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Apr 10 2015 Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto.
Ciao a tutti,
la primavera è iniziata da oramai più di un mese ma fa male vedere che nel proprio apiario non vola neppure una piccola ape. Le arnie, che durante l’inverno erano macchie sfavillanti di colori accesi immersi nella campagna spenta, riposano in magazzino completamente ripulite e soprattutto piene solamente di telaini con miele e polline che le precedenti inquiline non sono riuscite a consumare.
Ebbene sì, come avrete ben capito, anche le altre due arnie non hanno superato l’inverno appena trascorso. Ho ricercato la motivazione per sfuriate settimane analizzando con estrema cura le arnie nella loro interezza. Siccome può capitare a tutti, soprattutto all’inizio, di commettere errori voglio condividere questa mia analisi con voi.
Il primo indizio rilevante è che le famiglie di sono spente una alla volta, a distanza di qualche settimana l’una dall’altra, e non tutte contemporaneamente, questo mi fa escludere un avvelenamento o qualche malattia molto aggressiva.
All’interno delle arnie era tutto in ordine, non vi era sporcizia o feci e quindi anche il nosema (malattia che colpisce l’intestino delle api) lo si può escludere.
Le api per la maggior parte sono morte all’interno dell’arnia, spesso rimanendo anche aggrappate al telaio dove hanno trascorso gli ultimi attimi della loro esistenza.
Come potete vedere anche dalla foto riportata, vi era presenza di covata, anche se sparsa, quindi non si può neppure affibbiare la colpa ad una regina che non faceva il suo dovere.
La posizione della api su quel telaino mi fa presupporre che siano morte a causa del freddo, il loro numero deve essere diminuito gradualmente fino arrivare al punto nel quale non riuscivano ne a tenere la covata al caldo, ne a scaldarsi tra di loro.Il freddo è sicuramente la mano gelida dell’assassino che ha compiuto il delitto, ma chi è il mandante? Chi ha deciso che queste famiglie dovessero perire?
Purtroppo questa foto non lascia scampo al colpevole:Ebbene sì, nonostante i miei precedenti sopralluoghi in apiario non mi sono accorto che i trattamenti che avevo effettuato per la varroa erano stati troppo leggeri e questo ha portato al vero e proprio collasso delle famiglie.
Quindi concludendo il mandante di tutta questa brutta situazione è stata la mia inesperienza che ha permesso all’acaro di distruggere tutto l’apiario.
Ho riflettuto a lungo, le domande sono state molteplici, ma non posso lasciare che una singola sventura mi allontani da questo mondo, quindi non demordo e, dopo aver già ordinato due nuovi nuclei, sono pronto ad affrontare il 2015 con sicuramente più esperienza ma soprattutto con una gran voglia di riscatto.
Ci sentiamo presto con l’arrivo dei due nuovi nuclei in apiario.
Al prossimo post, bzzz‼
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Gen 17 2014 Come recarsi in apiario – Lezione 2
L’argomento che si è trattato nella seconda lezione del corso è “come recarsi in apiario”, mentre nella prima lezione si è parlato dell’ape cercando di dare un’infarinatura sul lato biologico e morfologico, in questa lezione si è passati alla parte un pochino più pratica.
Cosa server per andare in apiario??
Per prima cosa occorre accertarsi di non essere allergici alle punture delle Api.
Il veleno di questo insetti può portare anche a shock anafilattici che portano, loro volta, alla morte se non presi tempestivamente; occorre, quindi, essere almeno consapevoli degli effetti che una puntura può avere sul nostro organismo prima di trovarsi in situazioni pericolose.
Se un individuo sa o scopre di essere allergico può tranquillamente fare l’apicoltore ma prestando maggiore attenzione, magari coprendosi di più e portarsi sempre dietro tutto il necessario per intervenire in qualsiasi situazione.Maschera
Abbiamo visto come le api non siano animali inermi e, soprattutto quando vengono disturbate, possono reagire usando il loro apparato vulnerante. Le punture delle api, pur non essendo nella maggior parte dei casi pericolose sono comunque dolorose e possono disturbare non poco l’apicoltore. Per questo motivo si usa coprirsi il volto con una maschera. Ne esistono svariati modelli, da un semplice velo di tulle nero da applicare ad un cappello a larghe tese a quelle più sofisticate incorporate ad un corpetto.
Affumicatore
Per quante precauzioni un apicoltore possa prendere all’apertura di un alveare, tranne in rare occasioni, le api si mostreranno sempre aggressive. Da lungo tempo si è costatato che alcune sbuffate di fumo sono in grado di ammansire le api. Il fumo agisce, infatti, in duplice modo:
appena viene assaggiato l’odore del fumo la maggior parte delle api si precipita sui favi dove iniziano ad assorbire avidamente il miele, trovandosi poi così imbottite faranno davvero fatica ad estrarre il pungiglione.
Si pensa che questo atteggiamento sia dovuto al fatto che il fumo evochi negli istinti dell’ape il pericolo di un incendio e, nel caso l’arnia prendesse fuoco, sono già pronte a volare via piene di scorte.Leva
Abbiamo visto che le api hanno l’abitudine di chiudere tutte le fessure e fissare fra di loro le varie parti mobili con la propoli.
Questo materiale è alquanto tenace, quindi nella maggioranza dei casi con le sole mani non è possibile sollevare le soffitte ed estrarre i favi. A questo scopo si usa una leva che può avere varie forme ma che necessariamente deve essere provvista ad un’estremità di una parte schiacciata a scalpello per potersi insinuare sotto le soffitte e dall’altra un gancio idoneo a sollevare i telaini facendo presa sotto le orecchiette.Indumenti
Non occorre un abbigliamento particolare per praticare l’apicoltura. Tuttavia occorre tener cono che maneggiando vari materiali ed attrezzi ci si imbratta facilmente di propoli che poi aderisce molto tenacemente, quindi è consigliabile l’uso di camici o tutte da lavoro.
Maneggiando favi e soffitte ricoperti di api è facile che ne cada qualcuna per terra. Le api più giovani non volano ancora ed hanno la tendenza a risalire lungo le gambe, per evitare quindi che si intrufolino sotto i calzoni è opportuno portare degli stivali entro cui infilare i calzoni.
L’uso dei guanti è perlomeno controverso, infatti se da una parte proteggono le mani, dall’altra rende l’operatore più impreciso e maldestro.Come ci si avvicina ad un alveare??
Dopo essersi accuratamente vestiti e preparati, per prima cosa occorre accendere l’affumicatore, per farlo basta incendiare il combustibile che desideriamo utilizzare e lo riponiamo all’interno della camera di combustione.
Solo quando si è certi che l’affumicatore sia acceso ci si può dirigere verso l’arnia.
Per ridurre l’aggressività della famiglia occorre prestare qualche accortezza, ovvero è sempre bene avvicinarsi dalla parte opposta alla porticina di volo, in maniera tale da non trovarsi mai nel cono di volo delle bottinatrici.
Una volta arrivati alle spalle dell’arnia la prima cosa da fare è dare una veloce ma decisa sbuffata di fumo sulla porticina, in maniera tale da allarmare le guardiane e farle comunicare al resto della colonia la possibile presenza di un incendio.
Subito dopo occorre infilare la leva tra coprifavo e nido e forzare l’apertura, appena la propoli cederà bisogna essere pronti a dare un’ulteriore paio di sbuffate all’interno del nido.
Così facendo la zona ostile per le api, dove si trova il fumo, sarà la parte soprastante dell’arnia e non all’interno dei favi.
Un’altra pratica comune per ridurre l’aggressività quella di recarsi a far visita alla famiglia nelle ore più calde della giornata, in questo modo la maggior parte delle bottinatrici si troverà in giro, riducendo notevolmente il numero delle api presenti nel nido.Cosa si va a fare in apiario??
Un’ulteriore precisazione che occorre fare è che ogni nostra visita provoca alle api un disturbo, ovvero uno stress. Seppure in certi periodi dell’anno le alimentiamo e per tutta la durata della loro vita le accudiamo, per loro rimarremo sempre degli estranei che invadono la loro casa e provocano scompiglio.
Starà in noi fare in modo che lo stress arrecato sia il minore possibile e con esso, anche l’aggressività delle api stesse.
In conclusione occorre aver ben presente per cosa si sta per visitare una famiglia per non essere titubanti nel momento in cui l’arnia è aperta poichè la covata dal momento in cui si solleva il coprifavo inizia a raffreddarsi.Scelta della postazione
Per poter scegliere una giusta posizione per il nostro apiario conviene seguire qualche piccolo consiglio, ovvero:
Si deve verificare la vicinanza delle fonti pollinifere e nettarifere;
la postazione deve essere esposta a sud/sud-est, al riparo dai venti, in luoghi non umidi, e l’ombreggiatura deve esserci solo nei mesi più caldi;
nelle vicinanze ci deve essere disponibilità d’acqua;
il terreno deve essere in piano, facilmente accessibile con un automezzo e a distanza da strade di pubblico transito o confini di proprietà;
nel caso di postazioni in montagna, l’apiario deve essere in basso rispetto alle fonti di raccolta perchè le api possano fare i percorsi in salita da scariche e quelli in discesa cariche;
è utile avere vicino agli alveari alberi non troppo alti o robusti, in quanto questo facilita la raccolta degli sciami;
le arnie vanno posizionate su supporti al almeno 30/40 cm da terra per difenderle dall’umidità;
non è consigliabile allineare le arnie in fila tutte uguali in quanto facilita la deriva, cioè le bottinatrici tendono a rientrare negli alveari posti all’estremità;
è necessario facilitare le api nell’orientamento colorando le facciate o i predellini, oppure distanziare gruppi di alveari con un paletto nel terreno.Nutrizione
All’uscita dell’inverno qualora le scorte non fossero più sufficienti ad sostenere la famiglia, occorre ricorrere alla nutrizione.
Gli alimenti da somministrare alle api variano a seconda del periodo dell’anno in cui siamo: da poco prima dell’inverno a primavera inoltrata è buona cosa utilizzare il candito, ovvero lo zucchero che usano i pasticceri per fare il torrone.
Essendo solido questo non emana odori e riduce la possibilità di saccheggio da parte di altre famiglie e in più non introduce umidità all’interno dell’alveare che potrebbe portare a formazione di muffe o funghi che danneggerebbero irrimediabilmente un nucleo.
Come nutrizione, qualora avessimo una famiglia debole, per stimolare la crescita e la raccolta usiamo uno sciroppo che è formato da fruttosio generalmente allo stato liquido (se si usano nutritori è meglio).
Un’alternativa allo sciroppo al fruttosio è una soluzione zuccherina creata con 1KG di zucchero e 1L di acqua.
Il periodo indicativo nel quale utilizzare un’alimentazione rispetto che un’altra è il seguente: Candito da gennaio alla prima metà di aprile, sciroppo stimolante prettamente tra marzo e aprile.
Non è consigliabile alimentare le api con il miele, sia compero che di propria produzione, perchè potrebbe contenere patologie che infetterebbero irrimediabilmente la famiglia.Calendario delle visite in apiario
Vediamo, molto velocemente, in cosa consistono le nostre visite in apiario al variare della stagione. Non tratteremo mese per mese ogni singola operazione, ma cercheremo di dare delle linee guida che si potrà seguire in tutte le annate, sia propizie che non propizie.
A Gennaio
E’ consigliabile un controllo all’esterno, verificando il volo delle bottinatrici, battere con le nocche sull’arnia (se si alza del brusio significa, per esempio, che sono ancora vive), pesare l’alveare per controllare le scorte.
Se pensando l’arnia ci si rende conto che le scorte sono basse, è opportuno integrare la nutrizione utilizzando un prodotto solido, come il candito.
E’ consigliabile non sollevare il coprifavo in questo periodo poichè le temperature non lo permettono, se dobbiamo guardare all’interno ci conviene sfruttare il buco della nutrizione presente nel coprifavo.A Febbraio
E’ possibile fare la prima visita, anche se in modo veloce, controllando: lo stato della famiglia, le scorte, le condizioni sanitarie, la presenza e la sanità della covata.
Controllare l’orfanità della famiglia, quando si apre la soffitta se orfane le api iniziano a ventilare, in caso la famiglia sia orfana è possibile che delle operaie abbiano preso a deporre ed è facile da intuire poichè c’è la deposizione di soli fuchi e non di operaie.Visita primaverile
La si può effettuare con più calma e occorre fare attenzione a: forza delle famiglie, scorte (in fase di sviluppo le famiglie consumano molto), sanità della covata, sostituzione dei telaini vecchi e aumento dello spazio, pareggiamento delle famiglie, preparazione dei nuclei per il servizio di impollinazione.
Inoltre occorre controllare la presenza di celle reali che potrebbero indicare la febbre sciamatoria, ovvero l’intenzione della vecchia regina lasciare l’arnia.
Se occorre è questo il periodo per una nutrizione stimolante mediante sciroppi.
In questo periodo, da Aprile in avanti, si possono iniziare ad effettuare le operazioni per creare sciami artificiali per la produzione di api regine, per aumentare il numero dei nuclei e per la produzione della pappa reale.
E’ già possibile poggiare i melari qualora vi siano delle fioriture precoci.Visita estiva
Dalla primavera in poi è il momento della posa dei melari. Il momento preciso varia da zona a zona, dalla forza delle famiglie, dal clima. ecc. Questo è il periodo del nomadismo, ma anche il momento migliore per la sostituzione delle regine. Dai primi giorni di agosto si devono togliere i melari e provvedere al trattamento tampone estivo contro la Varroa.
Visita autunnale
E’ il momento in cui si devono preparare al meglio gli alveari per l’inverno. Occorre quindi verificare la sanità delle famiglie, le scorte e la popolosità.
Visita pre-invernale
Durante questa visita si procede al vero e proprio invernamento. Si possono togliere i telaini abbandonati dalle api e inserire il diaframma. E’ consigliabile mettere un materiale coibentante tra il coprifavo e il tetto per aumentare il calore nell’alveare. Si riduce l’ingresso della porticina di volo. In una bella giornata di sole, avendo verificato il blocco della covata, si deve effettuare il trattamento di pulizia invernale contro la Varroa.
Sciamatura
Per sciamatura naturale si intende la partenza definitiva da una colonia di una regina seguita da un parte delle operaie.
Dal punto di vista biologico la sciamatura rappresenta l’opportunità per le api di diffondere la propria specie.
La sciamatura è quindi una caratteristica ereditaria comune a tutte le specie Apis, più o meno marcata a seconda delle razze.
Pur trattandosi di una caratteristica ereditaria, la sciamatura è influenzata da molti fattori interni ed esterni. Fa quelli interni i principali sono: l’età della regina, o spazio disponibile, lo stato di salute, ecc.. mentre quelli esterni sono l’andamento climatico, l’abbondanza di raccolto, la posizione dell’arnia, l’insolazione, ecc..
Durante il periodo delle sciamature, di solito questo avviene poco prima del grande raccolto, una famiglia può decidere di sciamare e quindi inizia a costruire celle reali.
Poco prima che la regina vergine sfarfalli la vecchia regina prende il volo e, insieme a una buona parte delle api presenti, si appoggia poco distante formando un glomere molto serrato.
Il nuovo sciame, quello che contenente la vecchia regina, può stare fermo qualche giorno, come una settimana o può anche decidere di creare il proprio nido sul posto, il tutto dipende da molti fattori: non è stato trovato un luogo adatto dalle esploratrici, la regina è abbastanza vecchia, la famiglia non si mette d’accordo su quale sia il luogo più adatto per insediarsi.
Quando troviamo delle celle reali non sempre si ha a che fare con la febbre sciamatoria, per sapere ciò occorre prestare attenzione su quale punto del favo è stata fatta la celletta reale: se tale cella si trova in mezzo al favo, o comunque non vicino ai bordi è molto probabile che la famiglia sia orfana o che stia procedendo con una sostituzione naturale della regina, mentre se le celle reali si trovano sui bordi dei favi, molto vicino o addirittura sopra al telaio di legno quello è un segno evidente di febbre sciamatoria.Trattamento anti-varroa
La Varroa è un particolare acaro, molto simile alla zecca che aggredisce le api nelle fasi più delicate della loro vita (durante le prime mute) e che si nutre succhiando l’emolinfa direttamente dall’individuo infestato.
Questo acaro è arrivato in Europa nei primi anni 80 e da allora non si è trovato un sistema idoneo per debellare questo vero e proprio flagello.
Negli ultimi anni, dopo che l’apicoltura è stata sull’orlo del tracollo per la moria generale che vi è stata, sono stati introdotti dei prodotti così detti “tampone” che servono a limitare il più possibile l’infestazione delle famiglie.
Vi sono diversi metodi per effettuare tali trattamenti: chimici o meccanici.
Bisogna precisare che è vietato l’uso di qualsiasi prodotto all’interno dell’arnia qualora sopra vi sia ancora il melario, poichè il miele per l’alimentazione umana deve essere puro e non alterato in alcuno modo.Trattamenti chimici
Questi trattamenti vanno effettuati in presenza del blocco della covata, ovvero non vi devono essere api opercolate, poichè la Varroa si intrufola dentro la cella poco prima che questa venga opercolata e vi resta fino che l’ape infestata non fuoriesce.
Gli acaricidi in agricoltura sono molteplici e spesso anche molto potenti, però i prodotti registrati per uso apistico sono davvero pochi e si contano sulle dita.
Gli acari sviluppano resistenza a tali trattamenti poichè ogni qual volta se ne salva uno i suoi figli diventano più resistenti al principio attivo.Api life var
Sono dei cubetti impregnati con il Timolo e vengono riposti tra i favi e il coprifavo.
Apistan
Sono delle strisce impregnate con il Tau-fluvalinate, un principio attivo anch’esso utilizzato massivamente in agricoltura.
Apiguard
Non necessita di ricetta veterinaria, è un gel a base di Timolo che evapora ed agisce sulle Varroe presenti.
Apivar
Non necessita di ricetta veterinaria, il principio attivo utilizzato è Antras, prodotto che in agricoltura è stato usato tanto, poi è stato vietato l’uso (solo in agricoltura, in apicoltura si può ancora usare).
Trattametni meccanici
Questi trattamenti hanno il vantaggio da uccidere gli acari o di limitarne la diffusone in maniera meccanica e per questo motivo non sono soggetti a resistenze.
I trattamenti più diffusi sono:Acido Ossalico
I metodi che sono stati scoperti per far funzionare al meglio tale trattamento sono quello sgocciolato, dove le api vengono bagnate con una soluzione di acido ossalico disciolto in una soluzione zuccherina.
Il secondo metodo, che è stato introdotto recentemente, è quello della somministrazione sublimata, essa viene praticata riscaldando i cristalli di acido ossalico ad una temperatura inferiore ai 130°C.
I fumi che si scatenano sono però nocivi per l’uomo, quindi è bene prendere le giuste precauzioni.Acido Formico
Questo acido, essendo molto più forte, ha la capacità di entrare anche dentro alle cellette opercolate delle api così da uccidere anche la Varroa che è presente nella covata.
In alcuni stati nordici, dove la temperatura non si alza troppo (soglia massima 27°C), hanno fatto dei sacchetti al cui interno vi è una spugna impregnata con l’acido formico. Questa sostanza evapora molto lentamente e uccide le Varroe senza danneggiare le api, nei nostri climi questo trattamento è poco usato poichè basta un’innalzamento della temperatura ambientale che tutta la covata è a rischio.Acido Lattico
Tale acido è stato il primo ad essere usato, andava diluito nell’acqua e spruzzato sulle api.
Raccomandazioni finali
Prima di portare a casa delle api sarebbe bene procedere al censimento obbligatorio. Non è una pratica a pagamento e permette di risparmiarsi una multa che va dai 150 ai 200 euro qualora la forestale arrivi in apiario e riscontri la mancanza di tale documento.
Le schede per il censimento sono reperibili nelle cooperative o associazioni apistiche, vanno compilate e fatte firmare da un veterinario.In agricoltura non esiste un’altro investimento che nel giro di 2/3 anni si ripaghi completamente come fa l’apicoltura.
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Gen 04 2014 Arnie razionali
Cosa si intende per arnie razionali?
Per arnie razionali si intende il ricovero che l’uomo fornisce alle api da lui allevate.
Da quando l’uomo ha iniziato l’allevamento delle api sono stati utilizzati i più svariati materiali per fornir loro un ricovero adeguato.Esistono due categorie di arnie razionali o a favo mobile, ideate quasi contemporaneamente a metà del secolo scorso, in America dal reverendo Langstroth ed in Germania da Berlepsch.
Dal primo gruppo, dette americane, fanno parte tutte le arnie in cui i favi si estraggono dall’altro, del secondo gruppo, dette tedesche, fanno parte le arnie in cui i favi si estraggono dal retro, uno dopo l’altro.
Caratteristica comune di queste arnie è di possedere un fondo, un nido, uno o più melari, una soffitta ed infine un tetto.
Le arnie a favo mobile sfruttano una caratteristica biologica delle api che le induce a propolizzare (spargere la propoli, una sostanza resinosa) gli spazi attraverso i quali non riescono a passare, a costruire ponti di cera in quelli superiori ai 9 mm ed a lasciare intatti spazi compresi fra i 7 ed i 9 mm.Nelle arnie razionali quindi si inducono le api a costruire i favi entro telaini di legno che, introdotti nell’arnia, lasciano uno spazio di circa 8 mm fra i bordi esterni e le pareti, stessa cosa avviene tra favo e favo.
Tutte le arnie di tipo americano derivano dall’originale modello Langstroth, successivamente modificato in più riprese. In Europa si è maggiormente diffuso un modello prima modificato da Dadant e successivamente da Blatt.
Da questo modello, detto Dadant-Blatt deriva il modello italo-Dadant-Blatt da cui discende l’arnia più diffusa in Italia, standardizzata al Congresso Nazionale di Brescia: l’Italica-Carlini.
Oggi ne esistono due versioni fondamentali, a fondo mobile ed a fondo fisso con portichetto, così detta “da nomadismo”. Entrambe le versioni esistono da 10 e da 12 telaini.Costruire un’arnia
Oltre che comprare arnie già confezionate e pronte all’uso è possibile assemblare da soli o commissionare il lavoro ad un falegname procurandosi un progetto standard.
Descriverò di seguito le misure interne che occorre rigorosamente rispettare per avere delle arnie standard e soprattutto utilizzabili:A) Schema costruttivo Italica-Carlini a 12 telaini “sedentaria” B) Schema costruttivo Italica-Carlini a 10 telaini “da nomadismo”
Il fondo è mantenuto sollevato dal piano di appoggio da due listelli, misura 580 x 500 x 20 mm; su tre lati (escluso l’anteriore) sono inchiodati tre regoli (15 x 25 mm) sui quali si appoggerà il nido che lascerà così un’apertura di 15 x 450 mm per il passaggio delle api. Questa viene poi regolata da un’apposita assicella o grata metallica.
Il nido è una cassa quadrangolare misurante all’interno 450 x 450 mm ed alta 308 mm. In alto, sugli spigoli interni di due pareti opposte, il nido presenta 2 scanalature si 18 x 15 mm per la sospensione dei telaini. Nel caso i telaini si facciano appoggiare su delle reggette metalliche provviste di distanziatori queste andranno sollevate di 5 mm e quindi le scanalature dovranno misurare 23 x 15 mm.
Il melario è una cassa delle dimensioni del nido (450 x 450 mm) ma alto la metà (154 mm) e pure provvisto delle scanalature per i telaini (18 x 15 mm).
La soffitta o coprifavo è costituita da tavole che unite misurano 500 x 500 mm per 15 mm di spessore e possono essere mantenute unite da 4 regoli posti sui bordi.
La soffitta può essere provvista di un foro di 40 mm per la somministrazione di nutrimento.
Il tetto può essere a doppio spiovente o piano; negli ultimi anni, per la sua praticità, per il minor costo e per la possibilità di sovrapporre le arnie durante il trasporto, si è andato affermando quello piano. Esso è costituito da una intelaiatura in legno (556 x 556 x 100 mm) chiusa da un foglio di masonite, il tutto ricoperto da una lamiera di ferro zincato o di alluminio opportunamente ripiegata.
Nella versione da nomadismo a 10 favi le misure restano invariate tranne che per la larghezza che invece di 450 mm si riduce in tutte le sue parti a 375mm. Il portichetto anteriore può essere chiuso durante il trasporto con una reticella sostenuta da un apposito telaio.Materiali da costruzione
Il materiale da costruzione di gran lunga più utilizzato in apicoltura è il legno.
Per ragioni pratiche ed economiche, il legno di abete è quello che riscuote i maggiori consensi.
Le tavole debbono essere di prima scelta (senza nodi) e ben stagionate (per evitare spiacevoli deformazioni), dello spessore di 25 mm. Tale spessore però dopo la piallatura spesso si riduce a 22-23 mm.
Trattandosi di un prodotto naturale, esposto all’aria ed alle intemperie, il legno va soggetto a deterioramento, per questo è necessario proteggerlo.
Il metodo più antico di protezione del legno è quello della verniciatura. Un tempo venivano usate esclusivamente vernici ad olio (principalmente all’olio di lino cotto). Oggi il mercato ci mette a disposizione una gamma di prodotti molto vasta, tra cui:
Vernice all’olio di lino cotto, Carbolineum, Catrame, Vernici sintetiche, Cera minerale e Propoli.Telaini
I telaini, identici nelle due versioni, sono formati da un listello superiore o portafavo ( 470 x 28,5 x 20 mm) provvisto alle estremità inferiori di due incastri di 26,5 x 10 mm, da due montanti laterali (290 x 28,5 x 9 mm) e da una traversa inferiore (417 x 22 x 10 mm) più stretta per non danneggiare le api e gli altri favi quando i telaini vengono estratti dalle arnie. Le dimensioni esterne risultano così di 470 x 300 mm.
Quelli del melario differiscono per essere più bassi, 146 mm contro i 300 mm di quelli da nido e i montanti laterali quindi misurano 136 x 28,5 x 9 mm.Tutte le misure fin qui elencate possono essere variate senza inconvenienti a patto che vengano rigorosamente rispettate quelle interne dell’arnia e quelle esterne dei telaini.
Di questi due modelli base di arnia esistono innumerevoli varianti, fra cui le più importanti sono quelle provviste di grata forata sul fondo e di fascette laterali per il bloccaggio dei melari e della soffitta.
Arnie fai-da-te
In questo articolo descrivo come sia possibile creare delle arnie fai-da-te con strumenti non professionali.
Fonte: “Le Api – Biologia, allevamento, prodotti” di Alberto Contessi