passivamente per evaporazione, favorita dalla ventilazione forzata delle api, fino a raggiungere una concentrazione superiore al 80%.

    Miele

    Miele

    Definizione legale

    Alla luce di quanto finora affermato risulta alquanto problematico definire che cos’è il miele, secondo la definizione che figura nella legge n. 753 del 12/10/1982:

    Il miele è il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare.

    Composizione

    La composizione del miele risulta alquanto variabile dipendendo da numerosissimi fattori: specie bottinate, natura del suolo, andamento climatico, razza di api, stato fisiologico delle colonia, tecniche apistiche impiegate, ecc.
    Nella tabella riportata di seguito è riportata la composizione media dei mieli italiani secondo i risultati di un’indagine svolta su 980 campioni di miele prodotti dal 1970 al 1977, condotta dall’Istituto Nazionale d’Apicoltura di Bologna e dall’Istituto Sperimentale di Zoologia Agraria di Roma.

    Composizione media dei mieli italiani

    Composizione media dei mieli italiani

    In altri termini si può affermare che il miele è composto principalmente di: acqua, zuccheri, acidi, sali minerali, sostanze azotate ed enzimi.

    Acqua

    Il contenuto in acqua può variare notevolmente in funzione del grado di maturazione, dell’origine botanica, delle condizioni atmosferiche ed ambientali, delle condizioni di conservazione, ecc.
    E’ una delle caratteristiche più importanti del miele perché ne condiziona il peso specifico, la cristallizzazione e soprattutto la conservabilità e quindi, in ultima analisi, la qualità.
    Il miele viene normalmente opercolato dalle api quando contiene il 17-18% di acqua, ma a volte il valore può aumentare fino al 21% ed in questi casi si possono facilmente verificare fenomeni fermentativi.
    Il miele può variare il suo contenuto in acqua anche dopo l’estrazione, aumentandolo se conservato in contenitori non ermetici in luogo umido o diminuendolo se sottoposto a particolari trattamenti.
    E’ possibile risalire al grado di umidità dalla misurazione della densità oppure dell’indice di rifrazione.

    Zuccheri

    Gli zuccheri o carboidrati sono senza dubbio i componenti principali del miele, essi infatti possono rappresentare fino al 95-99% della sostanza secca del miele. Oltre che per valore alimentare gli zuccheri sono importanti per la determinazione di numerose proprietà fisiche del miele: consistenza, viscosità ed igroscopicità.
    Circa il 90% degli zuccheri totali contenuti nel miele è rappresentato da due zuccheri semplici, glucosio e fruttosio.
    Essi sono normalmente presenti in percentuali simili anche se frequentemente prevale leggermente il fruttosio sul glucosio.

    Miele nei favi

    Miele nei favi

    Acidi

    Tutti i mieli presentano una reazione acida con valori di pH compresi tra 3.2 e 4.5. Tale acidità è dovuta alla presenza di acidi organici, inorganici e lattoni. Quello presente in maggior quantità, l’acido gluconico, deriva per reazione enzimatica dal glucosio. L’origine degli altri acidi è ancora incerta.

    Proprietà fisiche

    Il miele presenta numerose proprietà fisiche, in larga misura legate alla sua composizione chimica. Esse sono importanti sia per le analisi in laboratorio sia perché concorrono a determinare le caratteristiche organolettiche, importanti per il consumatore.

    Colore

    Il colore del miele può variare dal bianco al nero, passando attraverso varie tonalità del giallo e dell’ambra, a volte con riflessi sul verde e sul rosso.
    Numerosissime e non ancora tutte note sono le sostanze che concorrono alla formazione del colore del miele. Spesso influisce più o meno direttamente anche l’apicoltore coi procedimenti di produzione e conservazione. In generale si può affermare che con la conservazione la tonalità del colore spesso tende ad aumentare.
    A seconda delle nazioni vi sono vari metodi per determinare il colore. In generale viene confrontato il colore del miele con quello di un vetro di colore standard.

    Cristallizzazione

    Il miele appena estratto si può considerare una soluzione soprassatura di acqua e vari zuccheri, come tale è instabile e tende col tempo a raggiungere una stabilità liberando il soluto in eccesso sotto forma di cristalli.
    Il glucosio è meno solubile in acqua del fruttosio e quindi è lo zucchero maggiormente interessato al processo di cristallizzazione.
    Mieli con elevate percentuali di fruttosio cristallizzano lentamente o non cristallizzano affatto.
    La cristallizzazione può avvenire a temperature comprese tra i 5 e i 25 °C, con un massimo di velocità attorno ai 14 °C.

    Cristallizzazione del miele

    Cristallizzazione del miele

    Indice di rifrazione

    L’indice di rifrazione è una proprietà propria di tutte le sostanze in grado di farsi attraversare dalla luce. Quando un raggio di luce attraversa la linea di separazione fra l’aria ed una determinata sostanza subisce una deviazione, caratteristica di ogni sostanza. Se la sostanza è un soluzione il suo indice di rifrazione varia tra l’indice del solvente e quelle del soluto. Nel caso del miele quindi, che come avviamo visto si può considerare una soluzione di zuccheri e acqua, l’indice di rifrazione diviene una funzione del contenuto di acqua ed è tanto maggiore quanto più basso è in tenore in acqua. Tale indice viene quindi comunemente utilizzato per determinare la percentuale di acqua nel miele.

    Densità

    La densità di una determinata sostanza viene espressa dal suo peso per unità di volume (peso specifico). Per il miele, a 20 °C, essa è compresa tra 1.39 e 1.44, vale a dire che un litro di miele pesa dai 1390 ai 1440 grammi circa. Siccome la densità dell’acqua, uguale a 1, è molto inferiore, maggiore è la sua percentuale minore è la densità del miele. Dalla misura della densità quindi è possibile risalire con una certa approssimazione al tenore in acqua del miele. Esiste uno strumento, il densimetro, che immerso nel miele liquido affonda parzialmente, nel punto in cui l’apparecchio galleggia una scala graduata ci indica la densità.

    Viscosità

    Il miele, in fase liquida, è un fluido molto viscoso.
    Tale viscosità dipende dal contenuto in acqua, dalla composizione chimica e dalla temperatura.
    Nelle operazioni di condizionamento del miele è molto importante che la viscosità sia ridotta al minimo per agevolare al massimo le varie operazioni, non potendo agire sulla composizione chimica e sul contenuto in acqua è possibile agire solamente sulla temperatura.

    Tipologie di miele

    Tipologie di miele

    Smielatura

    La smielatura vera e propria deve essere effettuata in un locale idoneo, che rispetti le più elementari norme igieniche, ove non siano state riposte sostanze che possano inquinarlo.
    Per coloro che producono miele non per esclusivo uso personale, ma per il commercio vi sono precise disposizioni di legge da rispettare (verranno trattati nell’ultima lezione di questo corso).
    Innanzitutto occorre eliminare gli opercoli posti nelle celle contenenti il miele maturo, per far ciò si usano appositi coltelli o forchette.
    I favi vanno posti su di una specie di leggio sotto il quale vi è un capace recipiente in grado di raccogliere in una griglia gli opercoli e far scolare il miele ad essi aderente nel piano sottostante.

    Disopercolatura tramite forchetta

    Disopercolatura tramite forchetta

    Col coltello si agisce preferibilmente avanti e indietro e dal basso verso l’alto. Se il coltello non è riscaldato elettricamente è bene immergerlo periodicamente in acqua calda per favorire il distacco degli opercoli.

    Disopercolatura tramite coltello

    Disopercolatura tramite coltello

    Il miele che inevitabilmente resta aderente agli opercoli può essere recuperato per sgocciolamento o per spremitura con appositi torchi.
    A questo punto il miele è pronto per essere estratto. I favi vanno introdotti nello smielatore e si inizia la certificazione.
    Occorre rammentare che se si utilizza uno smielatore tangenziale o semi radiale occorre iniziare la rotazione molto lentamente, proseguire per poco tempo a bassa velocità, poi occorre rivoltare i favi, iniziare sempre dolcemente, centrifugare al massimo dei giri e rivoltarli nuovamente per terminare il lato opposto.
    Terminata la smielatura i favi sono pronti per essere riutilizzati. Se si è effettuato l’ultimo prelievo della stagione, prima di riporre i favi in magazzino è utile ricollocarli per qualche tempo sulle arnie perchè le api li ripuliscano dal miele residuo.

    Inserimento telaino nello smielatore

    Inserimento telaino nello smielatore

    Estrazione

    Una volta estratto il miele dai favi secondo i metodi appena visti, si immette in un capace contenitore, il decantatore. Già all’uscita dallo smielatore è bene separare, mediante un setaccio a maglie larghe, i corpi estranei di maggiori dimensioni.
    Al momento dell’immissione nel decantatore è bene passare il miele ad un setaccio molto più fine.
    Nel decantatore, che deve essere di acciaio inossidabile, plastica per alimenti oppure, se di altro materiale, trattato con resine vetrificanti per alimenti, il miele dovrà riposare da alcuni giorni a qualche settimana, a seconda della temperatura e della viscosità, per permettere ad eventuali corpi estranei ancora presenti di separarsi, quelli più pesanti sul fondo, quelli più leggeri in superficie.
    Il miele andrà quindi schiumato per eliminare le particelle risalite alla superficie, dopo di che sarà pronto per l’invasamento.
    La sosta nel decantatore è utile anche per ristabilire l’equilibrio interno che il miele ha perso dopo essere stato “sfribrato” dalla centrifugazione.

    Contenitori

    Per le sue proprietà idroscopiche il miele, tranne non venga conservato in ambiente molto secco, tene ad assumere umidità dall’aria, quindi va conservato in contenitori ermetici. Inoltre, per la sua reazione acida, è in grado di attaccare molti metalli, di conseguenza occorre prestare attenzione ai contenitori ove viene immagazzinato. Sicuramente il materiale migliore per contenere il miele è l’acciaio inossidabile per alimenti.

    Contenitori Acciaio Inossidabile per alimenti

    Contenitori Acciaio Inossidabile per alimenti

    Invasettamento

    Dovendo invasettare piccoli quantitativi di miele non occorre nessuna attrezzatura particolare. E’ sufficiente collocare il tino ove si è posto il miele a decantare almeno a 50 cm dal suolo. Il tino deve essere munito di un ampio rubinetto a taglio oppure a sfera sotto il quale si collocherà il vaso da riempire. Il vaso va mantenuto il più possibile vicino al rubinetto per ridurre al minimo la possibilità che durante il travaso il miele incorpori aria.

    Vasetti di vetro per il miele

    Vasetti di vetro per il miele

    Conservazione

    Il miele, pur essendo una sostanza che se raccolta al momento opportuno e trattata con le giuste tecnologia si conserva a lungo con facilità, va incontro a dei processi di invecchiamento naturali, tanto più rapidi quanto maggiore è la temperatura a cui è sottoposto.
    Per questo deve essere conservato in un luogo fresco, asciutto, buio e primo di odori estranei. Di regola è consigliabile non protrarre la conservazione a temperatura ambiente per più di due anni. L’eccessiva invecchiamento riduce il quantitativo degli enzimi presenti nel miele, il potere antibiotico e le vitamine, aumenta l’intensità del colore ed il contenuto idrossimetilfurfurale e provoca una perdita di sostante volatili responsabili dell’aroma.

    Alterazioni del miele

    Alterazioni del miele

    Difetti di cristallizzazione

    Quando il miele cristallizza troppo lentamente abbiamo visto che può separarsi in due fasi, una solida ed una liquida. Tale processo non si deve confondere con la fermentazione, dove la parte liquida diviene di color scuso e più fluida. A volte la parte liquida resta frammista a quella solida conferendo una spetto granuloso alla massa.
    Questi difetti, oltre ad alterare l’aspetto e le caratteristiche organolettriche del miele, lo deprezzano, ed aumentano il rischio di fermentazione.
    A volte il miele, pur cristallizzato in maniera compatta, presenta delle striature a contatto con la parete del vaso. Queste striature sono provocate dallo scostamento del miele dalla parete dovuto alla contrazione della massa durante la cristallizzazione.
    Esse non provocano alcuna alterazione del miele e si riducono quindi ad un semplice fattore estetico, spesso non apprezzato dal consumatore che non ne conosce la causa.

    Il polline

    Abbiamo già visto che cos’è il polline e come e perché venga raccolto dalle api. Come avviene per il miele, anche una parte del polline raccolto dalle api può essere loro sottratto per impiegarlo nell’alimentazione umana, tuttavia mentre il miele risulta essere un elaborato delle api a partire da sostanze zuccherine raccolte nell’ambiente, il polline è un prodotto completamente vegetale, che le api si limitano a raccogliere sui fiori ed ad addizionare con minime quantità di saliva e nettare, tali praticamente da non modificarne la composizione chimica.

    Palline di polline

    Palline di polline

    Raccolta

    Nella generalità dei casi il polline viene sottratto alle api con speciali trappole al moneto del rientro nell’alveare, al ritorno dalla raccolta. Sono stati fatti anche esperimenti sulla possibilità della raccolta del polline direttamente dai favi ma per ora questa tecnica non ha dato risultati apprezzabili.
    Esistono numerosi modelli di trappole, tutte riconducibili a tre categorie fondamentali: le trappole da entrata poste davanti all’apertura di volo abituale, le trappole inferiori poste sotto al nido al posto del fondo dell’arnia e le trappole soffitta inserite al posto della soffitta sul nido.
    Nei primi due tipi l’entrata della api avviene dal basso come se le trappole non ci fossero, con la trappola da soffitta, la normale apertura di volo viene chiusa e le bottinatrici, dopo una prima fase di disorientamento, scoprono l’apertura posta in alto ed in mendo di una giornata acquistano l’abitudine di entrare ed uscire dall’alto.

    Trappola per polline

    Trappola per polline

    Principio di funzionamento

    Il principio su cui si basano le trappole per polline è quello di costringere le api ad attraversare una griglia provvisoria di fori calibrati in modo tale da permettere il passaggio delle api, ma di provocare il distacco di una certa percentuale delle palline appese ai cestelli delle zampe posteriori.
    Le griglie possono essere verticali ed orizzontali, di plastica o di metallo, con fori circolari, esagonali, quadrati od a stella.
    Le griglie non consentono il passaggio dei maschi i quali, se non si intervenire, sono destinati a morire all’interno dell’arnia.

    Funzionamento trappole polline

    Funzionamento trappole polline

    Usi e proprietà

    Trattandosi di un elemento vivo delle piante, nel polline sono contenute quasi tutte le sostanze necessarie allo sviluppo ed alla crescita di un organismo. Infatti per esplicare la sua opera di fecondazione deve germinare, subendo delle divisioni cellulari. Durante questa sue breve vita autonoma ha bisogno, per poter continuare a vivere, di riserve, e queste sono costituite principalmente da aminoacidi liberi (a parità di peso, il polline contiene aminoacidi da 5 a 7 volte in più rispetto alla carne di bue, alle uova e la formaggio.
    Per la sua particolare composizione, il consumo del polline è consigliabile in tutta una serie di casi. In particolare può essere considerato un ottimo ricostituente generale soprattutto nei casi di magrezza ostinata e deperimento organico dovuto ad anoressia; nel contempo non fa ingrassare l’individuo normale poichè l’aumento dell’appetito è controbilanciato dall’aumento del metabolismo.
    Inoltre ha tantissime altre possibili usi che non verranno trattati in questa lezione.

    Ape con polline in volo

    Ape con polline in volo

    La cera

    La cera, come la pappa reale, è una sostanza interamente di origine animale che le api producono come materiale da costruzione. Si tratta di una sostanza grassa secreta dalle ghiandole sericere funzionanti nelle giovani api operaie di età compresa tra i 10 e i 16 giorni. Essa viene emessa sotto forma di goccioline che si rapprendono in scaglie fra i segmenti dell’addome. Viene poi lavorata con le mandibole dalle api, addizionata a piccole quantità di polline e propoli ed utilizzata per le costruzioni delle api.
    Un tempo, con la diffusione di arnie rustiche e con la pratica dell’apicidio, la cera rappresentava un’importante risorsa per l’apicoltore. Oggi, col reimpiego dei favi dopo l’estrazione del miele ed il riutilizzo della cera mediante l’uso dei fogli cerei, la produzione di cera è quasi in equilibrio coi bisogni degli apicoltore o li sorpassa di poco, mente non basta più nel caso l’apicoltore si dedichi alla produzione di sciami.

    Cera d'api

    Cera d’api

    Produzione

    In pratica la cera oggi prodotta si riduce a quella ottenuta dalla fusione degli opercoli, che forniscono da 1 a 1.5 kg di cera ogni 100hg di miele estratto, e dei favi rotti, deformati o vecchi.
    Nel complesso la cera prodotta in Italia, se si sommano i consumi degli apicoltori e quelli dell’industria, non soddisfa le esigenze nazionali e quindi si è costretti ad importarla in parte dall’estero.
    Normalmente per estrarre la cera si usano le sceratrici solari. Tuttavia mentre è possibile estrarre completamente la cera dagli opercoli, ciò non è possibile per i vecchi favi o per quelli deteriorati in quanto le sostanze estranee presenti si comportano come spugne assorbendo la cera fusa e rendendone libera solo una parte.
    La cera fusa dalla fusione degli opercoli è molto pi chiara, contiene meno impurità e di solito spunta dei prezzi più elevati. La cera non ha grossi problemi di conservazione se si esclude la possibilità di poter essere attaccata dalla tarma piccola della cera.

    Saponetta alla cera d'api

    Saponetta alla cera d’api

    Usi e proprietà

    Un tempo la cera d’api veniva utilizzata per moltissimi impieghi: per illuminazione, nella scultura e nella pittura, nella scrittura, nelle arti magiche, nelle pratiche religiose, nella medicina, ecc.
    Oggi in molti casi è stata soppiantata da altre sostanze più economiche come paraffina, plastica, cere vegetali e minerali, ecc.
    Attualmente il principale uso della cera è il suo riutilizzo da parte degli apicoltori per la fabbricazione dei fogli cerei. Sovente la cera non viene venduta, ma semplicemente data da lavorare a ditte specializzate che la restituiscono all’apicoltore sotto forma di fogli cerei, dietro un compenso per la lavorazione.
    Oltre che per tale impiego la cera viene utilizzata dall’industria per operazione di filatura, in alcuni prodotti dentari, in cere per lucidare i mobili, nella preparazione di lucidi per scarpe, ecc.
    Ma è soprattutto in campo farmaceutico e cosmetico che la cera d’api ha ancora numerose applicazioni, anche se c’è la tendenza ad usare sempre più cere artificiali.

    Cera d'api in cosmesi

    Cera d’api in cosmesi

    Propoli

    Per anni ha rappresentato un inconveniente per l’apicoltore a causa del lavoro necessario per eliminarla dalla parti che debbono rimanere mobili. Da qualche anno invece la scoperta o, se vogliamo, la riscoperta delle numerose proprietà di questa sostanza ha reso economicamente valida la sua raccolta.

    Produzione

    È possibile produrre propoli in due modi completamente diversi: limitandosi a raccogliere quella che le api depositano spontaneamente dentro l’arnia oppure stimolandole a produrne appositamente.

    Raccolta naturale

    Abbiamo visto che le api depositano propoli un pò ovunque all’interno dell’arnia, in particolare lungo gli spigoli, le fessure, nei punto di appoggio dei telaini, fra arnia e soffitta, sul fondo, ecc. E’ quindi possibile, anzi a volte necessario, raccoglier e parte di questa propoli con un raschietto. La propoli raccolta in questo modo contiene grosse quantità di cera, frammenti di legno, parti di api ed ogni sorta di oggetti estranei. Con la raschiatura si ottengono pochi pezzi di notevoli dimensioni, e molti di medie e piccole dimensioni.
    Per poter ottenere la massima valorizzazione del prodotto occorre quindi, prima di metterlo in vendita, procedere ad un’accurata pulizia ed alla separazione delle varie pezzature.

    Propoli raschiata

    Propoli raschiata

    Raccolta artificiale

    E’ possibile stimolare le api a raccogliere propoli ed a depositarla su di un substrato ove risulti facile la sua raccolta.
    Per effettuare questo tipo di produzione innanzitutto è opportuno individuare quelle famiglie che dimostrano di essere buone produttrici di propoli.
    Si predispone poi un telaio delle dimensioni della soffitta e vi si stende sopra una rete a maglie di circa 2mm. Il telaio così predisposto si colloca al posto della soffitta, e le api procederanno velocemente all’otturazione dei fori per rendere di nuovo la parte superiore dell’arnia ermetica.
    Per separare poi la propoli dalla rete occorre raffreddarla, ad esempio mettendola qualche ora nel frigorifero in modo da renderla fragile, successivamente, se si è usato una rete metallica, si procede al distacco della propoli mediante raschiatura, se si è usato una rete di nylon si può distaccarla flettendo la rete in più direzioni.
    La propoli così ottenuta è assolutamente pura e priva di corpi estranei ed ha un valore commerciale superiore a quella per raschiatura, anche se essendo stata meno lavorata dalle api può avere minore valore biologico.

    Rete metallica con propoli

    Rete metallica con propoli

    Usi e proprietà

    La complessa composizione della propoli gli conferisce proprietà di impiego che possono essere separate in due settori ben distinti: uno tecnologico ed uno medico-biologico.

    Applicazioni tecnologiche

    L’uso tecnologico più comune consiste nella preparazione di vernici. Molto probabilmente la famosa vernice utilizzata dai liutai di Cremona del ‘700 era a base di propoli raccolta dalla api nei dintorni di quella città, ed ancora oggi la propoli è utilizzata da questi artigiani.
    E’ possibile preparare delle vernici a base di propoli sciogliendola in alcool etilico e filtrando la soluzione ottenuta. Tale vernice preserva il legno e conferisce un bel colore giallo-oro al ferro bianco preservandolo dalla ruggine.

    Varie tipologie di propoli

    Varie tipologie di propoli

    Applicazioni medico-biologiche

    La propoli possiede numerose proprietà che giustificano la sua applicazione in questo campo, in particolare presenta le seguenti attività:

    • Antiossidane e antirrancidente: tale proprietà potrebbe essere sfruttata nella conservazione degli alimenti in sostituzione degli attuali conservanti di sintesi;
    • Antibiotiche: tale proprietà è dovuta all’azione di numerose sostanze, fra cui sicuramente l’acido benzoico, l’acido cinnamico ed alcuni flavonoidi;
    • Antimicotica: probabilmente contribuiscono a determinare tale proprietà la presenza di acido caffeico e di flavoidi;
    • Antivirale: i principi attivi contro i virus secondo Pecchiai sono contenuti nella frazione idrosolubile, tale azione sarebbe stata messa in evidenza su virus influenzali e virus delle piante;
    • Anestetizzante: tale azione, molto spiccata, viene messa in relazione col contenuto in pinocembrina e fenalacidi;
    • Cicatrizzante: tale attività è stata messa in evidenza sia sugli animali che sull’uomo e si manifesta con un’azione stimolante la rigenerazione dei tessuti;
    • Immunostimolante: estratti di propoli stimolano l’immunogenesi e sono incorso ricerche sulla possibile azione inibente la crescita delle cellule tumorali;
    • Vasoprotettiva: riduce la permeabilità e la fragilità dei capillari, tale attività è probabilmente da attribuire ai flavonoidi, un tempo chiamato vitamina della permeabilità capillare.
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