-
Gen 26 2014 Impollinazione delle colture – Lezione 4
L’argomento che è stato trattato nella terza lezione del corso è “impollinazione delle colture” agricole e preparazione dei nuclei a tale servizio.
È una lezione molto diversa dalle altre poichè l’attenzione per la maggior parte del tempo è focalizzata su molti aspetti che non riguardano direttamente l’ape, detto questo serve a conoscere un’altro aspetto poco conosciuto (almeno per quello che mi riguarda) dell’apicoltura che tornerà utile qualora lo si volesse mettere in pratica.
Impollinazione
Come sapete le api non producono solo i prodotti che gli apicoltori raccolgono come miele, propoli, cera, polline e veleno ma la loro compito più grande è quello dell’impollinazione.
Questo servizio viene effettuato in maniera del tutto inconsapevole dalle api che, attratte dal nettare che i fiori producono, si ricoprono di polline e volando da una pianta all’altra mischiano tali particelle permettendo la fecondazione.
E’ stato dimostrato che un’ape, sul proprio corpo, può trasportare circa 1 Milione di granuli pollinici, questo poichè ha il corpo ricoperto i peli.
Questo servizio, oltre che molto utile alla natura, può essere una fonte di reddito per l’apicoltore.Carattere della fertilità
Si intende la capacità che hanno i fiori di allegare e produrre i frutti.
Ad un esame più attento si capisce che il carattere della fertilità è un carattere complesso che raggruppa due fattori:- Fattori genetici
- Fattori agronomici
A loro volta interagenti con l’ambiente di coltivazione.
Una volta che noi conosciamo i fattori genetici che in qualche maniera possono coinvolgere le specie frutticole possiamo in qualche modo condizionare i fattori agronomici.Fattori genetici
La sterilità morfologica, in questo caso succede che il fiore è imperfetto, non presenta la parte maschile o la parte femminile.
Autocompatibilita, che è un fattore genetico che non crea grossi problemi, ovvero che la pianta può autofecondarsi, ma il fattore genetico più importante, che ci aiuta a comprendere meglio l’importanza del servizio di impollinazione, è l’autoincompatibilità.
Questo significa che nonostante che il fiore sia ermafrodita, cioè presenta sia la parte maschile che la parte femminile, il polline del medesimo fiore non può fecondare la pianta.
Ecco che allora per ottenere la fecondazione è necessario che su alcune varietà di alcune specie si posino pollini di altre piante.Fattori agronomici
I fattori agronomici che interferiscono con la fertilità sono diversi: ad esempio il portainnesto.
Il fattore più importante è “scelta di consociazione varietale intercompatibili”, ovvero la scelta dei giusti impollinatori.
L’impollinazione può essere ritenuto un fattore agronomico e permette di far aumentare la fertilità.Preparazione degli alveari al servizio di impollinazione
È bene che gli alveari che vorremo destinare a tale servizio siano preventivamente preparati per sfruttare la massima efficienza di ogni nucleo.
Per prima cosa occorre disporre di famiglie che hanno una regina valida prima dell’invernamento, così da essere sicuri che una volta che partirà lo sviluppo tali regine riescano a mantenere il giusto ritmo di ovo-deposizione e mantengano la famiglia il più numerosa possibile.
Occorre anche condizionare gli alveari che saranno destinati a tale servizio, ovvero almeno 40 giorni prima della fioritura si inizia con una nutrizione stimolante a base di candito.Regole per un buon servizio di impollinazione
- Valutazione del giusto carico di alveari a ettaro;
- Epoca di introduzione degli alveari nel campo;
- Distribuzione degli alveari nell’appezzamento;
- Corretta ubicazione nei confronti della luce;
- Sfalciatura delle piante spontanee presenti nell’appezzamento e nelle immediate vicinanze;
- Valutazione del numero di piante autosterili o intersterili presenti;
- Valutazione dell’entità e della disposizione degli eventuali tendoni antigrandine
- Valutazione delle distanze e dello stato vegetativo delle piante da impollinare ed epoca di fioritura delle cultivar.
Coltura sulle quali si effettua il servizio di impollinazione
Le colture sulle quali si effettua il servizio di impollinazione si suddividono in: fruttiferi, foraggere da seme, orticole da seme e orticole.
Fruttiferi
Nel gruppo delle coltivazioni fruttifere troviamo:
albicocco, castagno, ciliegio, mandorlo, melo, pero, pesco, susino, kaki, kiwi, lampone e mirtillo.Foraggere da seme
In questo gruppo invece troviamo:
erba medica, favini, ginestrino, lupinella, trifoglio violetto e veccia.Orticole da seme
Il gruppo comprende:
aglio, asparago, bietola, broccolo, carota, cavolo bruxelles, cavolo cappuccio, cavolo, verza, cetriolo, cipolla, cocomero, melone, pastinaca, porro, prezzemolo, ravanello, sedano, zucca, zucchino, melanzana e peperone.Come si possono proteggere le api?
Quando si effettua il servizio di impollinazione può succedere che le api siano avvelenate per vari motivi.
Per cercare di proteggere i nuclei è opportuno che l’agricoltore sia a conoscenza del fatto che le sue azioni possono portare ad una moria delle api che sono state portare per il servizio di impollinazione.
L’agricoltore inoltre DEVE avvertire preventivamente gli apicoltori nell’eventualità che si debbano applicare trattamenti insetticidi.
Adottare i moderni sistemi di lotta integrata o biologica è un’ulteriore modo per proteggere le api che vengono portate per effettuare tale servizio.
L’aspetto più importante da tenere presente è quello di non distribuire mai dei prodotti fastidiosi o mortali per le api quando il fiore della propria cultura è aperto. -
Gen 17 2014 Come recarsi in apiario – Lezione 2
L’argomento che si è trattato nella seconda lezione del corso è “come recarsi in apiario”, mentre nella prima lezione si è parlato dell’ape cercando di dare un’infarinatura sul lato biologico e morfologico, in questa lezione si è passati alla parte un pochino più pratica.
Cosa server per andare in apiario??
Per prima cosa occorre accertarsi di non essere allergici alle punture delle Api.
Il veleno di questo insetti può portare anche a shock anafilattici che portano, loro volta, alla morte se non presi tempestivamente; occorre, quindi, essere almeno consapevoli degli effetti che una puntura può avere sul nostro organismo prima di trovarsi in situazioni pericolose.
Se un individuo sa o scopre di essere allergico può tranquillamente fare l’apicoltore ma prestando maggiore attenzione, magari coprendosi di più e portarsi sempre dietro tutto il necessario per intervenire in qualsiasi situazione.Maschera
Abbiamo visto come le api non siano animali inermi e, soprattutto quando vengono disturbate, possono reagire usando il loro apparato vulnerante. Le punture delle api, pur non essendo nella maggior parte dei casi pericolose sono comunque dolorose e possono disturbare non poco l’apicoltore. Per questo motivo si usa coprirsi il volto con una maschera. Ne esistono svariati modelli, da un semplice velo di tulle nero da applicare ad un cappello a larghe tese a quelle più sofisticate incorporate ad un corpetto.
Affumicatore
Per quante precauzioni un apicoltore possa prendere all’apertura di un alveare, tranne in rare occasioni, le api si mostreranno sempre aggressive. Da lungo tempo si è costatato che alcune sbuffate di fumo sono in grado di ammansire le api. Il fumo agisce, infatti, in duplice modo:
appena viene assaggiato l’odore del fumo la maggior parte delle api si precipita sui favi dove iniziano ad assorbire avidamente il miele, trovandosi poi così imbottite faranno davvero fatica ad estrarre il pungiglione.
Si pensa che questo atteggiamento sia dovuto al fatto che il fumo evochi negli istinti dell’ape il pericolo di un incendio e, nel caso l’arnia prendesse fuoco, sono già pronte a volare via piene di scorte.Leva
Abbiamo visto che le api hanno l’abitudine di chiudere tutte le fessure e fissare fra di loro le varie parti mobili con la propoli.
Questo materiale è alquanto tenace, quindi nella maggioranza dei casi con le sole mani non è possibile sollevare le soffitte ed estrarre i favi. A questo scopo si usa una leva che può avere varie forme ma che necessariamente deve essere provvista ad un’estremità di una parte schiacciata a scalpello per potersi insinuare sotto le soffitte e dall’altra un gancio idoneo a sollevare i telaini facendo presa sotto le orecchiette.Indumenti
Non occorre un abbigliamento particolare per praticare l’apicoltura. Tuttavia occorre tener cono che maneggiando vari materiali ed attrezzi ci si imbratta facilmente di propoli che poi aderisce molto tenacemente, quindi è consigliabile l’uso di camici o tutte da lavoro.
Maneggiando favi e soffitte ricoperti di api è facile che ne cada qualcuna per terra. Le api più giovani non volano ancora ed hanno la tendenza a risalire lungo le gambe, per evitare quindi che si intrufolino sotto i calzoni è opportuno portare degli stivali entro cui infilare i calzoni.
L’uso dei guanti è perlomeno controverso, infatti se da una parte proteggono le mani, dall’altra rende l’operatore più impreciso e maldestro.Come ci si avvicina ad un alveare??
Dopo essersi accuratamente vestiti e preparati, per prima cosa occorre accendere l’affumicatore, per farlo basta incendiare il combustibile che desideriamo utilizzare e lo riponiamo all’interno della camera di combustione.
Solo quando si è certi che l’affumicatore sia acceso ci si può dirigere verso l’arnia.
Per ridurre l’aggressività della famiglia occorre prestare qualche accortezza, ovvero è sempre bene avvicinarsi dalla parte opposta alla porticina di volo, in maniera tale da non trovarsi mai nel cono di volo delle bottinatrici.
Una volta arrivati alle spalle dell’arnia la prima cosa da fare è dare una veloce ma decisa sbuffata di fumo sulla porticina, in maniera tale da allarmare le guardiane e farle comunicare al resto della colonia la possibile presenza di un incendio.
Subito dopo occorre infilare la leva tra coprifavo e nido e forzare l’apertura, appena la propoli cederà bisogna essere pronti a dare un’ulteriore paio di sbuffate all’interno del nido.
Così facendo la zona ostile per le api, dove si trova il fumo, sarà la parte soprastante dell’arnia e non all’interno dei favi.
Un’altra pratica comune per ridurre l’aggressività quella di recarsi a far visita alla famiglia nelle ore più calde della giornata, in questo modo la maggior parte delle bottinatrici si troverà in giro, riducendo notevolmente il numero delle api presenti nel nido.Cosa si va a fare in apiario??
Un’ulteriore precisazione che occorre fare è che ogni nostra visita provoca alle api un disturbo, ovvero uno stress. Seppure in certi periodi dell’anno le alimentiamo e per tutta la durata della loro vita le accudiamo, per loro rimarremo sempre degli estranei che invadono la loro casa e provocano scompiglio.
Starà in noi fare in modo che lo stress arrecato sia il minore possibile e con esso, anche l’aggressività delle api stesse.
In conclusione occorre aver ben presente per cosa si sta per visitare una famiglia per non essere titubanti nel momento in cui l’arnia è aperta poichè la covata dal momento in cui si solleva il coprifavo inizia a raffreddarsi.Scelta della postazione
Per poter scegliere una giusta posizione per il nostro apiario conviene seguire qualche piccolo consiglio, ovvero:
Si deve verificare la vicinanza delle fonti pollinifere e nettarifere;
la postazione deve essere esposta a sud/sud-est, al riparo dai venti, in luoghi non umidi, e l’ombreggiatura deve esserci solo nei mesi più caldi;
nelle vicinanze ci deve essere disponibilità d’acqua;
il terreno deve essere in piano, facilmente accessibile con un automezzo e a distanza da strade di pubblico transito o confini di proprietà;
nel caso di postazioni in montagna, l’apiario deve essere in basso rispetto alle fonti di raccolta perchè le api possano fare i percorsi in salita da scariche e quelli in discesa cariche;
è utile avere vicino agli alveari alberi non troppo alti o robusti, in quanto questo facilita la raccolta degli sciami;
le arnie vanno posizionate su supporti al almeno 30/40 cm da terra per difenderle dall’umidità;
non è consigliabile allineare le arnie in fila tutte uguali in quanto facilita la deriva, cioè le bottinatrici tendono a rientrare negli alveari posti all’estremità;
è necessario facilitare le api nell’orientamento colorando le facciate o i predellini, oppure distanziare gruppi di alveari con un paletto nel terreno.Nutrizione
All’uscita dell’inverno qualora le scorte non fossero più sufficienti ad sostenere la famiglia, occorre ricorrere alla nutrizione.
Gli alimenti da somministrare alle api variano a seconda del periodo dell’anno in cui siamo: da poco prima dell’inverno a primavera inoltrata è buona cosa utilizzare il candito, ovvero lo zucchero che usano i pasticceri per fare il torrone.
Essendo solido questo non emana odori e riduce la possibilità di saccheggio da parte di altre famiglie e in più non introduce umidità all’interno dell’alveare che potrebbe portare a formazione di muffe o funghi che danneggerebbero irrimediabilmente un nucleo.
Come nutrizione, qualora avessimo una famiglia debole, per stimolare la crescita e la raccolta usiamo uno sciroppo che è formato da fruttosio generalmente allo stato liquido (se si usano nutritori è meglio).
Un’alternativa allo sciroppo al fruttosio è una soluzione zuccherina creata con 1KG di zucchero e 1L di acqua.
Il periodo indicativo nel quale utilizzare un’alimentazione rispetto che un’altra è il seguente: Candito da gennaio alla prima metà di aprile, sciroppo stimolante prettamente tra marzo e aprile.
Non è consigliabile alimentare le api con il miele, sia compero che di propria produzione, perchè potrebbe contenere patologie che infetterebbero irrimediabilmente la famiglia.Calendario delle visite in apiario
Vediamo, molto velocemente, in cosa consistono le nostre visite in apiario al variare della stagione. Non tratteremo mese per mese ogni singola operazione, ma cercheremo di dare delle linee guida che si potrà seguire in tutte le annate, sia propizie che non propizie.
A Gennaio
E’ consigliabile un controllo all’esterno, verificando il volo delle bottinatrici, battere con le nocche sull’arnia (se si alza del brusio significa, per esempio, che sono ancora vive), pesare l’alveare per controllare le scorte.
Se pensando l’arnia ci si rende conto che le scorte sono basse, è opportuno integrare la nutrizione utilizzando un prodotto solido, come il candito.
E’ consigliabile non sollevare il coprifavo in questo periodo poichè le temperature non lo permettono, se dobbiamo guardare all’interno ci conviene sfruttare il buco della nutrizione presente nel coprifavo.A Febbraio
E’ possibile fare la prima visita, anche se in modo veloce, controllando: lo stato della famiglia, le scorte, le condizioni sanitarie, la presenza e la sanità della covata.
Controllare l’orfanità della famiglia, quando si apre la soffitta se orfane le api iniziano a ventilare, in caso la famiglia sia orfana è possibile che delle operaie abbiano preso a deporre ed è facile da intuire poichè c’è la deposizione di soli fuchi e non di operaie.Visita primaverile
La si può effettuare con più calma e occorre fare attenzione a: forza delle famiglie, scorte (in fase di sviluppo le famiglie consumano molto), sanità della covata, sostituzione dei telaini vecchi e aumento dello spazio, pareggiamento delle famiglie, preparazione dei nuclei per il servizio di impollinazione.
Inoltre occorre controllare la presenza di celle reali che potrebbero indicare la febbre sciamatoria, ovvero l’intenzione della vecchia regina lasciare l’arnia.
Se occorre è questo il periodo per una nutrizione stimolante mediante sciroppi.
In questo periodo, da Aprile in avanti, si possono iniziare ad effettuare le operazioni per creare sciami artificiali per la produzione di api regine, per aumentare il numero dei nuclei e per la produzione della pappa reale.
E’ già possibile poggiare i melari qualora vi siano delle fioriture precoci.Visita estiva
Dalla primavera in poi è il momento della posa dei melari. Il momento preciso varia da zona a zona, dalla forza delle famiglie, dal clima. ecc. Questo è il periodo del nomadismo, ma anche il momento migliore per la sostituzione delle regine. Dai primi giorni di agosto si devono togliere i melari e provvedere al trattamento tampone estivo contro la Varroa.
Visita autunnale
E’ il momento in cui si devono preparare al meglio gli alveari per l’inverno. Occorre quindi verificare la sanità delle famiglie, le scorte e la popolosità.
Visita pre-invernale
Durante questa visita si procede al vero e proprio invernamento. Si possono togliere i telaini abbandonati dalle api e inserire il diaframma. E’ consigliabile mettere un materiale coibentante tra il coprifavo e il tetto per aumentare il calore nell’alveare. Si riduce l’ingresso della porticina di volo. In una bella giornata di sole, avendo verificato il blocco della covata, si deve effettuare il trattamento di pulizia invernale contro la Varroa.
Sciamatura
Per sciamatura naturale si intende la partenza definitiva da una colonia di una regina seguita da un parte delle operaie.
Dal punto di vista biologico la sciamatura rappresenta l’opportunità per le api di diffondere la propria specie.
La sciamatura è quindi una caratteristica ereditaria comune a tutte le specie Apis, più o meno marcata a seconda delle razze.
Pur trattandosi di una caratteristica ereditaria, la sciamatura è influenzata da molti fattori interni ed esterni. Fa quelli interni i principali sono: l’età della regina, o spazio disponibile, lo stato di salute, ecc.. mentre quelli esterni sono l’andamento climatico, l’abbondanza di raccolto, la posizione dell’arnia, l’insolazione, ecc..
Durante il periodo delle sciamature, di solito questo avviene poco prima del grande raccolto, una famiglia può decidere di sciamare e quindi inizia a costruire celle reali.
Poco prima che la regina vergine sfarfalli la vecchia regina prende il volo e, insieme a una buona parte delle api presenti, si appoggia poco distante formando un glomere molto serrato.
Il nuovo sciame, quello che contenente la vecchia regina, può stare fermo qualche giorno, come una settimana o può anche decidere di creare il proprio nido sul posto, il tutto dipende da molti fattori: non è stato trovato un luogo adatto dalle esploratrici, la regina è abbastanza vecchia, la famiglia non si mette d’accordo su quale sia il luogo più adatto per insediarsi.
Quando troviamo delle celle reali non sempre si ha a che fare con la febbre sciamatoria, per sapere ciò occorre prestare attenzione su quale punto del favo è stata fatta la celletta reale: se tale cella si trova in mezzo al favo, o comunque non vicino ai bordi è molto probabile che la famiglia sia orfana o che stia procedendo con una sostituzione naturale della regina, mentre se le celle reali si trovano sui bordi dei favi, molto vicino o addirittura sopra al telaio di legno quello è un segno evidente di febbre sciamatoria.Trattamento anti-varroa
La Varroa è un particolare acaro, molto simile alla zecca che aggredisce le api nelle fasi più delicate della loro vita (durante le prime mute) e che si nutre succhiando l’emolinfa direttamente dall’individuo infestato.
Questo acaro è arrivato in Europa nei primi anni 80 e da allora non si è trovato un sistema idoneo per debellare questo vero e proprio flagello.
Negli ultimi anni, dopo che l’apicoltura è stata sull’orlo del tracollo per la moria generale che vi è stata, sono stati introdotti dei prodotti così detti “tampone” che servono a limitare il più possibile l’infestazione delle famiglie.
Vi sono diversi metodi per effettuare tali trattamenti: chimici o meccanici.
Bisogna precisare che è vietato l’uso di qualsiasi prodotto all’interno dell’arnia qualora sopra vi sia ancora il melario, poichè il miele per l’alimentazione umana deve essere puro e non alterato in alcuno modo.Trattamenti chimici
Questi trattamenti vanno effettuati in presenza del blocco della covata, ovvero non vi devono essere api opercolate, poichè la Varroa si intrufola dentro la cella poco prima che questa venga opercolata e vi resta fino che l’ape infestata non fuoriesce.
Gli acaricidi in agricoltura sono molteplici e spesso anche molto potenti, però i prodotti registrati per uso apistico sono davvero pochi e si contano sulle dita.
Gli acari sviluppano resistenza a tali trattamenti poichè ogni qual volta se ne salva uno i suoi figli diventano più resistenti al principio attivo.Api life var
Sono dei cubetti impregnati con il Timolo e vengono riposti tra i favi e il coprifavo.
Apistan
Sono delle strisce impregnate con il Tau-fluvalinate, un principio attivo anch’esso utilizzato massivamente in agricoltura.
Apiguard
Non necessita di ricetta veterinaria, è un gel a base di Timolo che evapora ed agisce sulle Varroe presenti.
Apivar
Non necessita di ricetta veterinaria, il principio attivo utilizzato è Antras, prodotto che in agricoltura è stato usato tanto, poi è stato vietato l’uso (solo in agricoltura, in apicoltura si può ancora usare).
Trattametni meccanici
Questi trattamenti hanno il vantaggio da uccidere gli acari o di limitarne la diffusone in maniera meccanica e per questo motivo non sono soggetti a resistenze.
I trattamenti più diffusi sono:Acido Ossalico
I metodi che sono stati scoperti per far funzionare al meglio tale trattamento sono quello sgocciolato, dove le api vengono bagnate con una soluzione di acido ossalico disciolto in una soluzione zuccherina.
Il secondo metodo, che è stato introdotto recentemente, è quello della somministrazione sublimata, essa viene praticata riscaldando i cristalli di acido ossalico ad una temperatura inferiore ai 130°C.
I fumi che si scatenano sono però nocivi per l’uomo, quindi è bene prendere le giuste precauzioni.Acido Formico
Questo acido, essendo molto più forte, ha la capacità di entrare anche dentro alle cellette opercolate delle api così da uccidere anche la Varroa che è presente nella covata.
In alcuni stati nordici, dove la temperatura non si alza troppo (soglia massima 27°C), hanno fatto dei sacchetti al cui interno vi è una spugna impregnata con l’acido formico. Questa sostanza evapora molto lentamente e uccide le Varroe senza danneggiare le api, nei nostri climi questo trattamento è poco usato poichè basta un’innalzamento della temperatura ambientale che tutta la covata è a rischio.Acido Lattico
Tale acido è stato il primo ad essere usato, andava diluito nell’acqua e spruzzato sulle api.
Raccomandazioni finali
Prima di portare a casa delle api sarebbe bene procedere al censimento obbligatorio. Non è una pratica a pagamento e permette di risparmiarsi una multa che va dai 150 ai 200 euro qualora la forestale arrivi in apiario e riscontri la mancanza di tale documento.
Le schede per il censimento sono reperibili nelle cooperative o associazioni apistiche, vanno compilate e fatte firmare da un veterinario.In agricoltura non esiste un’altro investimento che nel giro di 2/3 anni si ripaghi completamente come fa l’apicoltura.
-
Gen 11 2014 Morfologia e biologia dell’ape – Lezione 1
Per morfologia e biologia dell’ape si intende il mondo di questo insetto a tutto tondo: la sua conformazione fisica, le interazioni sociali, i suoi comportamenti, il processo evolutivo. Ma vediamo di insinuarci in questo fantastico mondo un passo alla volta.
Vita ed organizzazione
Fin dai tempi antichi l’uomo si è interessato alla vita delle api, le osservava e studiava. Comprese ben presto che le api accettavano di essere trasferite in contenitori che offrivano loro un riparo dal vento, dalla pioggia, dal freddo e dal caldo eccessivo.
Nel mondo sono state individuate tre linee evolutive delle arnie. La prima che ha interessato la maggior parte dei paesi europei ed alcune zone dell’Asia sud-occidentale, si basa sull’utilizzo di tronchi d’albero cavi appoggiati verticalmente su un supporto e chiusi in alto con una lastra.
Quest’arnia è probabilmente la più antica in assoluto ed è tutt’ora utilizzata in certe zone. Da questa si è passati in alcune zone a modelli più leggeri. In Sardegna ad esempio viene utilizzato il sughero per ricavare delle arnie cilindriche verticali.
L’ape è amica ma anche sconosciuta.
Derivata sempre da questa sono quelle costituite da panieri ottenuti intrecciando rami flessibili coibentati con sterco bovino e argilla.
Sono state trovate tracce di apicoltori in alcuni geroglifici nella tomba di Pabusa, risalenti al 600 a.C, questo fa intuire che la collaborazione uomo-ape va avanti da moltissimo tempo.
L’uomo è divenuto apicoltore anche se le api non sono mai state veramente addomesticate, poichè non hanno mai cambiato le proprie abitudini e non dipendono tutt’ora dall’uomo. La convinzione è che siano loro ad addomesticare noi esseri umani (almeno quelli che si cimentano nell’apicoltura).
L’uomo che si è lasciato addomesticare dalle api è diventato apicoltore.
Spesso l’attenzione dell’uomo è rivolta maggiormente a ciò che le api producono, quello che si sottovaluta è la funzione naturale di impollinazione che questi insetti fanno, aiutando la fecondazione e, di conseguenza, la prolificità di molte specie di piante.
Non esiste solo l’ape come insetto impollinatore, ve ne sono molti altri, ma non svolgono tale funzione in maniera così importante come invece fa l’ape; questo è dovuto al fatto che vi è stata un’evoluzione dei fiori in base all’insetto che più li frequentavano.
Il fiore da qualche cosa all’ape, ovvero il nettare che è una sostanza zuccherina, e in cambio le api, cercando di inserirsi nel fiore, si imbrattano con il polline di tale fiore. In un secondo momento quando la stessa ape si posa su un altro fiore, cercando di arrivare al nettare, lascia cadere del polline che si mischia a quello che già aveva sul corpo; in questo modo se la pianta non è lo stesso esemplare di quello precedente e la specie di appartenenza è la medesima si ha una fecondazione.Il servizio di impollinazione è una vera e propria attività che può incrementare il reddito di un apicoltore: delle ditte, tramite apposite associazioni, si rivolgono agli apicoltori che portano le proprie api nei pressi dei campi in cui è necessario tale intervento. A fioritura terminata l’apicoltore preleva le proprie api e riceve un compenso per il servizio svolto.
Che cosa è un’ape??
Un ape è un essere vivente e come tale deve:
- Riprodursi
- Svilupparsi
- Interagire con l’ambiente
- Costruire o assumere proteine
- Mantenere costanti le condizioni interne
- Evolversi
- Organizzati in cellule
Le api, come tutti gli animali, sono eterotrofi ovvero non riescono a creare le proteine necessarie al loro sostentamento e per questo le assumono già sintetizzate da altri organismi, nello specifico le recuperano dal polline che possiede un alto contenuto proteico.
Breve storia dell’evoluzione dell’ape
Le tracce più antiche delle api risalgono a ben 40 Milioni di anni fa, infatti alcuni esemplari sono stati rinvenuti all’interno di ampolle d’ambra che le hanno catturate e mantenute inalterate fino ai giorni nostri. Il nome che è stato dato a queste api preistoriche è Elettratis.
Quest’ape preistorica con il passare del tempo subì varie trasformazioni e circa 35 Milioni di anni fa si trovano le prime tracce del nuovo tipo di ape che arriverà pressoché immutato fino ai giorni nostri, ovvero l’Apis.
Per fare un piccolo paragone l’omo sapiens è comparso circa 100 mila anni fa.Vi sono 4 specie di api conosciute, che vedremo velocemente:
- APE NANA – Fa un piccolo favo sui rami e si trova in India, Borneo e Birmania
- APE DORSATA – Costruisce un solo grande favo e si trova in India, Filippine ed è grande ed aggressiva
- APE CERANA – Poco laboriosa ma mansueta e si trova in India, Giappone, Bangladesh e Malesia
- APE MELLIFICA – Mediamente mansueta ma molto laboriosa e si trova in Europa Africa Asia e poi nelle Americhe e in Australia
Un’ulteriore suddivisione delle api si ha tramite le razze, questa lezione non è volta ad analizzare tutte le diverse razze del mondo, perciò elencheremo velocemente solo quelle più conosciute dell’ape mellifica:
- CARNICA – Si trova prettamente nel nord Europa, si distingue per avere il corpo tutto scuro.
- LIGUSTICA – Si trovava solo in Italia, con il tempo è stata importata in quasi tutto il mondo ed imbastardita. Si distingue per il primo pezzo del ventre giallo chiaro e il resto scuro.
- SICULA – Si trova solamente in Sicilia, con il tempo è stata portata quasi all’estinzione, ora si cerca di salvaguardarla confinandola su un’isola minore (più aggressiva).
Ne esistono tante altre, anche relativamente vicine a noi, come possono essere la CAUCASICA o l’AFRICANA, si rimanda alle letterature i merito per approfondire l’argomento. Durante tutta la durata di questo corso la razza di cui si parlerà e che vedremo anche dal vivo sarà la Ligustica.
Questa razza, infatti, è una delle migliori al mondo per mansuetudine, produttività e qualità delle regine, c’è da dire che è anche una delle più portate al saccheggio.Come è fatta un’ape?
L’ape ha, come gran parte degli insetti:
- 4 ali
- Un Esoscheletro
- Sei zampe
- Corpo in tre segmenti
L’esoscheletro è composto da varie sostanze (sclerotina, resinina, ecc) ed è flessibile ma non estendibile.
Per potersi sviluppare e avere un esoscheletro con le caratteristiche che abbiamo appena citato utilizzano le mute, ovvero un processo di mutazione dalle quali passano nella fase giovanile.
Queste mute sono similare al cambio pelle dei serpenti, quando il “vestito” diviene troppo piccolo lo si cambia poichè esso non si adatta allo svilupparsi del corpo.Il capo è una capsula rigida che contiene gli organi della vista: due occhi compositi e 3 ucelli semplici (servono principalmente per captare l’intensità luminosa) due antenne e l’apparato boccale (composto da più parti).
Gli occhi composti hanno dei componenti che si chiamano ommatidi e per questo motivo la visione è a mosaico. Questo permette alle api di avere una percezione diversa dei movimenti, infatti un movimento che al nostro occhio risulta lento per loro è velocissimo, anche la percezione dei colori è differente dalla nostra, infatti esse distinguono:
giallo, blu-verde, blu, viola, ultravioletto, giallo-ultravioletto
Per questo motivo occorre indossare colori che loro “digeriscono” per non allertarle solamente con la nostra presenza nei pressi dell’alveare.Le antenne sono orientabili, e composte da diverse parti, esse sono munite di diversi sensori: tattili, olfattivi, termici, uditivi, igrorecettori (in grado di percepire la quantità di umidità) e ricettori di ferormoni.
L’apparto boccale si chiama così poichè è sempre formato da un certo numero di pezzi divisi, in genere sono sei: labbro inferiore, superiore, due mascelle e due mandibole.
Nello specifico quello delle api è così formato: il labbro superiore è una sorta di copertura, le due mandibole sono le due pinze per la manipolazione della cera e della propoli però non riescono a lacerare ne a rompere neppure la cuticola dell’uva, due mascelle mobili costituite da varie parti costituisce un canale per l’assunzione di alimenti liquidi e al contempo sono presenti anche degli organi del gusto.
Il labbro inferiore, insieme alle mascelle, forma il canale di suzione, ovvero è quel canale da cui esce la saliva che viene utilizzata per liquefare gli le sostanze nutritive.
La ligula è la parte più lunga dalla quale fuoriesce la saliva e termina con il labello, estensione a cucchiaio.Il torace ha sempre tre segmenti in tutti gli insetti, nella parte inferiore vi sono le attaccature per le zampe, nella parte superiore le ali con i relativi possenti muscoli per muoverle, tre paia di stigimi(che possono essere aperti e chiusi a piacimento) per consentire l’ossigenazione dei tessuti. Sono contenuti all’interno anche le sacche aeree che permetto all’ape di volare trasportando ingenti carichi.
Le zampe anteriori presentano un incavo tramite il quale le api si ripuliscono le antenne, si chiamano stregge e le utilizzano per costruire i favi, maneggiare la propoli, nella regina per capire la dimensione delle cellette (fuco od operaia).La particolare conformazione di ciascun paio di zampe risponde alle esigenze lavorative dell’operaia:
Secondo paio: Una spina posta all’angolo distale interno della tibia del 2° paio di zampe serve per staccare le pallottole di polline dalle cestelle delle zampe posteriori quando l’ape rientra all’alveare e per pulire le ali e gli spiracoli.
Terzo paio: Qui viene raggiunto il massimo grado di specializzazione morfo-funzionale. Sulla parte esterna della tibia è presente un incavo, lucido, la cestella del polline, provvista al centro di una lunga setola attorno alla quale vengono formate e conservate le pallottole di polline fino al ritorno all’alveare. Sul bordo inferiore delle tibia è presente una fila di brevi e robuste spine che prende il nome di pettine.
(Spazzola, spina e polina)L’addome non contiene delle gran appendici poichè tutte le occorrenti sono nel torace e nel capo, contiene la parte terminale del tubo digerente, ghiandole e specchi della cera, nasonov, il pungiglione.
Sistema digerente
Il tubo digerente dell’ape percorre tutto il corpo; inizia dall’apertura boccale, a cui fa seguito la faringe, provvista di muscolatura in grado di farla dilatare per favorire l’aspirazione dei liquidi nutritivi. Segue l’esofago, che dopo aver attraversato tutto il torace entra nell’addome dove si allarga a formare l’igluvie. E’ qui che nelle operaie viene immagazzinato il nettare durante la raccolta per essere trasportato nell’alveare.
Sistema respiratorio
Le api posseggono un apparato respiratorio molto sviluppato. L’aria penetra attraverso gli spiracoli disposti a coppie, 3 nello pseudotorace e 7 nel gastro. Dagli spiracoli partono delle brevi trachee, che si immettono in particolari dilatazioni dette sacchi aerei. Da questi si diparte una vera rete di trachee che si ramificano successivamente fino a ridursi in minutissimi vasi che si diramano ulteriormente fino a raggiungere tutti gli organi. Il sistema di gran lunga più efficiente di quelle dei Vertebrati, che richiede uno scambiatore aria acqua (i polmoni) ed un meccanismo di trasporto (il sangue).
Sistema circolatorio
La circolazione del sangue, chiamata emolinfa, avviene in parte attraverso dei vasi, ed in parte attraverso la libera circolazione tramite le lacune del corpo. E’ quindi sicuramente meno evoluta di quella dei vertebrati.Lungo la linea mediana dorsale del corpo dell’ape troviamo il vaso dorsale, costituito da una parte contrattile, l’aorta, che percorsa la regione dorsale del torace si apre direttamente nelle lacune della regione cefalica.
Sistema nervoso
Il sistema nervoso è formato da un apparato centrale, uno viscerale ed uno periferico, reciprocamente connessi. L’apparato centrale è costituito da una massa ganglinare molto sviluppata posta nel capo, detta cerebro, da una massa sottoesofagea detta gnatocerebro, collegata alla prima mediante due connettivi a formare una specie di cintolo detto cingolo periesofageo. Pur trattandosi di un sistema nervoso relativamente semplice rispetto a quello dei vertebrati è in grado di soddisfare egregiamente le necessità di questi insetti.
La loro vita di relazione, infatti, appare guidata da facoltà che sono state denominate istinti, e che si manifestano con comportamenti fondamentalmente stereotipati, ma non infallibile e nemmeno immutabili, suscettibili come sono, di modificarsi e di adeguarsi alle necessità di situazioni contingenti e impreviste, nonché in seguito all’esperienza individuale.
Le ghiandole ipofaringee sono quelle che secernano il componente principale della pappa reale.
Vengono prodotte dai 5-6 ai 10-11 giorni di vita, quindi se ho delle api vecchie e voglio mettere della covata non saranno in grado di alimentare le larve.
A tutte le larve viene dato per i primi 3 giorni pappa reale per poi cambiare la dieta in polline e miele, mentre le regine vengono alimentate a vita con pappa reale. Questo fa ci che la regina sviluppi gli organi sessuali mentre nelle operaie rimangono atrofizzati.Sistema riproduttore
Il sistema riproduttore è molto complesso, esso comprende un paio di gonadi, testicoli nei maschi e ovari nelle femmina, e relativi gonodotti e genitali esterni.
Data l’elevata diversificazione, questi organi verranno descritti separatamente.
Quello che occorre sapere è che da un uovo fecondato nasce un fuco (maschio) mentre da un uovo fecondato nasce un’operaia (femmina).Apparato riproduttore – Maschile
L’apparato genitale è composto da:
- due testicoli separati e plurifollicolari;
- due tubi deferenti che si allargano a formare due vescicole seminali tubolari;
- un dotto eiaculatore provvisto di un paio di ghiandole accessorie;
- un apparato copulatorio di fabbrica alquanto complessa che presenta un pene provvisto di processi laterali ben separati.
L’organo copulatorio è come un sacco, posto all’interno dell’addome, in fondo al quale sbocca il dotto eiaculatore. Al momento dell’accoppiamento l’addome viene sottoposto ad un’intensa pressione e questa fa si che il sacco venga estroflesso all’esterno.
Apparato riproduttore – Femminile
Ciò che distingue maggiormente una regina da un’operaia è il possesso di un apparato genitale molto sviluppato e perfettamente funzionante.
Esso è formato da:- due ovari enormemente sviluppati occupanti la quasi totalità dell’addome, a loro volta suddivisi in ovarioli, che sboccano in un ovidotto;
- una spermateca(atta a conservare in vita per anni gli spermatozoi iniettati dai maschi durante l’accoppiamento), con annesse due ghiandole della spermateca;
- una vagina, la quale contiene un sacco ovale, la borsa copulatrice.
In seguito all’accoppiamento gli spermatozoi, attraverso la borsa copulatrice e la vagina, giungono nella spermateca, dalla quale usciranno al momento di fecondare le uova che, scendendo dagli ovari, passeranno dalla vagina.
Ghiandola di Nasonov
Capita sovente di osservare sul predellino dell’arnia o, dopo che si è aperto un’alveare, sui portafavi, delle api operaie con l’addome proteso verso l’alto e la sua estremità piegata verso il basso, in modo da scoprire tale ghiandola.
La secrezione di questa ghiandola + composta da sostanze molto volatili e viene utilizzata dalle api per marcare i luoghi di bottino, per facilitare il ritrovamento dell’alveare e per favorire l’aggregazione dello sciame o del glomere invernale.
Questa particolare postura non è da confondere con quella delle guardiane in assetto da guerra (esse tengono tutto l’addome verso l’alto e il pungiglione estratto)Specchi di cera
Le api operaie sono dotate di ghiandole che producono la cera; sono situate sulla parte anteriore degli stigmi e sono ricoperte dallo stermite del segmento precedente. Esse presentano due ampie aree ovali lisce, una su ciascun lato, rispetto alla linea mediana ventrale, dette specchi della cera. Tali aree si possono osservare estendendo l’addome.
La cera viene prodotta da cellule epidermiche sottostanti tali spazi, quando l’ape adulta ha circa 10-18 giorni di vita. Sembra che la cera fuoriesca in forma liquida attraverso minutissime strutture per solidificare sotto forma di scagliette a contatto con l’aria. Ogni ape ne produce circa 6 mg consumando per questa attività rilevanti quantità di polline e miele.In alto a sinistra vi è la zona senza peli chiamata “Specchio di cera” e le macchioline più piccole sono dei residui di cera.
Pungiglione
Si tratta di un’importante arma di difesa presente nelle operaie e nelle regine. A riposo si trova entro una tasca e viene estroflesso solo al momento dell’impiego. Derivando da un organo presente solo nelle femmine è assente nei fuchi, che sono di conseguenza totalmente inermi. Il pungiglione è formato da tre pezzi articolati fra di loro: lo stiletto e le due lancette.
Lo stiletto alla base si allarga in un ampio bulbo e termina con una punta affilata a mo’ di scalpello.
Quando l’ape punge piega verso il basso l’addome e con un movimento improvviso conficca la punta del pungiglione nei tessuti della vittima. La struttura del pungiglione spiega perchè quando un’ape punge un uomo è destinata quasi sempre a morire. L’elasticità dei tessuti trattiene il pungiglione e di solito l’ape non riesce ad estrarlo: nel tentativo di allontanarsi si lacera gli ultimi segmenti addominali ed il pungiglione rimane infisso nel malcapitato, unitamente ad una parte delle viscere ed alla ghiandole del veleno.Principali differenze tra operaia, fuco e regina
La tabella seguente mostra le principali differenze tra gli individui appartenenti alle tre caste presenti nell’alveare.
Ciclo di vita dell’ape
L’uovo viene deposto in una cella vuota dalla regina, la quale in base alle dimensioni della cella sceglierà se fecondare o meno l’uovo, incollato al fondo della cella da una sostanza appiccicosa prodotta dalla regina stessa.
L’uovo rimane tale per circa 3 giorni, dopo di che ne fuoriesce una larva che rimane coricata sul fondo ed assume, generalmente, la forma di una “C” molto aperta.
Questa larva viene alimentata per i primi 3 giorni con la gelatina (o pappa) reale, poi, nel caso sia operaia o fuco, viene alimentata con nettare e polline.
Passati dai 7 ai 9 giorni dalla schiusa, durante i quali la larva è cresciuta molto rapidamente, la celletta viene opercolata (coperta) da una cera porosa che permette il passaggio dell’aria, all’interno di questa cella l’ape subisce diverse mute ed fuoriesce dalla cella solo quando è completamente formata.
Dopo la deposizione l’ape regina per sfarfallare impiega circa 16 giorni, mentre l’ape operaia 21 e il fuco 24.Curiosità
Le ali delle api si muovono molto velocemente, circa 200 battiti al secondo!
Ogni ape riesce a trasportare 60mg di nettare, 25mg di acqua e 15 di polline. Considerando che un’ape media pesa meno di 100mg è come se un uomo trasportasse un carico di quasi un quintale!
Per poter produrre circa un chilo di cera occorre che un ape voli per 530’000 km per la raccolta di tutto il necessario (acqua, polline e nettare), ovvero ben 12 volte il giro dell’equatore!
Le api riescono a volare alla velocità di 24-25 Km/h!