Coconta

api

  • Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella.

    Ciao a tutti,
    ansiosi di vedere quale sia la sorpresa che vi avevo promesso?? Beh dovrete attendere un altro pochino poiché purtroppo non è ancora pronta nel compenso, però, è finalmente iniziata la stagione apistica 2017.
    Le api sono in gran fermento da fine febbraio per raccogliere polline (la loro fonte primaria di proteine) da portare alla covata che piano piano aumenta con l’avvicinarsi inesorabile delle grandi fioriture.

    Una delle prime piante a fiorire, oltre a quelle da frutto, è il bianco spino il cui nettare e polline è davvero molto apprezzato dalle api.
    Questo video l’ho girato la seconda settimana di Marzo:

    Le famiglie si stanno sviluppando bene, purtroppo non ho foto delle arnie poiché le temperature non permettevano di tenerle aperte molto durante le visite.
    In compenso ho dedicato un pochino del mio tempo per invadere la privacy delle nostre amiche (e non solo) mentre si adoperavano per racimolare un pochino di cibo.

    Un bel bottino con i fiori del pero!!

    Un bel bottino con i fiori del pero!!

    È stato abbastanza divertente scovare tra i fiori e l’erba che si sta sviluppando in questa stagione altre specie di insetti impollinatori come questa mosca:

    Mosca impollinatrice??

    Mosca impollinatrice??

    È stato un immenso piacere trovare sui fiori di Tarassaco un’altra specie di ape, di cui non conosco il nome, ma ancora più sbalorditivo era il carico di polline che portava nelle proprie zampe (molto di più rispetto a quello che le nostre apette portano di solito:

    Come pesano le zampe!!

    Come pesano le zampe!!

    Mentre camminavo per il prato ancora bagnato dalla rugiada, ho notato del colore rosso spiccare in mezzo al verde smeraldo dell’erba.
    Si trattava di una coccinella che si stava riposando dopo la nottata appena trascorsa, l’ho immortalata subito perché troppo bella:

    Buongiorno signorina maculata. Dormito bene?

    Buongiorno signorina maculata. Dormito bene?

    Prima di lasciarvi vi mostro l’ultima foto che ho scattato prima di andare via dall’apiario:

    Qua si mangia o no??

    Qua si mangia o no??

    Il prossimo post spero di farvi vedere lo stato anche all’interno delle mie famiglie, tempo permettendo.
    Non mi resta che salutarvi e augurarmi di riuscire a postare nuovamente molto presto.

    Ciao a tutti, bzzz!!

  • Se desideri conoscere il divino, senti il vento sul viso e il sole caldo sulla tua mano.

    Ciao a tutti,

    nonostante non scriva da più di un mese in questo blog (purtroppo gli impegni continuano ad aumentare invece che a diminuire) questo non significa che la mi avventura con le api si sia fermata, ANZI‼

    Ci eravamo lasciati con la cattura di uno sciame partito dall’arnia arancio ed introdotto nell’arnia verde, bé la stagione è entrata nel vivo tanto è che l’acacia (o robinia), una delle fioriture più importanti per gli apicoltori Italiani, ha fiorito ed ha permesso alle famiglie più forti di andare a melario e depositare un pochino di miele per l’apicoltore, ma procediamo per gradi poiché ci sono stati diversi cambiamenti:

    Siccome il numero di famiglie nel mio apiario è aumentato ed ho deciso di utilizzare sempre gli stessi tre colori per le arnie, sono stato costretto ad identificarle con un codice, così le arnie presenti sono diventate:

    • 13A01 –> Arnia blu
    • 13A02 –> Arnia arancio (da cui è partito lo sciame)
    • 13A03 –> Arnia verde (dove è ospitato lo sciame)
    • 16A01 –> Arnia arancio (dove ho spostato il nucleo)
    • 16A02 –> Arnia blu (creata dalla divisione della 13A01)
    • 16A03 –> Arnia verde (creata dalla seconda divisione della 13A01)
    • 16A04 –> Arnia arancio (creata dalla prima divisione della 13A02)

    Vediamo lo stato di ogni arnia, da dove eravamo rimasti fino alla visita avvenuta in data 18/06 per verifica dello stato generale.

    13A01 – Arnia blu

    Questa famiglia, se vi ricordate, era molto ben popolata ad inizio aprile, aveva costruito celle reali che opportunamente ho rotto (in gergo scellare) diverse volte per evitarne la sciamatura. A metà Aprile, precisamente il 15/04, ho deciso di dividerla in due comprando una regina feconda da inserire nelle metà della famiglia che sarebbe rimasta orfana, così da creare una nuova famiglia.

    Api regine arrivate!

    Api regine arrivate!

    In questo modo è nata la famiglia che è stata riposta nell’arnia 16A02 azzurra di cui parleremo in seguito.

    Da quel momento ho alimentato la famiglia con 1 litro di sciroppo (1:1 di acqua e zucchero) ogni 3 giorni per stimolare la deposizione della regina e riuscire, nell’arco di 40 giorni, ad avere nuovamente la famiglia su 10 telai per procedere ad un’ulteriore divisione.

    Senza alcun intoppo, la regina ha seguito quanto mi aspettavo che facesse e così, con una settimana di anticipo, ho deciso di dividerla nuovamente il 13/05, creando così la famiglia 16A03.

    Vista frontale 13A01

    Vista frontale 13A01

    Anche questa volta le nuove famiglie orfane hanno ricevuto una regina nuova, feconda, mentre le vecchie famiglie hanno mantenuto la vecchia regina.

    A questo punto, essendo arrivati oramai a Maggio inoltrato, ho deciso di non alimentare le famiglie, così da lasciare alle regine il ritmo di deposizione, ma sopratutto ne ho approfittato per eseguire un intero ciclo di acido ossalico gocciolato (un rimedio non molto fastidioso per le api) per ridurre il carico di Varroa Destructor (un acaro che affligge le nostre api in maniera endemica) molto alto.

    Tale ciclo di ossalico ( 4 somministrazioni, a una distanza di 7 giorni) si è concluso con la visita odierna del 18/06 e posso confermare che la varroa non sembra essere presente nella arnie trattate.

    13A01

    13A01

    Lo stato attuale della famiglia è molto promettente poiché presidia 8 telai, di cui 4 sono di covata, 2 sono fogli cerei in costruzione e gli altri 2 di scorte che hanno raccolto durante i vari periodi di fioritura.

    13A02 – Arnia arancio

    Questa famiglia aveva deciso di sciamare alla fine di Marzo, sciame che, fortunatamente, sono riuscito a recuperare formando così un’altra famiglia. Ci eravamo lasciati che tale arnia aveva due celle reali opercolate, ovviamente ho evitato di visitare tale arnia per un mesetto per non rischiare che la famiglia sopprimesse la nuova regina pur di proteggerla.

    Ho comunque continuato a vegliare sul volo che veniva effettuato dalla parte frontale dell’arnia e anche dal vassoio antivarroa, tramite il quale ho realizzato che la famiglia potesse contenere sia camule (i vermi della cera) che molta varroa.

    Aspettandomi il peggio ho aperto la famiglia scaduti i termini ed invece sono stato piacevolmente sorpreso nell’osservare che la regina era presente, tanto è che l’ho marcata bianca (2016), e che l’intera famiglia godeva di buona salute presidiando 10 telaini di cui 8 di covata.

    Avendo paura che sciamasse nuovamente, ho messo il melario, nel quale non sono salite per depositare neppure una goccia di miele e il 13/05 ho proceduto alla prima divisione di questa famiglia andando a formare la famiglia 13A04.

    Ovviamente quando si divide una famiglia è opportuno, per non perdere tutte le bottinatrici nel nuovo nucleo, spostare la famiglia appena creata a più di 3 km dal proprio apiario, così ogni volta le porto in collina a godersi un po di panorama.

    Panorama apiario 2

    Panorama apiario 2

    Le sorprese che questa arnia mi ha portato durante la stagione corrente non sono terminate qua, infatti durante l’ultima visita di maggio mi sono reso conto che l’arnia presentava una spiccata presenza di api affette dalla sindrome delle ali a K.

    Attualmente la famiglia si trova su 6 telaini, di cui 3 di scorte e 3 di covata. Ad essere sinceri questa situazione si sta perpetuando da 2 settimane, se alla prossima visita non dovesse migliorare la situazione è consigliabile considerare anche una sostituzione di regina.

    13A02

    13A02

    13A03 – Arnia verde

    L’obbiettivo, come ho ripetuto più volte, per la stagione 2016 è quello di arrivare ad avere un patrimonio apistico di circa 10 arnie alla fine della stagione, così da affrontare il prossimo anno con una marcia in più.
    Questa arnia rappresenta il piacevole inconveniente che non era stato preso in considerazione durante la pianificazione dei lavori.

    Come abbiamo detto è nata dal recupero dello sciame generato dalla 13A02, quindi contenente la vecchia regina presente in quella famiglia.

    Nel giro di pochissimo tempo la famiglia ha costruito i fogli cerei che le avevo (cosa tipica degli sciami) e piano piano si è sviluppata senza l’ausilio di alimentazione di supporto. Tanto è che il 30/04, qualche giorno dopo la fioritura dell’acacia, sono riuscito a mettere loro il melario per la raccolta.

    13A03 con melario

    13A03 con melario

    Purtroppo quest’anno il clima non è stato dei migliori e i continui scrosci d’acqua non hanno permesso una buona raccolta di tale miele, tant’è che, terminata la fioritura, il melario era pieno a metà e non per nulla opercolato dalle api (segno che la preziosa sostanza zuccherina ha raggiunto la giusta percentuale di umidità).

    Scegliendo di fare un buon millefiori invece che poca acacia, ho lasciato il melario alla famiglia, pensando che continuasse ad importare il miele giorno dopo giorno, ma invece a circa due settimane di distanza ho aperto il melario ed ho scoperto che non era affatto presidiato.

    Allarmato da questo comportamento ho proceduto ad una visita il 22/05 e, trovando celle reali le ho levate, non facendo caso che non era presente covata fresca (errore da principiante quale sono).

    Così la visita successiva, il 28/05, non trovando covata fresca ho inserito un telaio di covata freschissima (di 1 o due giorni) nella speranza che si facessero una nuova regina.

    Effettuando qualche settimana dopo una visita per verificare che la famiglia avesse abbozzato una cella reale, mi sono dovuto ricredere quando ho trovato covata (femminile) opercolata e nessuna cella, probabilmente la famiglia ha proceduto con una sostituzione di regina e io ho mancato di levare una cella reale, fortunatamente.

    13A03

    13A03

    Così in data 11/06 ho piacevolmente costatato che il melario era di nuovo presidiato e la quantità di miele importata stava aumentato sensibilmente e, nella visita odierna non ho fatto altro che aggiungere un secondo melario poiché il primo oramai straripa di miele.

    Interno primo melario

    Interno primo melario

    16A01 – Arnia arancio

    Vi ricordate il piccolo e gracile nucleo creato da un mix di qualche telaino preso dalla 13A01 e 13A02 ad inizio stagione? Beh, si è irrobustito ed ora non ha nulla da invidiare alle altre famiglie, tanto è che attualmente si trova su 9 telai (quello più a sinistra non è presidiato) di cui 6 sono di covata e ora devo decidere se la prossima settimana lo voglio dividere o gli metto il melario per mandarlo in produzione questi due ultimi mesi.
    Non è una decisione facile da prendere, m probabilmente opterò per la divisione per avere più probabilità di superare l’inverno con un bel numero di famiglie.

    16A01

    16A01

    E’ sbalorditivo vedere come le api e la natura stessa possano fare grandi cose anche dal niente. Questa famiglia è quella che sento più mia in quanto l’ho creata, la regina non l’ho comprata e ora è pronta, al suo massimo splendore. Proprio un bel successo.

    16A02 – Arnia blu

    Questa arnia è stata la mia prima volta in molte cose, era la prima volta che dividevo una famiglia in due, è stata la prima volta che ho dovuto inserire una regina presa da un altro apicoltore, la prima volta ad avere la famiglia che non accetta la regina e per questo la uccide.
    Insomma, ho molte emozioni legate anche a questa arnia e mi dispiacerebbe molto vederla non superare l’inverno.

    Tornando a noi, lasciando le sviolinate a qualcun altro, dopo aver creato questa famiglia ed averla prima portata nel secondo apiario per poi averla riportata nell’apiario principale, ha sempre continuato a svilupparsi.

    Ora come ora conta la bellezza di 6 telai di cui 3 di covata, 2 di scorte e un foglio cereo in costruzione.

    16A02

    16A02

    16A03 – Arnia verde

    Famiglia prodotta dall’ultima divisione si sta sviluppando bene, ha accettato senza problemi la regina che le ho inserito e ha un carattere particolarmente mansueto, più delle altre che non è che siano chissà quanto aggressive.

    La famiglia ora conta 7 telai presidiati di cui 4 covata, 2 scorte e 1 foglio cereo in costruzione.

    16A03

    16A03

    Anche la struttura dell’arnia stessa, nella quale è contenuta la famiglia, ha retto bene essendo venuta un pochino sbilenca quando l’ho costruita. E’ ancora presto per sapere se ho fatto un bel lavoro con quelle arnie, solo dopo almeno un inverno saprò se le api vivono bene all’interno di tale abitazione.

    16A04 – Arnia arancio

    Famiglia, anch’essa, prodotta dall’ultima divisione e si sta sviluppando bene. Anche questa ha accettato la regina introdotta senza fare troppe storie. Non resta che vedere se continuerà sulla buona strada oppure no.

    16A04

    16A04

    Come vi avevo anticipato all’inizio di questo post, la stagione sta avanzando anche se a causa del maltempo non pochi apicoltori hanno avuto problemi di produzione, molto inferiore rispetto agli anni passati.

    Io, avendo concentrato tutta la mia stagione apistica sul crearmi delle belle fondamenta: con delle famiglie forti ed aumentando il numero di famiglie, non ho subito questo particolare smacco.

    Chissà, magari il prossimo anno sarà migliore, o forse peggiore. Nessuno può, fortunatamente saperlo, quello che invece posso affermare per certo e di cui ne sono stra sicuro è che finché ci saranno fiori da cui prelevare le sostanze per cibarsi le api continueranno a volare. Spetta a noi essere umani, specie dominante sulla terra, a fare in modo che il loro cibo non termini per dei nostri capricci.

    Ape su un fiore di melograno

    Ape su un fiore di melograno

    Non mi rimane che salutarvi, augurandomi di riuscire a trovare il tempo molto presto per scrivere nuovamente in questo blog.

    Ciao a tutti, bzzz‼

  • I fiori della primavera sono i sogni dell’inverno raccontati, la mattina, al tavolo degli angeli

    Ciao a tutti,

    oramai sta diventando un’abitudine indesiderata quella di postare sporadicamente ma, purtroppo, mi si sono accumulate diverse cose (non solo apistiche) che non mi consentono di dedicare il tempo che vorrei a questo blog.

    Questa settimana sono riuscito finalmente a visitare le due famiglie con la mia prima vera visita di fine inverno e ho costatato che sono entrambe in ottima forma e che attendono con ansia le fioriture che non solo forniscano polline in abbondanza, come quelle di questo periodo, ma che forniscano nettare da poter trasformare e immagazzinare.

    La visita non è stata programmata, quindi non avevo con me la macchina fotografica per immortalare qualche momento e poter condividere con voi la bellezza di tale momento.

    Quello che è emerso dalla visita è che entrambe le famiglie hanno ancora scorte sufficienti (due telaini a testa) per poter affrontare il clima inclemente tipico di questo periodo (almeno nella mia zona) e abbastanza in forza (avendo circa 7 telaini di covata) per affrontare l’oramai prossima stagione.

    Capisco benissimo che questo post è un pochino scarno, ma vi prometto che la visita di sabato prossimo (tempo permettendo) sara documentata e ricca di dettagli.

    Dandovi appuntamento al prossimo e sicuramente più accattivante post, vi auguro una serena settimana. Bzzz!!

  • In natura non ci sono né ricompense né punizioni: ci sono conseguenze.

    Ciao a tutti,

    contavo di scrivere questo post prima, ma come sempre non riesco a rispettare i buoni propositi che mi prefiggo che riguardano questo blog.

    Siccome è un pò che non vi parlo delle mie api ecco la situazione che mi si è parata davanti lo scorso fine settimana, quando, grazie ad una giornata fuori stagione, le temperature erano abbastanza alte da permettere almeno il volo di purificazione delle nostre amiche.

    Volendomi portare avanti con i lavori di falegnameria per non arrivare impreparato durante la stagione, vi ricordo che lo scopo di questo anno è arrivare a 10 arnie complessive partendo dalle mie famiglie e (se possibile) non acquistandone altre, mi sono recato in apiario al mattino presto, quando ancora il sole non aveva riscaldato l’ambiente.

    Per prima cosa ho controllato il cassettino dell’arnia arancio e ho notato che, oltre a qualche goccia di condensa dovuta alla presenza endemica di umidità dalle mie parti, il glomere (ovvero la sfera che le api formano per scaldarsi) si è instaurato al centro occupando 3 telaini principalmente.

    Vassoio arnia arancio

    Vassoio arnia arancio

    Ho così controllato il candito che gli avevo fornito come alimentazione di supporto, infatti preferisco fornire loro il nutrimento all’inizio dell’inverno e lasciare poi che utilizzino le loro scorte durante le ultime battute dell’inverno.

    Candito arnia arancio

    Candito arnia arancio

    Notando che il sacchetto che gli avevo fornito alla fine di dicembre era oramai terminato (o più precisamente nel giro di qualche giorno lo avrebbero ripulito a dovere.

    Dopo di che sono passato al controllo dell’arnia azzurra, sempre partendo dal vassoio antivarroa, dove, anche in questo caso seppure meno, vi era la presenza di condensa. La famiglia, come la sua vicina, presidia 3 telaini principalmente.

    Vassoio arnia azzurra

    Vassoio arnia azzurra

    Infine ho aperto il tetto per vedere come fosse la situazione del candito anche in questo caso e mi si è presentata più o meno la medesima cosa.

    Candito arnia azzurra

    Candito arnia azzurra

    Durante la mia essenzialissima visita non avevo le idee chiarissime sulla situazione delle due famiglie, anche perché essendo ancora presto non si vedeva nessun volo di purificazione e nessuna ape che cercava di nutrirsi con il candito.

    Col dubbio che forse potesse essere avvenuto il peggio sono tornato in laboratorio a procedere con i lavori di falegnameria e sono tornato verso mezzo giorno per levarmi ogni dubbio a riguardo.

    Con mia sorpresa ho trovato le api che bottinavano polline (il che sta ad indicare la presenza di covata) dalle poche piante fiorite in questa stagione:

    Polline!

    Polline!

    E quando ho aperto i tetti ho visto che la situazione si era ribaltata completamente, ovvero il sacchetto brulicava di api intente ad accaparrarsi un pochino di candito sia nell’arnia arancio:

    Candito arnia arancio con api

    Candito arnia arancio con api

    Sia in quella azzurra:

    Candito arnia azzurra con api

    Candito arnia azzurra con api

    Il che mi ha rialzato fortemente il morale, pur sapendo che il mese dove si gioca tutto deve ancora arrivare, infatti è solo a Febbraio che le famiglie o superano brillantemente l’inverno oppure periscono poiché l’asprezza della stagione le ha colte impreparate.

    Ottimista di pensiero e speranzoso nel cuore mi auguro di non dover più postare notizie così disastrose come l’anno scorso.

    Approposito di inverno, durante le feste mi sono recato sulle nostre fantastiche Dolomiti per rilassarmi avvolto da natura selvaggia e ritmi di vita molto ma molto differenti rispetto ai nostri. Per pura coincidenza a meno di un chilometro dal mio albergo si trovava un piccolo apiario, contenente una 30 di famiglie, che ho immortalato poiché sia la conduzione che la struttura delle casse è molto differente da quella praticata dalle mie parti.

    Apiario montano

    Apiario montano

    Mi sarebbe piaciuto scambiare due parole con l’apicoltore che curava tale allevamento ma, ovviamente, non si trovava in quel luogo appartato e ho potuto solo curiosare e fotografare le arnie presenti.

    Arnie montane

    Arnie montane

    Mi ha fatto molto riflettere vedere quei candelotti di ghiaccio sopra le arnie e pensare che all’interno di quelle case la temperatura non era inferiore ai 18°.

    Le Api, insetti che non smettono mai di sorprendermi.

    Per il momento è tutto, nella speranza di riuscire a postare sempre più spesso, vi auguro un buon fine settimana.

    Al prossimo post. Bzzz‼

  • La natura non è un posto da visitare. E casa nostra.

    Ciao a tutti,
    purtroppo, come è successo anche l’anno scorso il tempo per poter scrivere in questo blog si riduce drasticamente durante la stagione e mi ritrovo poi a dover fare dei mega riassunti. Mi dispiace e me ne scuso.

    Per prima cosa, vorrei iniziare questo articolo dicendovi che sono stato contattato dall’ente televisiva Arte per partecipare al documentario che sarà mostrato in occasione della conferenza sul clima (COP21) che si terrà a Parigi alla fine del 2015.

    Opération climat, questo il titolo del documentario, sarà realizzato con i migliori filmati che saranno pervenuti alla redazione da 47 paesi europei. Chi intende partecipare deve produrre un breve filmato della durata da uno a tre minuti con il proprio cellulare, tablet, fotocamera o videocamera. L’organizzazione invita a riprendere non solo i luoghi che si ritiene costituiscano zone privilegiate da preservare, ma anche a entrare in scena o a riprendere piante, animali o personaggi che si valutano importanti per quel determinato ambiente.
    Vi invito fortemente sia a partecipare con i vostri video che spargendone la voce il più possibile.

    Io ho già dato il mio contributo e vi riporto di seguito il video.

    Visita 20-06-2015

    Tutto il mese di giugno l’ho trascorso visitando le famiglie facendo attenzione che non andassero in febbre sciamatoria a causa delle scorte di miele che iniziavano ad essere considerevoli, controllando sempre che la salute fosse buona e che non vi fossero strane patologie che affliggessero le famiglie.

    Ape che bottina in un pò di iele

    Ape che bottina in un pò di miele

    Le due arnie non presentavano alcun problema e così ho potuto aggiungere i primi melari in maniera tale da dare spazio alle famiglie in piena espansione, così avrebbero raccolto del miele anche per il loro apicoltore oltre che per il superamento dell’inverno.

    Predellino di volo arnia arancio Predellino di volo arnia arancio

    Visita 11-07-2015

    Luglio 2015, uno dei mesi più caldi degli ultimi anni, le cui temperature alte insieme all’umidità hanno reso le visite negli apiari delle saune a cielo aperto, ma che per le nostre amiche api ha solo portato lavoro aggiuntivo poichè hanno dovuto ventilare maggiormente le arnie per poter mantenere la temperatura stabile a 35 °C.

    Arnia arancio che ventila Arnia arancio che ventila

    Arnia azzurra che ventila

    Arnia azzurra che ventila

    Nonostante il caldo l’attività delle bottinatrici non si è affatto fermata poiché le fioriture non aspettano nessuno, tanto meno delle api vagabonde.
    Durante tale visita ho potuto assistere alla fioritura del trifoglio che è abbondante nei dintorni dell’apiario e le api non lo disdegnano per nulla.

    Ape che bottina trifoglio Ape che bottina trifoglio

    Durante questa visita ho provveduto ad aggiungere un secondo melario all’arnia arancio poiché aveva oramai riempito tutto il primo melario e temevo che, non avendo più spazio sarebbe sciamata dopo, ovviamente, aver controllato lo stato delle famiglie che risultano entrambe in sfavillante forma.

    Visita 26-07-2015

    Dopo un riassunto grossolano vi racconto la visita di oggi (26-07-2015), una delle ultime con i melari sui nidi poiché conto di levarli la prima o al massimo la seconda di agosto, così da lasciare il restante miele di quel periodo alle scorte per l’inverno (in questo modo magari posso risparmiare di alimentare le api, pratica che non mi è mai piaciuta).

    Per prima cosa mi sono dedicato alla visita dell’arnia arancio, che ha su di se ben 2 melario, di cui uno praticamente pieno, l’altro senza neppure una goccia di miele ma utile per dare spazio alle api che altrimenti sentirebbero la necessità di sciamare.

    Melario arnia arancio

    Melario arnia arancio

    Alzati, senza non poca fatica, i due melari ho potuto osservare il nido e, già da subito, ho capito che la famiglia stava bene e che avrebbe continuato senza problemi la stagione, intuizione che è stata confermata dallo stato della covata che ho osservato.

    Covata arnia arancio

    Covata arnia arancio

    Stessa situazione, anche se con un melario in meno, per l’arnia azzurra.
    Ora non rimane che attendere le prime settimane di agosto per levare i melari ed iniziare a trattare le famiglie per la varroa così da aiutarle con la prima fase dell’invernamento.

    Episodio degno di nota a cui ho assistito è stata una lotta all’ultimo sangue tra una giovane ape e una giovane vespa. La vespa ha decapitato la malcapitata ape che negli spasmi della morte ha ricambiato la sua aguzzina con la stessa moneta. Davvero impressionante la natura.

    Vespa vs ape Vespa vs ape

    Non mi rimane che ricordarvi che potete trovare tutte le foto delle mie visite agli apiari su Flickr.com e salutarvi, augurandomi di riuscire a postare più frequentemente visto che la stagione si sta concludendo.
    Bzzz‼

  • Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto.

    Ciao a tutti,

    la primavera è iniziata da oramai più di un mese ma fa male vedere che nel proprio apiario non vola neppure una piccola ape. Le arnie, che durante l’inverno erano macchie sfavillanti di colori accesi immersi nella campagna spenta, riposano in magazzino completamente ripulite e soprattutto piene solamente di telaini con miele e polline che le precedenti inquiline non sono riuscite a consumare.

    Ebbene sì, come avrete ben capito, anche le altre due arnie non hanno superato l’inverno appena trascorso. Ho ricercato la motivazione per sfuriate settimane analizzando con estrema cura le arnie nella loro interezza. Siccome può capitare a tutti, soprattutto all’inizio, di commettere errori voglio condividere questa mia analisi con voi.

    Il primo indizio rilevante è che le famiglie di sono spente una alla volta, a distanza di qualche settimana l’una dall’altra, e non tutte contemporaneamente, questo mi fa escludere un avvelenamento o qualche malattia molto aggressiva.

    All’interno delle arnie era tutto in ordine, non vi era sporcizia o feci e quindi anche il nosema (malattia che colpisce l’intestino delle api) lo si può escludere.

    Le api per la maggior parte sono morte all’interno dell’arnia, spesso rimanendo anche aggrappate al telaio dove hanno trascorso gli ultimi attimi della loro esistenza.

    Situazione telaino con api morte aggrappate e covata sparsa.

    Situazione telaino con api morte aggrappate e covata sparsa.

    Come potete vedere anche dalla foto riportata, vi era presenza di covata, anche se sparsa, quindi non si può neppure affibbiare la colpa ad una regina che non faceva il suo dovere.
    La posizione della api su quel telaino mi fa presupporre che siano morte a causa del freddo, il loro numero deve essere diminuito gradualmente fino arrivare al punto nel quale non riuscivano ne a tenere la covata al caldo, ne a scaldarsi tra di loro.

    Il freddo è sicuramente la mano gelida dell’assassino che ha compiuto il delitto, ma chi è il mandante? Chi ha deciso che queste famiglie dovessero perire?
    Purtroppo questa foto non lascia scampo al colpevole:

    Particolare di un vassoio antivarroa

    Particolare di un vassoio antivarroa

    Ebbene sì, nonostante i miei precedenti sopralluoghi in apiario non mi sono accorto che i trattamenti che avevo effettuato per la varroa erano stati troppo leggeri e questo ha portato al vero e proprio collasso delle famiglie.

    Quindi concludendo il mandante di tutta questa brutta situazione è stata la mia inesperienza che ha permesso all’acaro di distruggere tutto l’apiario.

    Ho riflettuto a lungo, le domande sono state molteplici, ma non posso lasciare che una singola sventura mi allontani da questo mondo, quindi non demordo e, dopo aver già ordinato due nuovi nuclei, sono pronto ad affrontare il 2015 con sicuramente più esperienza ma soprattutto con una gran voglia di riscatto.

    Ci sentiamo presto con l’arrivo dei due nuovi nuclei in apiario.

    Al prossimo post, bzzz‼

  • Abbiamo di che vivere con ciò che prendiamo, ma costruiamo una vita con ciò che doniamo.

    Ciao a tutti,

    quest’anno non è di certo andato come previsto. Sono finalmente riuscito a ritagliarmi qualche minuto di tempo per poter postare in questo blog. Come state?

    Nell’ultimo post di metà luglio la situazione era stabile, il nuovo nucleo stava crescendo bene e velocemente e il tutto mi faceva sperare in un bel raccolto di miele.

    Ahimè le cose non sono andate come previsto, infatti l’arnia verde ha (giustamente) pensato alle proprie scorte non riuscendo a salire a melario, l’arnia blu (a causa dell’orfanità) ha intasato il nido con il miele, infatti quando la regina è divenuta feconda non vi era abbastanza spazio per iniziare la deposizione e questo ha rallentato di molto questo nucleo, mentre l’unica ad essere andata in produzione è stata l’arnia arancio che nel complesso ha raccolto ben 16 kg di miele.

    Costruzione smielatore auto costruito

    La prima settimana di Agosto ho avuto le ferie e, sapendo che almeno un melario era pronto, poiché completamente opercolato, mi sono rimboccato le maniche per costruire lo strumento che mi avrebbe aiutato in questa importante operazione.

    Lo smielatore è formato da un bidone di latta, una barra filettata, due cuscinetti a sfera con tanto di staffa, due cerchi da bicicletta, due barre e relativi terminali e tantissime viti e bulloni.

    Materiale smielatore auto costruito

    Materiale smielatore auto costruito

    Assemblare il tutto è stato abbastanza semplice, nulla che un flessibile, un trapano e le chiavi inglesi non possano fare. Per prima cosa ho rovesciato il bidone sotto sopra in maniera tale da avere i tappi nella parte sottostante e poi, con il flessibile, ho tagliato il fondo all’altezza che ritenevo più giusta.

    Una volta fatto ciò ho preso la barra filettata e con l’aiuto di alcuni bulloni ho fermato i due cerchi alla distanza che mi consentiva di incastrarci dentro un telaino da nido senza che esso si muovesse troppo.

    Fase 1 - tagliare barile e fissare cerchi

    Fase 1 – tagliare barile e fissare cerchi

    Alla fine ho concluso il tutto fissando le barre, mantenendole incrociate volutamente, al bidone e fissando la barra filettata con i cerchi ai cuscinetti a sfera che avrebbero facilitato la rotazione senza porre nessun attrito.

    Fase 2 - Fissaggio del tutto

    Fase 2 – Fissaggio del tutto

    Dopo un sacco di lavaggi con prodotti chimici e dopo altrettanti risciacqui ho controllato che non vi fossero residui e ho proceduto con la smielatura agganciando nella parte alta dello smielatore un trapano elettrico.

    C’è da dire che con telaini pieni occorre fare attenzione con il trapano e dosare la potenza gradualmente poiché se se ne eroga subi troppa si rischia di distruggere i telaini inseriti, cosa che infatti è successa alle prime due cavie inserite.

    Terminata questa fase ho travasato tutto dentro a due pentole in acciaio inox lasciando il miele a riposare, coperto, per circa 15 giorni, dopo i quali ho provveduto all’invasamento.

    Il tempo passa, vola..

    Da agosto fino alla settimana scorsa il clima è sempre stato per la stagione calda e soleggiata quindi la situazione in apiario non è mai cambiata, fino a che non è arrivato il primo freddo e a quel punto nei nuclei sono scomparse tutte le covate maschili che fino ad una settimana prima erano presenti, poi quando le temperature hanno iniziato a scendere anche la notte la regina ha iniziato a rallentare la deposizione di operaie fino proprio a cessarla questa settimana.

    Visita del 25-10-2014

    L’ultima visita che ho effettuato è stato sabato 25 ottobre e la situazione è ben delineata in tutti i nuclei, ovvero, le api stanno spostando le scorte di miele tutte da una parte poiché abbandoneranno il prima possibile i telaini più esterni, ma passiamo alla situazione dettagliata famiglia per famiglia:

    Arnia verde

    L’arnia verde, contenente la famiglia che è sciamata (con la regina vecchia), presentava un cassettino sporco solamente nella parte sinistra il che significa che le api stanno lavorando maggiormente in quel lato )anche perché è presente ancora il diaframma che le tiene su 7 telaini. Già da questa visione ho capito che a destra dello spazio a loro disposizione vi erano le scorte e che avrebbero dovuto traslocarle per poter passare l’inverno senza effettuare molta strada per recuperare il cibo.

    Fondo anti-varroa arnia verde

    Fondo anti-varroa arnia verde

    Aprendo l’arnia ho avuto conferma di quanto avevo supposto e in più ho notato la totale assenza di covata fresca, ma la presenza solamente di covata opercolata.

    Arnia verde

    Arnia verde

    La regina, sentenziosa, deve aver sentito il cambio climatico e ha deciso di attendere qualche tempo prima di deporre altre uova, entrando il quella fase chiamata “blocco di covata” e nel quale si effettuano i trattamenti contro la varroa (presente in quantità notevole in questa arnia intuibile anche dalla quantità di acari morti nel cassettino.

    Arnia azzurra

    L’arnia azzurra, contenente la famiglia che ha “subito” la sciamatura e che ha provveduto a farsi una nuova regina è quella che possiede più scorte di tutte, ma si sta comportando nella stessa maniera, ovvero sposta il miele per averlo più vicino durante l’inverno.

    Estraendo il cassettino da questa arnia mi sono stupito, in negativo, poiché ho trovato un pugno di api morte che non vi sarebbero dovute essere.

    Fondo anti-varroa arnia azzurra

    Fondo anti-varroa arnia azzurra

    La causa di questo fenomeno non mi è chiara anche se ho formulato alcune ipotesi, ho comunque richiesto i pareri di altri apicoltori e non appena avrò notizie più certe rispetto a delle ipotesi fatte da un principiante sarà mia premura avvisarvi.

    Per ora posso solo dire quello che è certo, ovvero che anche questa arnia ha una quantità abbastanza elevata di varroa che sarà spazzata via dai trattamenti effettuati probabilmente settimana prossima, che le scorte si trovano sempre nella parte destra della famiglia ma che le api si stiano preparando a passare l’inverno nel lato sinistro.

    Inoltre ho cercato di effettuare uno scatto ravvicinato al vassoio così da rendere ben visibili le varroe, che sarebbero i piccoli scudi marrone-rossi presenti tra i detriti, che vi riporto qui sotto.

    Ingrandimento per varroe

    Sono ben visibili più di una varroa, ma ce ne una al centro della foto che si nota velocemente, si trova a destra del truciolo giallo di polline.

    Quel che non vi ho detto è che quando sono arrivato in apiario questa arnia presentava ben due intrusi, il primo era un ragno enorme e ancora vivo appollaiato sul retro dell’arnia la cui ragnatela era talmente robusta che ho fatto fatica io stesso a staccarla dalla parete per riporlo qualche decina di metri più lontano.

    Primo intruso, un bel ragno!

    Primo intruso, un bel ragno!

    Mentre la seconda intrusa era questa misteriosa farfalla (credo che sia una falena notturna) che ha incastrato la resta nella porticina dell’alveare, probabilmente incuriosita dal tepore che emanava e, dopo essere stata aggredita dalle api, è perita in quella posizione.

    Secondo intruso, una felena!?!?

    Secondo intruso, una falena!?!?

    Fa comunque riflettere come l’ape non abbia paura di creature molto più gradi di lei (basti pensare che attacca anche l’uomo se infastidita) e che riesca a uccidere creature che sono anche 20 volte lei, come il caso di questa falena.

    A sinistra la falena (senza testa) a destra un'ape

    A sinistra la falena (senza testa) a destra un’ape

    Comunque la famiglia al suo interno si è manifestata forte e in pieno lavoro di preparazione per l’inverno, quindi neppure i due intrusi o il misterioso evento che ha fatto perire quel pugno di api, hanno intaccato l’equilibrio instaurato nel nucleo.

    Arnia arancio

    Questo nucleo non smette mai di stupirmi, appena arrivate nel mio apiario mi ha colpito la loro aggressività, poi la loro produzione di miele ed infine la totale assenza di varroa che ho riscontrato nel fondo durante l’ultima visita.

    Fondo anti-varroa arnia arancio

    Fondo anti-varroa arnia arancio

    Naturalmente non sono così stolto da credere che non vi sia per nulla, anzi potrebbe essere anche più infestata delle altre due famiglie, ma mi ha fatto specie ritrovare dopo due settimane un cassettino completamente pulito.

    Come le altre due arnie, anche questa si sta preparando per l’inverno spostando le provviste e avendo fermato la deposizione delle uova, quindi non mi rimane che trattarla per la varroa e vedere se effettivamente ne era priva o semplicemente sono meno capaci di spulciarsi a vicenda.

    Arnia arancio

    Arnia arancio

    Una cosa che ho introdotto in una delle visite di fine luglio sono le clip colorate per differenziare gli anni dei telaini, in modo da effettuare la giusta rotazione che vede il rinnovarsi di due telaini ogni anno così da avere al massimo telaini vecchi 5 anni. Questo modo di operare fa parte delle buone pratiche apistiche che riducono i rischi di malattie come, ad esempio, la peste americana ed europea.

    L’estate sta finendo e il sole se ne va..

    Con l’arrivo dell’inverno e della fine della stagione apistica credo che una riflessione sia d’obbligo sia per analizzare il mio primo anno in apicoltura, sia per comprendere che cosa mi ha arricchito in questo primo anno di avventura.

    Quello che non mi immaginavo assolutamente all’inizio di tutto questo trambusto è che si è realizzato oltre ogni mia aspettativa è quanto le api e l’apicoltura in generali muti in continuazione, puoi visitare le api e dopo una sola settimana tornare a visitare lo stesso nucleo e trovare tutto sconvolto, capovolto, mischiato, confuso.

    Un mondo davvero interessante, impossibile da comprendere a pieno, ma bellissimo da ammirare e soprattutto da vivere.

    Il momento che mi è rimasto più nel cuore e quello che porterò per sempre con me è stato quando sono andato a raccogliere le api che erano sciamate: svegliarmi la mattina con il sorgere del sole, recarmi in apiario prima di andare a lavorare, trovarle strette, unite in un solo essere, scrollarle, sconvolgere il loro equilibrio, indirizzare la regina dentro al cassettino, ammirare come si richiamavano a vicenda, chiudere il cassettino, portarle lontano, andarle a riprendere una settimana dopo, travasarle. Magnifico, davvero l’esperienza più bella che mi potesse capitare.

    Brr.. che freddo.. non disperdiamo calore!

    Brr.. che freddo.. non disperdiamo calore!

    Ora non mi resta che prepararle al meglio per l’inverno, scrollando da loro tutto il carico di varroa che anno accumulato  questo mese e aiutarle con l’alimentazione nel caso ne necessitassero.

    Spero di riuscire a far passare questa temibile stagione a tutte e tre le famiglie e riprendere sia con il blog che con l’apicoltura a inizio stagione.

    Un piccolo rammarico però ce l’ho, quello di non essere riuscito a postare ad ogni visita effettuata in apiario, pazienza, sarà l’obbiettivo per l’anno prossimo.

    A presto, bzzz!

  • Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.

    Ciao a tutti,
    come oramai di abitudine devo scusarmi per non essere riuscito a postare regolarmente ogni qualvolta ho effettuato una visita, ma, per impegni vari e periodo particolarmente frenetico, non ho avuto modo di avvicinarmi alla tastiera per condividere con voi la mia esperienza.

    L’ultimo post che avevo scritto riguardava l’arrivo dei due nuclei nel mio apiario, da allora ogni settimana ho effettuato la consueta visita per capire lo stato delle famiglie e anche per prendere la mano con quelle piccole routine che accompagnano ogni apicoltore per tutta la durata della sua avventura.
    Quando i nuclei sono arrivati erano composti da 5 telaini: due di scorte e tre di covata.

    Già alla prima visita essendo ancora in piena fioritura dell’acacia ho introdotto due foglie cerei per arnia, in questo modo le famiglie si sarebbero espanse fino ad occupare 7 telaini.
    Nella visita della settimana successiva ho scoperto, con straripante felicità, che avevano costruito, tutte e due le famiglie, entrambi i fogli cerei che avevo introdotto, ma non essendo ancora utilizzati se non per quale pallina di polline sparsa qua e la ho deciso di lasciare decantare la situazione.
    Purtroppo non ho ne foto ne video che testimoniano queste visite poiché essendo le prime volte volevo concentrarmi più sulle api e sui gesti da compiere che sull’immortalarle.

    Nella visita del 24/05 conclusa la fioritura dell’acacia, ho riscontrato una presenza massiccia di scorte e per questo ho deciso di introdurre altri due fogli cerei per portare le famiglie ad occupare 9 telaini.
    Durante questa visita sono riuscito ad avvistare entrambe le regine e, anche se era vi era presenza di covata fresca, questo mi ha rincuorato ulteriormente e mi ha fatto sperare per il meglio.
    Sono riuscito, anche se con una qualità non molto alta a filmare parte della mia visita, ovvero quella sulla cassa arancione, che ho costatato essere un pochino più aggressiva rispetto l’azzurra.

    Trascorsa un’ulteriore settimana eccoci arrivati alla visita avvenuta il 31/05/2014 e nella quale ho costatato, oltre allo stato generale della famiglia, se avessero costruito o meno i fogli introdotti la settimana precedente.

    Arnia Azzurra
    Come oramai d’abitudine ho ispezionato prima l’arnia azzurra che, essendo di natura più tranquilla, non mi crea grossi problemi. C’è da dire che la giornata non era molto favorevole in quanto la notte aveva piovuto forte e il sole incominciava a penetrare tra le nubi proprio quando visitavo l’apiario, inoltre ogni tanto si alzava qualche folata di vento freddo che infastidiva le api.

    Arnia azzurra vista dall'alto

    Arnia azzurra vista dall’alto

    L’arnia azzurra che era partita più deboluccia rispetto all’arancione ora ha raggiunto lo stesso livello di popolazione e anche a livello di telaini di covata è sullo stesso livello, ovvero possiede i due telaini più esterni con ricche scorte di miele e polline, mentre in quelli centrali è presente una gran quantità di covata che al momento dello sfarfallamento (ovvero quando un’ape completamente formata esce dalla cella che era stata precedentemente opercolata dalle compagne) ricoprirà abbondantemente ogni telaino, costringendomi probabilmente a posizionare il melario poiché altrimenti avrebbero troppo poco spazio per muoversi.

    Telaino di covata opercolata

    Telaino di covata opercolata

    Durante la mia visita ho potuto anche costatare la presenza di fuchi (i maschi delle api) che scorrazzavano liberamente per i telaini producendo ogni tanto il loro caratteristico ronzio, molto diverso da quello prodotto dalle ali delle operaie.
    Con la macchina fotografica ne ho voluto immortalare uno il cui ronzio sovrastava spesso quello degli altri, tanto caratteristico che mi ha permesso di scovarlo nel telaino ed catturarlo, sono da notare le dimensioni rispetto alle operaie, si vede che è stato alimentato bene.

    Fuco un pò in carne

    Fuco un po in carne

    Prima di richiudere quell’arnia ho notato un’ape solitaria stranamente scusa, non so dire se si tratti di una ape anziana, di un’individuo affetto dal mal di maggio oppure se appartiene alla fantomatica casta delle api “ladre” di cui parlava il mio tutor durante il corso, fatto sta che mi ha incuriosito e vedrò di informarmi su che cosa sia realmente.

    Ape stranamente scura

    Ape stranamente scura

    La visita all’arnia azzurra mi ha rivelato che la famiglia si trova in splendida forma e che ha costruito in maniera del tutto normale (anche se tagliando un pochino il foglio in prossimità dei fili maggiormente scoperti) i due telaini con foglio cereo che gli avevo precedentemente introdotto.
    Speriamo che prosegua con questa marcia.

    Arnia Arancione
    Per quanto riguarda l’arnia arancione, sono rimasto un pochino perplesso rispetto alla sua aggressività, poiché prima di addossare alla genetica la colpa voglio eliminare ogni altro fattore possibile. Prima dell’ultima visita ho provato a lavare la tuta da lavoro per vedere se fosse l’odore del veleno che le infastidiva ma non ho ricevuto i risultati sperati, durante la visita ho controllato che non vi fosse una cella reale perché credevo in una possibile sciamatura, ma, oltre aver rimosso la cella dove era uscita la regina attuale (che era ancora presente) non ne ho trovate altre.
    Ho visto anche la regina che continua a deporre in maniera regolare e senza problemi evidenti, quindi credo che l’ultima mossa fattibile sia l’immissione del melario per vedere se è un problema di sovraffollamento, anche se non credo.
    Per questa visita ho preferito fare un video in maniera tale da permettervi di gettare un’occhio, oltre al mio, dentro a quest’arnia.

    Nella seconda metà del video mi vedete allontanare poiché si stavano arrabbiando parecchio, infatti se osservate i pochi instanti che seguono il mio movimento per allontanarmi vedrete una flotta partire in volo e gettarsi verso la mia direzione.
    La tuta e i guanti hanno fatto il loro dovere, ma vorrei arrivare a non doverli usare perché possiedo delle api molto tranquille e pacifiche, col tempo spero di riuscirci (ovviamente non addomesticandole, ma selezionando le famiglie più docili qualora dovessi fare delle regine).

    Detto questo non mi rimane che salutarvi e darvi appuntamento a settimana prossima. Bzzzz!

  • Forse il nostro universo si trova dentro al dente di qualche gigante..

    Ciao a tutti,
    è da qualche tempo che non scrivo in questo blog della mia avventura.
    Il motivo di questo sostanziale silenzio stampa era dovuto al fatto che la mia avventura con le api non aveva ancora fatto il primo battito d’ali nel volo solitario, almeno fino ad ora.

    Finalmente dopo la conclusione del corso base sull’apicoltura tenuto dall’associazione forlivese apicoltori (A.F.A. per gli amici) e le tre lezioni pratiche che mi hanno permesso, oltre che di mettere per la prima volta le mani dentro una famiglia, soprattutto di conoscere altri ragazzi interessati a questo mondo e con cui sono sicuro si instaurerà una bella collaborazione, se non un’amicizia.

    Detto questo passiamo alle cosa importanti:
    da qualche tempo avevo ordinato i due nuclei che vorrei condividessero con me tutto questo percorso da un apicoltore di Bologna, il quale mi ha trasmesso da subito una straripante passione e una professionalità unica.

    Con immensa gioia e trepidazione da parte mia, ci accordiamo per effettuare il ritiro Domenica 4 Maggio (unico giorno non bersagliato da temporali, acquazzoni ed intemperie di ogni sorta), così preparo il tutto, svuoto il camioncino della ditta di mio padre a alle 18.30 io e la mia morosa partiamo con meta Bologna.

    Attraversato il traffico spinoso del centro città, del tutto non abituale per dei provincialotti come noi, arriviamo nelle campagne Bolognesi e ci fermiamo dopo qualche minuto di ricerca davanti ad un cancello altissimo, degno di una reggia.
    Iniziamo, temendo di non trovare il luogo dell’incontro, a cercare di capire nel navigatore dove dovevamo andare, ma solo quando il cancello si aprì ed uscì un ragazzo con in mano la maschera tipica dell’apicoltura capii che ci eravamo fermati nel punto giusto per puro caso.

    Una piccola esploratrice

    Una piccola esploratrice

    Passati i soliti convenevoli, decidiamo di aspettare che il volo delle operaie cessi per rischiare di chiudere fuori il minor numero possibile di api.
    Impacchettate di tutto punto e legate con cura nel retro del camioncino prendiamo, consapevoli del nostro prezioso carico, la via del ritorno.

    Arrivati in apiario, senza troppe difficoltà, scarico i due nuclei ancora tutti sigillati e li posiziono sopra le arnie nelle quali poi dovranno essere trasferite l’indomani.
    Essendo già molto tardi e le tenebre avevano avvolto il mondo già da diverso tempo, mi limito solamente ad aprire le due porticine e mi allontano, dopo aver fatto qualche scatto (ovviamente).

    Nuclei appena approdati in apiario

    Lunedì 5 Maggio mi sveglio presto e mi dirigo, ancora elettrizzato per aver portato le mie prime due famiglie nell’apiario, a lavoro.

    Ebbene sì, non ho potuto (sebbene volessi) andare subito dalla api ed effettuare il trasloco, ma ho dovuto aspettare di rincasare la sera dall’ufficio.
    Fiondato come un matto in apiario, mi sono vestito ed ho acceso l’affumicatore consapevole che avevo il tempo giusto prima che il sole tramontasse.

    Armato di buona lena e consapevole che l’obbiettivo non era una visita accurata delle due famiglie, ho iniziato a spostare il nucleo dell’arnia arancio:
    l’ho appoggiato a terra lentamente, ho aperto interamente l’arnia facendo spazio per i 5 telaini che la famiglia già aveva costruito e utilizzava.
    Con estrema cura e cercando di mantenere le mani più ferme possibili ho inserito nell’arnia la famiglia cercando di recare meno danni possibili, ma questo trauma così imponente giunto sul far della sera ha fatto si che le api si agitassero e anche convulsamente.
    Dopo aver aggiunto due fogli cerei (quindi da costruire) tra le scorte e la covata, su suggerimento dell’apicoltore che me le ha fornite, ho richiuso l’arnia e mi sono allontanato di qualche metro facendo in modo che la quiete riprendesse possesso negli animi.

    La quiete dopo la tempesta...

    La quiete dopo la tempesta…

    Una volta ristabilito un minimo di ordine mi sono recato nuovamente vicino alle arnie, questa volta è stato il turno dell’arnia azzurra.
    Anche in questa famiglia le operazioni da compiere erano le medesime, purtroppo anche questo intervento ha causato diverso scompiglio anche se in maniera leggermente inferiore.

    Allontanatasi la minaccia (ovviamente, io) il tutto è tornato calmo e pacifico nel giro di una decina di minuti, tant’è che quando sono tornato a riprendere i contenitori di cartone le operaie era tutte rincasate, e le poche addette al turno di guardia sbirciavano dalla porticina senza dare troppo peso alla mia presenza.

    Giornata intensa, operazioni importanti portate a termine in breve tempo e soprattutto senza intoppi (speriamo).

    In conclusione e da quello che ho potuto osservare nel breve tempo che ho visitato la famiglia mentre spostavo i favi, ho due bei nuclei anche se quello azzurro un pochino più deboluccio rispetto allo straripante arancio.
    Questo fine settimana, tempo permettendo, effettuerò una visita come si deve per capire lo stato di entrambe le famiglie, fino ad allora:

    Buon lavoro‼ Sia alle api, che a voi e, non vedo perché no, anche a me.

    Bzzzz‼

  • Patologie delle api – Lezione 7

    L’ultima lezione di questo corso tratterà l’argomento “patologie delle api”, purtroppo capitolo molto importante, vasto e in continua evoluzione. In questa lezione saranno riassunte le nozioni essenziali, giusto per dare un’infarinatura generale.

    P.s.
    Per chi volesse c’è una petizione di Greenpeace che riguarda le api da vicino, se tenete al mondo che vi circonda il minimo che potete fare è firmare.
    Trovate tutte le informazioni e la possibilità di firmare digitalmente a questo indirizzo: http://salviamoleapi.org/

    Acariosi

    Si tratta della più grave malattia delle api adulte e fa parte di quelle malattie la cui denuncia è obbligatoria (la denuncia va effettuata all’autorità sanitaria locale secondo quanto disposto dall’art.154 del vigente Regolamento di Polizia veterinaria).
    L’agente della malattia è un’acaro della famiglia dei Tarsonemidi: l’Acarapis woodi Rennie. Ha forma sub-ovale e dimensioni microscopiche.

    Acarapis woodi al microscopio elettronico

    Acarapis woodi al microscopio elettronico

    Presenta un certo dimorfismo sessuale, con la femmina leggermente più grande. A differenza della maggioranza degli acari, che sono ectoparassiti, l’Acarapis è un endoparassita che vive nell’apparato respiratorio (trachee) delle api adulte di tutte e tre le caste.
    La malattia viene trasmessa dalla femmina feconda che penetra nelle trachee toraciche delle giovani api operaie nei primi 9 giorni di vita attraverso gli stigmi, ancora sufficientemente aperti, del 1° segmento toracico.
    Qui l’acaro depone le uova, in media 5 o 6 fino ad un massimo di 10. Dall’uovo si sviluppa una larva che attraverso lo stadio di ninfa diviene adulta in 11-14 giorni.
    Inizialmente il parassita rimane localizzato nel primo tratto della trachea da cui è entrato, ma poi si irradia nel sistema respiratorio circostante moltiplicandosi ulteriormente ed occupando il 1° paio di trachee toraciche.
    Quando il numero di acari diviene considerevole le trachee vengono ostruite dal parassita e questo provoca carenza di ossigeno all’ape. In inverno ed in primavera gli acari escono dalle trachee delle vecchie api e si installano alla base delle ali dove si accoppiano, in tal modo ledono le articolazioni delle ali i cui movimenti cessano di essere coordinati e le api non riescono più a volare.
    Le ali battono staccate, quando invece abitualmente sono agganciate l’una all’altra, ed a volte assumo una caratteristica forma a “K”.
    L’evacuazione delle feci che normalmente avviene in volo, non può aver luogo, l’addome si dilata e le api finiscono per morire.

    Sintomi

    I sintomi visibili dell’acariosi non sono caratteristici, simili come sono a quelli provocati da altre malattie o da intossicazioni: tremori e movimenti convulsivi del corpo , incapacità a volare, ritenzione delle feci, difficoltà anche a camminare; spesso si aggrappano alle erbe in prossimità dell’alveare per morire in lenta agonia.
    Durante l’estate le operaie vivono meno di 6 settimane e la loro morte naturale sopraggiunge prima della seconda generazione del parassita, quindi i sintomi della malattia non compaiono e solo il microscopio può svelare la presenza dei parassiti. Le loro punture provocano infatti degli ispessimenti scuri nelle trachee facilmente individuabili.

    Trachea infestata di un'ape

    Trachea infestata di un’ape

    In autunno, ma soprattutto durante l’inverno, le api vivono molto più a lungo e se alcune di esse sono colpite la malattia si manifesterà in pieno da maggio a giugno.
    Una colonia le cui api siano infestate al 50% prima dell’inverno, non ha alcuna speranza di sopravvivere.
    Anche le regine possono ospitare l’acaro, tuttavia anche nei casi più gravi, pur perdendo le ali, continuano comunque a deporre.

    Profilassi e cura

    Quando in un apiario si scoprono una o poche famiglie acariosate, soprattutto se la scoperta si effettua in autunno quando difficilmente una famiglia avrà la possibilità di sopravvivere o se ci si trova in una zona fino a quel momento esente da acariosi, se ne consiglia la distruzione. Questa va effettuata la sera, quando tutte le bottinatrici saranno rientrate, per asfissia delle api con annessa cremazione delle stesse e recupero dei materiali.
    Negli anni sono state utilizzate numerose sostanze per la lotta all’acariosi. Allo scopo in Italia era stato dapprima registrato il clorobenzilato, poi il bromopropilato, che è stato impiegato anche per la lotta alla Varroa.
    Dopo che è stata segnalata la possibilità di controllare l’acariosi col mentolo e con l’avvento della Varroa, sono aumentati gli studi nei confronti degli oli essenziali, soprattutto perché hanno dimostrato efficacia anche nei confronti del nuovo acaro.

    Varroasi

    Si tratta di una pericolosissima malattia che colpisce sia la covata che gli adulti; viene trattata a questo punto perché è causata da un’altro acaro, Varroa destructor, specie appartenente alla famiglia Varroidae.
    La Varroa destructor in origine era parassita dell’Apis cerana, alla quale non arreca particolari danni, in quanto si riproduce prevalentemente a spese della covata maschile, riuscendo così a convivere, anche grazie a particolari comportamenti di pulizia messi in atto dalle operaie.
    L’occasione che ha consentito alla specie di passare sull Apis mellifera è stata offerta negli anni ’40, quando api europee furono introdotte in Asia Sud-Orientale per aumentare la produzione di miele.

    Varroa destructor al microscopio elettronico

    Varroa destructor al microscopio elettronico

    Eziologia e ciclo biologico

    La V.destructor, a differenza di Acarapis woodi, è di dimensioni piuttosto cospicue e le femmine sono facilmente distinguibili ad occhio nudo. Sono di color bruno-rossiccio, di forma ellissoidale ed appiattita, a prima vista si potrebbero confondere con la Baula coeca, dalla quale si distinguono per avere quattro paia di zampe invece che tre e per aver il corpo più largo che lungo.
    L’acaro possiede un apparato boccale pungente-succhiatore e si comporta da ectoparassita per tutta la durata della sua vita, sia a spese della covata sia a spese degli adulti.
    V. destructor è caratterizzata da un notevole dimorfismo sessuale, i maschi sono bianchi-grigiastri più piccoli delle femmine e di forma più allungata.

    Femmina e maschio di V. destructor durante l'accoppiamento

    Femmina e maschio di V. destructor durante l’accoppiamento

    Essi muoiono entro pochi giorni dalla nascita, di solito più o meno al momento dello sfarfallamento delle api. I maschi adulti non possono assumere cibo in quanto le loro appendici boccali sono trasformati in organi atti al trasferimento delle spermatofore, contenenti gli spermatozoi, nelle vie genitali delle femmine.
    Il ciclo biologico della varroa è sincronizzato con quello delle api. Quando le femmine sono prive di covata le varroe femmine svernano sul corpo delle operaie, normalmente infossate tra le lamine centrali dei segmenti dell’addome. Possono rimanere in questa situazione anche per sei mesi, in attesa che nell’alveare ricompaia la covata. Quando in primavera riprende l’allevamento di covata da parte delle api, anche le varroe riprendono il loro ciclo riproduttivo, ma non lo fanno all’improvviso, sembra invece che la ripresa sia estremamente graduale.
    La riproduzione avviene esclusivamente all’interno della covata opercolata. Le femmine adulte penetrano all’interno delle celle contenenti larve di apri prossime all’opercolazione, quando le larve hanno 6-9 giorni se femminili, 7-10 se maschili. Qui, protette dall’opercolo nel frattempo apposto dalle operaie, si nutrono sul corpo dell’ape in via di sviluppo e depongono le uova.
    Le varroe, figlie e vecchie fondatrici, abbandonano le celle attaccate al corpo delle api che sfarfallano. Le varroe possono compiere fino a 7 cicli riproduttivi, dopo di che muoiono di vecchiaia, tuttavia la maggior parte depone solo una volta e la percentuale che depongono tre volte è già molto bassa.

    Ciclo vitale della varroa

    Ciclo vitale della varroa

    Dinamica della popolazione di Varroa

    Ipotizzando che un ciclo riproduttivo completo si compia mediamente in 17 giorni (5 giorni sulle api adulte e 12 entro la covata femminile o 3 giorni sulle api adulte e 14 giorni entro la covata maschile), durante la stagione riproduttiva (circa 7 mesi) si possono concludere circa 12 cicli.
    E’ stato calcolato che gli acari che si sviluppano in celle da operaia hanno un coefficiente di moltiplicazione pari a 1.3, quelli che si sviluppano in cella da fuco di 2.6; in assenza di fattori limitanti, teoricamente una varroa presente all’uscita dell’inverno si moltiplicherà secondo il seguente schema:

    Come si è detto lo schema è teorico, in quanto occorre tener conto della mortalità naturale delle varroe, delle possibilità che a volte non venga depositato l’uovo maschile, ecc..
    Ci si rende dunque chiaramente conto che la dinamica di sviluppo della popolazione di varroa è enormemente variabile. Se da un lato si può affermare in maniera semplicistica che mediamente la popolazione raddoppia mensilmente, dall’altro, per la complessità dei fattori in gioco, è assolutamente impossibile prevedere a priori la dinamica dello sviluppo di una popolazione nel singolo alveare.

    Rapporto varroa-ospite

    La varroa si muove e riesce a riprodursi nell’alveare molto agevolmente pur essendo cieca. Oltre alle vibrazioni, essa utilizza principalmente l’analisi degli “odori” dell’alveare per essere guidata nei suoi spostamenti e nelle sue attività.
    Prima di tutto l’acaro ha bisogno di riconoscere e distinguere le api adulte a seconda delle loro funzione all’interno dell’alveare. Le nutrici sono di fondamentale importanza, perché sono utilizzate dalla varroa come autobus per raggiungere la covata di età idonea ad essere parassitata.

    Effetti della parassitizzazione sulle api

    E’ stato stimato che per ogni femmina di Varroa presente durante lo sviluppo dell’ape l’ospite perda il 3% dell’acqua del suo corpo. Ciò significa che mediamente il peso di api nascenti infestate da Varroa risulta ridotto dal 6.3 al 25%.
    Le api parassitate emergono con più bassi livelli di concentrazione di proteine nella testa e nell’addome , dell’ordine del 20% e con più bassa concentrazione di carboidrati nell’addome. La concentrazione di lipidi non sembra invece alterata dalla presenza di varroa.
    In queste condizioni l’aspettativa di vita delle api è ridotta del 50%. Tuttavia ciò non è sufficiente a spiegare l’alta mortalità ed il collasso che inevitabilmente sopraggiunge ad un alveare poco tempo dopo l’arrivo della Varroa.
    L’8.5% delle api nascenti mostra deformazioni, ma tale valore è funzione del numero di acari presente nelle celle. Api con deformità evidenti quali riduzione di taglia, atrofia dell’addome, malformazione del pungiglione, delle ali e e delle zampe, nonché riduzione e disfunzione di svariate ghiandole sono comunque rinvenibili in tutti i livelli di parassitizzazione e ciò fa presumere che altri fattori possano essere coinvolti.
    Acari posti su api contenenti nell’emolinfa un marcatore radioattivo acquistano il marcatore in 24 ore. E’ stato così possibile calcolare che ogni femmina adulta consuma 0.67mg di emolinfa in 24 ore.
    In primavera le api parassitate presentano una riduzione degli emociti del 30% e un tenore di acidi nucleici nei tessuti muscolari significativamente ridotto.
    Esse presentano anche nell’emolinfa un numero doppio di batteri rispetto ad api non parassitate.
    E’ stato dimostrato che il marcatore radioattivo viene ritrasmesso alle api sulle quali l’acaro si va successivamente a nutrire, a conferma che la varroa è un importante vettore di patogeni per le api.

    Ape parassitata da una varroa destructor

    Ape parassitata da una varroa destructor

    L’infestazione da varroa può avere riflessi anche sul sistema immunitario dell’ape, col risultato di una più bassa capacità di difesa, che rende le api maggiormente suscettibili a svariati patogeni. Anche sui fuchi si verifica una diminuzione di peso proporzionale al numero di acari presenti nella cella. In taluni casi si può assistere alla nascita di mini fuchi dalla funzionalità assai dubbia. E’ stato verificato che i fuchi nati da celle parassitate non sono quasi mai presenti nelle zone di fecondazione, hanno un’attività di volo ridotta e meno sperma rispetto ai fuchi non parassitatati.

    Sindrome da acari

    La presenza costante della varroa può condurre a quella che è stata definita “sindrome da acari”. Questa sindrome sembra in qualche modo associata alla trasmissione da parte degli acari di diversi virus. Essa può risultare devastante per la colonia. Sia le api adulte che la covata possono risultarne colpite. Alcune dei sintomi associati alla sindrome, che possono manifestarsi in qualsiasi periodo dell’anno, ma con maggior frequenza in tarda estate sono i seguenti:
    Nelle api adulte:

    • riduzione della popolazione;
    • api con evidenti difficoltà di volo che lasciano l’alveare strisciando;
    • sostituzione della regina;
    • presenza anche di acari tracheali;
    • api che lasciano in massa l’alveare anche in autunno inoltrato o inizio inverno.

    Nella covata:

    • covata irregolare;
    • sintomatologia simile a peste europea, peste americana, covata a sacco (questi sintomi possono sparire a seguito di trattamento con acaricida);
    • alcune larve risultano fuori posto nella celletta, altre liquefatte sul fondo della stessa;
    • presenza di larve di color bruno, come nei primi stadi della peste americana, che però non presentano viscosità;
    • in alcuni casi è osservabile la formazione di scaglie friabili e facilmente asportabili.

    Nessun odore tipico è associato alla sindrome e all’esame al microscopio le larve colpite non presentano particolare flora microbica. Particolarmente insidioso è il periodo in cui le api cessano di allevare covata maschile, che fino a quel momento ha attirato la maggioranza delle varroe.

    Contagio

    Parlare oggi di contagio è anacronistico, in quanto la malattia è endemica nel nostro territorio e capillarmente diffusa.
    Gli acari si trasferiscono da apiario ad apiario e da un alveare all’altro tramite derive, saccheggi, trasferimento di fuchi, commercio di regine e sciami, raccolta di sciami, nomadismo, ecc..
    Anche le operazioni apistiche possono contribuire al trasferimento di acari da una famiglia all’altra, mentre non costituiscono fonte di contagio i prodotti delle api e le attrezzature apistiche, dal momento che in assenza di api le varroe muoiono nel giro di poco tempo.
    Gli alveari, anche se trattati, in determinate condizioni di vicinato od in presenza di saccheggio possono re infestarsi in maniera massiccia. Tale fenomeno risulta molto più consistente nel periodo autunnale e in certi casi in quello invernale con famiglie che vanno a saccheggiarne altre morenti o morte. La re infestazione risulta invece minima nel periodo primaverile.

    Valutazione del grado di infestazione

    Non è più neanche un ricordo il momento in cui, nei primi anni, la malattia era di difficile diagnosi. Oggi il livello di presenza degli acari è talmente alto che un’attenta osservazione delle api adulte permette di individuarne diversi.
    E’ invece tutt’ora molto importante valutare il grado di infestazione, perché da questo, in funzione al periodo dell’anno, può dipendere il futuro delle famiglie.
    Se in primavera/inizio estate disopercolando una decina di celle da fuco se ne trovano più di tre infestate da varroa, il livello di infestazione comincia ad essere preoccupante.
    Anche la valutazione della caduta naturale è in qualche modo d’aiuto. Si calcola che moltiplicando per 100 la media degli acari caduti giornalmente fornisca una stima attendibile del numero delle varroe presenti nell’alveare.
    Se in primavera/inizio estate si raggiunge una media di caduta superiore ai 5 acari al giorno il livello di infestazione è già pericoloso, in quanto 500-600 acari in questo periodo dell’anno condurranno ad un’infestazione autunnale insostenibile per la famiglia.
    Più avanti nella stagione si dovrà intervenire al raggiungimento di una caduta media giornaliera di circa 10 varroe.
    Per valutare il grado di caduta naturale, ma anche l’efficacia di un trattamento chimico, sono molto utili e pratiche le arnie con fondo a cassetto.

    Fondo antivarroa

    Fondo antivarroa

    Mantenere un basso livello di presenza della varroa minimizza molti problemi, è quindi importante provvedere alla disinfestazione quando si rende necessaria, indipendentemente dal periodo dell’anno. E’ invece uso consolidato di molti apicoltori attendere fino all’apporto di nettare per togliere melari e trattare le api, spesso all’ultimo momento.
    Questo modo di operare, che porta sovente ad intervenire su famiglie in precarie condizioni, può avere gravi ripercussioni l’anno successivo. In primavera, se avranno superato l’inverno, ci si troverà di fronte a famiglie deboli, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
    Per poter arrivare con buona tranquillità alla fine della stagione è indispensabile partire a primavera con un numero molto basso di acari (meno di 10). Successivamente, ad ogni visita, da metà anno in poi, dovrebbe essere effettuata una valutazione approssimativa del livello di infestazione in maniera da poter intervenire tempestivamente in caso di pericolo.

    Profilassi e cura

    Dal momento che come abbiamo visto, la malattia è endemica in tutto il territorio nazionale e presente in tutti gli apiari, occorre rassegnarsi all’idea di doverci convivere, contrastandola con appropriati mezzi, chimici, manipolativi e biologici.
    I metodi per combattere questo acaro si sono sviluppati nel tempo e si stanno evolvendo continuamente, occorrerebbe troppo tempo ad illustrarli tutti, quindi per questa volta ci limiteremo a dire che esistono trattamenti chimici, trattamenti meccanici e trattamenti biologici.
    (Provvederò a fare un’ulteriore post più avanti con tutti i mezzi più diffusi per la lotta alla varroa)

    Nosemiasi

    La nosemiasi è una delle 5 malattie contagiose la cui denuncia, in base all’attuale legislazione, è obbligatoria.
    E’ particolarmente diffusa nell’Europa settentrionale e centrale, in Italia, forse grazie al suo clima poco favorevole alla malattia, finora non era molto diffusa, attualmente invece, forse a causa del diffondersi della varroa, sta conoscendo un periodo di recrudescenza.

    Eziologia e caratteristiche

    L’agente eziologico della malattia è un protozoo (animale unicellulare), il Nosema apis, che vive e si moltiplica a spese delle cellule epiteliali del mesointestino (stomaco) delle api adulte.
    Non vengono invece mai colpiti gli stadi preimmaginali.

    Nosema apis al microscopio elettronico

    Nosema apis al microscopio elettronico

    Il Nosema trova condiziono ottimali di sviluppo a temperature comprese tra i 28 e i 35°C, non sopporta temperature superiori ai 37°C.
    In condizioni ideali compie il suo ciclo evolutivo in 3 o 4 giorni, alla fine del quale si trasforma in spora, forma di resistenza e propagazione.
    Quando le spore, ingerite con il cibo, giungono nel lime intestinale di un’ape adulta, germinano e danno origine ad una forma ameboide che penetra nelle cellule della parete mesointestinale dove si sviluppa, si evolve e si moltiplica nutrendosi del citoplasma cellulare. Alla fine si formano delle giovani spore che in breve tempo divengono mature.
    Data la rapidità di moltiplicazione del parassita che invade un numero sempre maggiore di cellule, in breve tempo tutto il tessuto attaccato risulta infarcito di spore.
    Man mano che l’epitelio mesointestinale viene rinnovato le spore vengono riversate nel lume dell’intestino e da qui espulse con le feci.
    Giunte all’esterno possono venir ingerite da altre api e il ciclo si chiude.

    Ciclo vitale del nosema

    Ciclo vitale del nosema

    Sulla resistenza delle spore le opinioni non sono concordi, in generale si può affermare che si conservano tanto più a lungo quanto più la temperatura è bassa e, secondo le condizioni, possono vivere da alcuni giorni a cinque anni.
    In una famiglia colpita da nosemiasi ogni ape può essere portatrice di circa 4 milioni di spore. Il naturale ricambio delle api aiuta a contenere o eliminare il livello di infestazione, in quanto le nuove nate non risultano soggette agli alti livelli di infestazione presenti nell’alveare, tuttavia il ricambio di api non è sufficiente a eliminare infestazioni superiori ai 4 milioni di spore per ape.
    In presenza di malattia solo al dieta con miele migliora i sintomi, mentre la nutrizione con altre sostanze zuccherine li peggiora.

    Sintomi e diagnosi

    L’azione del germe patogeno, pur colpendo solo l’intestino delle api adulte, si ripercuote su tutto l’alveare. All’inizio della malattia le api possono essere ancora attive, ma ben presto la loro attività rallenta e compaiono disturbi intestinali, a volte stitichezza, ma più spesso diarrea; le giovani nutrice colpite diventano incapaci, o quasi, di secernere la pappa reale, le bottinatrici svolgono un’attività inferiore fino a cessarle completamente; se si ammala anche la regina la deposizione di uova decresce fino a cessare nei casi più gravi.
    Nosema causa alle giovani api colpite un precoce comportamento di bottinamento. Le api infette mostrano un più alto titolo di ormone giovanile nell’emolinfa. In aggiunta alla mortalità di api indotta dal patogeno questo può portare ad una carenza di nutrici e a difficoltà del normale sviluppo delle famiglie.

    Spore di nosema contenute nell'intestino di un'ape

    Spore di nosema contenute nell’intestino di un’ape

    Ben presto le api colpite non possono più volare, si trascinano davanti all’arnia, si riuniscono in piccoli gruppi, tremano, proseguono la loro esistenza oramai paralizzate ed infine muoiono con le zampe rinchiuse sotto il torace.
    Tutti i sintomi che sono stati descritti tuttavia non sono sufficienti a caratterizzare con sicurezza la malattia. Solo la ricerca delle spore al microscopio nell’intestino medio o negli escrementi permette di diagnosticare la malattia con sicurezza.

    Contagio

    La nosemiasi si propaga all’interno dell’alveare attraverso gli escrementi delle prime api ammalante che contaminano per via orale tutta la popolazione.
    La diffusione da alveare ad alveare e da apiario ad apiario può avvenire attraverso la deriva delle operaie, i cambiamenti di arnia dei maschi, il saccheggio, l’alimentazione con miele contaminato, l’impiego di materiali o di attrezzi infetti, ecc..

    Prognosi e lotta

    La nosemiasi è una malattia che pur essendo causata da un agente patogeno ben individuato è condizionata da numerosi fattori esterni, tra i quali il clima e l’andamento stagionale rivestono un ruolo preminente. Nelle zone temperate la malattia si manifesta di solito a fine inverno e raggiunge il massimo in aprile-maggio per regredire drasticamente in luglio-agosto e poi ripresentarsi con una certa recrudescenza in autunno. Il parassita trova condizioni favorevoli di sviluppo quando la stagione è cattiva e le api hanno difficoltà a reperire nettare e polline.

    Segni di Nosmiasi all'esterno di un'arnia

    Segni di Nosmiasi all’esterno di un’arnia

    Peste americana

    È la più diffusa e grave malattia della covata e fra quelle la cui denuncia è obbligatoria.

    Eziologia

    La peste americana è causata da un batterio sporigeno, il Paenibacillus larvae.

    Paenibacillus larvae al microscopio

    Paenibacillus larvae al microscopio

    Dalla spora, in ambiente idoneo, si rigenera il batterio che, in condizioni ottimali, è in gradi di riprodursi in circa 30 minuti. Potenzialmente da un solo microbo, in 24 ore se ne possono formare 250 milioni e durante il ciclo di sviluppo all’interno di una singola larva se ne formano diverse migliaia di miliardi.
    Le spore sono rivestite da una membrana particolarmente resistente che le protegge dalle avversità ambientali. Nei favi vecchi possono mantenersi vitali per almeno 30 anni.
    Le spore per germoliare necessitano di un ambiente semi-aerobico che trovano nell’apparato digerente delle giovani larve, infatti le larve delle api, fino a 25 ore della nascita, sono il principale bersaglio del paenibacillus larvae. Le larve colpite muoiono immediatamente e debbono trascorrere 7 giorni prima che la larva risulti manifestamente ammalata, quando cioè è già stata opercolata.
    Al sopraggiungere della morte della larva i batteri si trasformano in spore.
    Per le larve delle api si stima che la DL50 (il quantitativo che causa la morte del 50% delle larve) del plarvae sia pari a 38 spore. Tuttavia, mentre sono sufficienti 10 spore per infettare larve di età inferiore alle 24 ore, ne occorrono più di 10 milioni per infettare larve di 4-5 giorni di età.

    Sintomi

    Identificare i sintomi della covata colpita da peste americana significa comparare eventuali anormalità con gli aspetti caratteristici della covata sana, pertanto per diagnosticare la peste americana è importante conoscere il normale processo di sviluppo delle larve.
    Normalmente non vi sono sintomi visibili fino a che la larva non muore, poco prima o poco dopo la trasformazione in pupa, cioè normalmente dopo l’opercolazione.
    Il primo sintomo osservabile è normalmente un cambio di colore dell’opercolo, che può assumere una colorazione più scura, fino ad apparire quasi nero. Le celle infette risultano anche leggermente umide, quasi oleose in apparenza, e caratterizzate da leggere depressione al centro.
    Percependo anormalità nella cella le api cominciano a rosicchiare l’opercolo per rimuoverne il contenuto. Questi fori hanno una forma più irregolare rispetto alle celle in fase di opercolazione e non ancora terminare e anche rispetto alle celle in cui la giovane ape comincia ad uscire.
    I sintomi della peste americana si trovano generalmente sulle larve di operaia, in rare occasioni sui fuchi, mai nelle celle reali.

    Esempi di buchi negli opercoli

    Esempi di buchi negli opercoli

    Le larve infette da peste americana si trovano generalmente sdraiate lungo la parete inferiore della cella. Larve infette non possono essere trovate nella posizione a C tipica delle larve più giovani, dal momento che il patogeno non uccide la larva prima che questa si sia sdraiata lungo la parete.
    Le pupe morte di peste americana presentano la caratteristica di avere la ligula estroflessa e prominente verso l’alto.
    Larve e pupe infette da peste americana hanno un odore tipico definito, simile alla colla da falegname o di pesce morto.
    Larve e pupe infette da peste americana manifestano in genere un’elevata viscosità. La viscosità della larva può essere individuata semplicemente inserendo uno stuzzicadenti nelle celle, se al momento dell’estrazione si forma un filamento di alcuni centimetri di color nocciola che, rompendosi, rientra elasticamente all’interno della cella, con ogni probabilità ci troviamo di fronte a questa malattia.

    Filamento elastico e viscoso

    Filamento elastico e viscoso

    Profilassi e lotta

    Purtroppo il solo metodo a tutt’oggi sicuramente in grado di controllare la malattia consiste nella soppressione delle famiglie colpite. Dispiace enormemente sopprimere le proprie api, come pure veder sopprimere quelle degli altri, ma occorre convincersi che si tratta del male minore, in quanto in tal modo aumenteranno le possibilità di salvare quelle ancora sane e di salvaguardare l’intero patrimonio apistico della zone.
    Tutte le api ed i favi contenenti covata di una famiglia colpita debbono essere distrutti mediante incenerimento. I restanti favi, le arnie ed i loro accessori, se sono ancora in buono stato, potranno essere sterilizzati. In caso contrario converrà distruggere l’intero alveare.

    Peste europea

    Per anni non si è stati certi sulla natura del microrganismo causa della malattia. Oggi si sa che la peste europea e causata da Mellissococcus pluton, un batterio non sporogeno, che all’osservazione al microscopio si presenta isolato, a coppie, in catenelle di varia lunghezza od in ammassi caratteristici.

    Melissococcus pluton

    Melissococcus pluton

    Pur non essendo in grado di formare spore è abbastanza resistente alle avversità ambientali. Può resistere circa un anno all’essiccamento, nel polline si conserva vitale per alcuni mesi e resiste almeno una ventina di ore all’azione diretta dei raggi del solari. Pur non essendo sporiglio, nei favi conservati in magazzino può rimanere vitale per diversi anni.
    La sede di riproduzione è l’intestino delle larve di qualunque tipo, dove trovano un ambiente ricco di anidride carbonica. Le larve si infettano per via orale con l’assunzione di cibo. Generalmente il contagio avviene nei primi 4 giorni di vita e le larve giungono a morte prima dell’opercolatura; solo nei casi più gravi le larve si possono contagiare successivamente al quarto giorno di vita ed allora muoiono dopo che le celle sono state opercolate ed è possibile rilevare opercoli inscuriti, depressi e forati, come nel caso della peste americana.
    Frequentemente però le larve non muoiono, ed i batteri sono scaricati alla base delle celle, dove possono rimanere vitali per anni. Le larve infette che sopravvivono restano più piccole e possono essere eliminate alle operaie, unitamente a quelle morte.

    Sintomi

    Una caratteristica importante ed utile per riconoscere questa malattia consiste nel fatto che le larve colpite spesso cambiano posizione ed invece di restare coricate su un fianco, a forma di C ed aderenti al fondo delle celle, si possono contorcere a spirale, allungare sul fianco, ripiegarsi a ponte mostrando verso l’alto della cella il dorso oppure le estremità.
    Le larve colpite precocemente in 2 o 3 giorni arrivano a morte. Inizialmente si forma una piccola macchia gialla vicino al capo che via via si estende lungo il dorso. Le larve perdono poi il loro riflesso bianco-bluastro madreperlaceo per diventare dapprima bianco opaco, poi giallastre ed infine giallo deciso.

    Larva colpita da peste europea

    Larva colpita da peste europea

    Dopo la morte la larva si inscurisce e si decompone, trasformandosi in una sostanza molle color cioccolata che, a differenza delle larve colpite da peste americana, non è ne viscosa ne filante. Questa massa seccandosi forma una scaglia di color ruggine scuro simile a quella della peste americana ma, a differenza di quest’ultima, facilmente asportabile dalle api.

    Stadi larva affetta da peste europea

    Stadi larva affetta da peste europea

    La covata si presenta nel suo insieme non compatta, con celle opercolate e aperte contenenti larve morte. Emana odori di varia intensità che possono essere di due tipo sostanzialmente diversi, secondo i batteri presenti: acido o putrescente.
    Quando la malattia non è molto sviluppata le api, specialmente quelle di razza ligustica, molto attive nella pulizia dei favi, possono riuscire a ripulire tutte le celle e la malattia può regredire spontaneamente fino a scomparire.

    Profilassi e cura

    La miglior profilassi per questa malattia, come in generale per tutte le malattie delle api, consiste nel mantenere le famiglie popolose e forti, curando che non restino mai senza provviste, polline compreso, proteggendole possibilmente dagli eccessivi sbalzi di temperatura. E’ inoltre molto importante evitare in ogni modo di introdurre in alveari sani materiale contagiante.
    Anche per la peste europea, come per le altre malattie della covata, è fondamentale compiere un’accurata visita primaverile in modo da riscontrare il più presto possibile l’insorgenza della malattia.
    Quando si riscontrano famiglie colpite da tale patologia, soprattutto se deboli o ci si trova in autunno, converrà senz’altro distruggerle. Se la malattia attacca famiglie particolarmente forti è possibile tentare la cura con due metodi totalmente diversi. Uno fa ricorso all’uso di antibiotici, l’altro, ricorrendo a particolari tecniche apistiche, si basa sull’interruzione della covata.

    Ape con maschera

    Ape con maschera

    Patologie secondarie

    Esistono tantissime altre patologie che possono colpire le nostre api, ma occorrerebbe creare una documentazione apposita poiché sarebbe una strada infinita da intraprendere.
    Per lo scopo che ci siamo prefissati, ovvero di dare un’infarinatura generale, le patologie trattate sono più che sufficienti e anche le maggiormente diffuse nel nostro territorio.

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