Coconta

La salvezza del mondo è nella natura selvaggia.Henry David Thoreau

Siamo continuamente bombardati da slogan come “le api stanno morendo”, “salviamo le api”.
Ma sappiamo veramente quali sono i motivi che si celando dietro questo potente grido di aiuto? Perché le api stanno morendo? E perché trovate sempre meno miele sui banchi dei piccoli apicoltori?
Vediamo insieme i motivi.

Le api stanno morendo per l'agricoltura intensiva

Agricoltura intensiva

L’agricoltura intensiva rappresenta la conversione di habitat naturali, in terreni adibiti a coltivazione o allevamento intensivi. Con lo scopo di soddisfare una domanda di mercato basata su enormi quantità, sul consumo di prodotti fuori stagione ed esteticamente belli, questo tipo di agricoltura si avvale di metodi poco rispettosi dell’ambiente e degli ecosistemi, tra cui l’utilizzo di pesticidi, insetticidi e monocolture, portando ad un’importante carenza di biodiversità.
Questi prodotti sono purtroppo alla base di un sistema alimentare non sostenibile e dispendioso, che non solo non può nutrirci sul lungo termine, ma contribuisce al cambiamento climatico.

bosco con biodiversità

Cos’è la biodiversità e perché è importante?

La biodiversità è la ricchezza della vita sulla terra e comprende tutto il mondo animale e vegetale, dalle più piccole alle più grandi forme di vita ed il loro patrimonio genetico.
Rientrano nella biodiversità la distribuzione di queste entità sul pianeta e tutte le loro interazioni. Più questi componenti saranno numerosi, più dinamiche saranno osservabili, più varia sarà la biodiversità.

Perché è fondamentale tutelarla?

Se in un ecosistema naturale c’è una scarsa biodiversità, questo ecosistema assume per definizione ecologica, la caratteristica di ecosistema fragile, instabile. La presenza di poche specie e una scarsa varietà genetica, lo rendono infatti più vulnerabile e più a rischio per la sopravvivenza.
Facciamo un esempio per capire meglio cosa intendiamo.
Se un fungo attaccasse l’unica varietà di patata coltivata in Italia e quella varietà non fosse resistente al fungo, questo tubero scomparirebbe completamente dalle nostre tavole. Se invece fossero presenti più varietà di patate e anche solo una di queste fosse resistente al fungo, quella coltivazione supererebbe la malattia, garantendone la sopravvivenza.
La diversità è la base della vita e le consente di evolversi e adattarsi ai cambiamenti.
In un ciclo naturale esistono nascita, trasformazione e fine. Ma negli ultimi decenni la velocità di estinzione è aumentata più di 1000 volte. Ci troviamo dentro un’estinzione di massa dove la causa principale è l’uomo.
Siamo noi a ridurre le foreste pluviali, a urbanizzare gli spazi, a sterilizzare la terra con prodotti chimici. Siamo noi a riversare tonnellate di plastica, insieme a liquami e veleni dell’industria nei mari e negli oceani.

Estinzione, senza precedenti

Quando sentiamo parlare di estinzione, pensiamo immediatamente a qualche animale selvatico, come ad esempio una tigre siberiana, o comunque a qualcosa di lontano da noi. L’estinzione non riguarda tuttavia solo il mondo animale, ma anche qualcosa di molto più vicino a noi, come centinaia di varietà di frutta e verdura.

Le api stanno morendo per i prodotti chimici

La scelta di aderire all’offerta di prodotti commerciali, ad una richiesta di mercato verso prodotti amati dai consumatori, sta precipitosamente portando all’estinzione di tutto il resto.
Scompaiono, ogni anno circa 27 000 specie di alimenti.
Basti pensare che oggi il 60% delle calorie su cui si basa l’alimentazione umana proviene da 3 cereali: grano, riso e mais. Le multinazionali ne coltivano la maggior parte, con distese di monocolture uniformi, trattate con prodotti chimici mirati a garantire un raccolto celere e abbondante.

Le api stanno morendo per le monoculture

Questo tipo di coltivazione, crea un sistema troppo fragile, caratterizzato come abbiamo visto da paesaggi monotipo, assenza di biodiversità, incapace di sopportare traumi in quanto incompleto.
In questi tipi di areale, le api, come gli altri insetti impollinatori, possono solamente soccombere.
Si tenga ben in mente l’abominio che avviene ogni anno negli enormi mandorleti della California, da dove deriva l’80% della produzione mondiale di mandorle. Le api vengono appositamente portate dagli apicoltori su grande richiesta, poiché tramite la loro impollinazione la produzione raggiunge livelli esponenziali. Parliamo di più di 200 000 ettari di mandorleti coltivati intensivamente, dove centinaia di alveari muoiono avvelenati dopo aver impollinato a dovere.

Noi ci dissociamo da tutto questo. Posizioniamo gli alveari in aree il più possibile salubri e lontane dall’inquinamento.
Farlo oggi è sempre più difficile, ma per noi è fondamentale.

Le api stanno morendo per l’inquinamento atmosferico

L’inquinamento atmosferico è la presenza nell’atmosfera terrestre, di agenti fisici, chimici e inquinanti, che modificano le caratteristiche naturali dell’atmosfera, provocando un effetto dannoso su esseri viventi e ambiente. Agenti normalmente assenti nella composizione dell’aria oppure presenti ma in minime quantità.
Le api stanno morendo l'inquinamento atmosferico

 

traffico

Quali sono le cause?

L’inquinamento atmosferico è causato dalla diffusione di gas e polveri sottili nell’atmosfera. Le principali fonti di inquinamento sono le attività industriali, gli impianti per la produzione di elettricità, gli impianti di riscaldamento e il traffico. Essendo questi tutti aspetti riconducibili ad attività antropiche, possiamo sicuramente affermare che ad oggi, l’inquinamento è causato dalla popolazione umana. Per citare alcune delle origini di tutto questo, risultano determinanti gli impianti chimici industriali, gli inceneritori, i motori a scoppio degli autoveicoli e le combustioni più in generale.

Quali sono le conseguenze?

Gli inquinanti rilasciati in atmosfera hanno un forte impatto sia sulla salute dell’uomo che sull’ambiente.
Oltre ad una qualità della vita peggiore per le persone che vivono in zone altamente trafficate o ricche di industrie, l’inquinamento dell’aria è anche causa dell’aumento di patologie respiratorie: bronchiti, asma, allergie, malattie a carico del sistema cardiocircolatorio e neoplasie maligne.
Per quanto riguarda invece i danni all’ambiente possiamo individuare i seguenti fenomeni: buco dell’ozono, effetto serra e surriscaldamento globale, piogge acide.

Terra

Ozono

Esiste naturalmente nell’atmosfera e funge da schermo protettivo dalle radiazioni ultraviolette provenienti dal sole.
I livelli di questo componente sono drasticamente diminuiti oggi a causa dell’inquinamento, portando ad un assottigliamento di questo strato.

serra

Effetto serra

Se presenti a livelli normali, i gas serra permettono di mantenere l’atmosfera a temperature ottimali per le forme di vita del nostro pianeta.
La concentrazione sempre più in aumento di questi gas, potrebbe innescare un rapido surriscaldamento dell’intero clima terrestre, portandoci a risvolti drammatici per gli equilibri, le specie, gli habitat presenti sul pianeta Terra.

piogge acide

Piogge acide

Consistono nella caduta di particelle gassose inquinanti e precipitazioni acide nell’atmosfera. Queste precipitazioni tossiche avvengono sotto forma di pioggia, neve e nebbia.

Il deposito di questi componenti, danneggia l’ambiente alterando la disponibilità di elementi nutritivi e riducendo la fertilità del territorio colpito.

In conclusione, l’inquinamento atmosferico è senz’altro vettore di una deformazione della biodiversità e delle temperature. Temperature e condizioni climatiche a cui gli animali e le piante non hanno modo di adattarsi.

Quali sono le conseguenze di tutto questo sulle api?

Ogni ape bottinatrice può coprire una superficie di raccolta di nettare di circa 3 chilometri, passando di fiore in fiore. In questa fase le api entrano in contatto con un gran numero di agenti inquinanti che riportano nell’alveare al loro rientro, condizionando lo stato di salute dell’intera colonia.
Le api che si trovano in zone dove l’inquinamento atmosferico è più elevato, mostrano segni di sofferenza, come stress, pigrizia e malattie.
Tra le tante ricerche effettuate, citiamo uno studio condotto in India nel 2019, che ha dimostrato che i fumi di scarico dei veicoli, compromettono gli odori che guidano le api verso i fiori di cui si nutrono.
E’ stato inoltre dimostrato che più è alto il tasso di inquinamento, più la quantità di questi insetti scarseggia. L’assenza di api comporta inevitabilmente la riduzione di vegetazione locale, la cui riproduzione dipende per gran parte dagli insetti impollinatori.

La deforestazione

La deforestazione rappresenta uno dei problemi più gravi del nostro pianeta. Con questo termine si intende l’abbattimento di alberi per motivi commerciali, come la vendita di legname, o per ottenere nuovi terreni da destinare all’agricoltura e all’espansione urbana. Quando il taglio degli alberi supera il loro tasso di ricrescita, gli alberi si riducono drasticamente e si parla di deforestazione.
Questa pratica sfrutta a livello intensivo moltissime delle aree boschive naturali presenti nel mondo. Citiamo come esempio la foresta Amazzonica: negli ultimi 30 anni è stata eliminata in media all’anno una superficie di 12 000 kmq.
Nonostante oggi si stia cercando di mettere in atto una serie di misure di rimboscamento per porre rimedio ai devastanti effetti della deforestazione, non è purtroppo riparabile la perdita di biodiversità che si è verificata.
Le api stanno morendo per la deforestazione

Quali sono le cause?

Le cause della deforestazione sono principalmente la produzione del legno e l’ampliamento di aree destinate a pascolo e agricoltura. Un altro fattore importante è anche riconducibile ai grandi produttori di olio di palma o alle multinazionali della cosmesi.
Tutto ciò causa non solo la perdita di migliaia di chilometri quadrati di foreste ogni anno, ma causa anche l’estremo impoverimento del suolo dal momento che, sfruttato intensivamente, non è in grado di mantenersi produttivo per periodi prolungati. Questi terreni vengono infatti poi abbandonati e quasi sempre dati alle fiamme nel tentativo di restituire nutrimento tramite le ceneri.

segheria
La deforestazione è in conclusione la principale fonte di minaccia per la sopravvivenza del polmone verde del pianeta. Secondo uno studio del WWF “solo nel territorio brasiliano, stiamo perdendo una superficie di foresta pluviale equivalente a oltre tre campi da calcio al minuto“.

Gli effetti sull’intero ecosistema, possono essere gravissimi.

 

Quali sono le conseguenze?

Le conseguenze della deforestazione sono principalmente 3.
Le api stanno morendo per la devastazione delle foreste
In primo luogo l’incremento dell’effetto serra: gli alberi infatti, mediante il processo di fotosintesi clorofilliana, trasformano l’anidride carbonica in ossigeno. Il disboscamento provoca quindi un aumento di CO2 nell’atmosfera e di conseguenza, dell’effetto serra e del surriscaldamento globale.
In secondo luogo i cambiamenti climatici e il rischio di alluvioni: le aree boschive sono spesso chiamate “il polmone del pianeta” proprio perché trasformano la CO2 in ossigeno. Come abbiamo visto, l’assenza di questi alberi causa irrimediabilmente l’aumento di CO2 nell’atmosfera, portandoci sempre di più verso un clima instabile e imprevedibile. Inoltre, l’assenza di ostacoli naturali come enormi distese forestali, aumentano il rischio di alluvioni e smottamenti.

Infine, ma non meno importante, la perdita di biodiversità. Abbattendo le foreste, abbiamo decimato innumerevoli specie animali e vegetali che oggi rischiano l’estinzione definitiva.

Va inoltre considerato, che il disboscamento selettivo messo in atto dagli agricoltori, aumenta l’infiammabilità della foresta perché converte un ambiente fitto e umido in un territorio secco e aperto.


Le api stanno morendo per l'apicoltura non consapevole

Le api stanno morendo per l’apicoltura non consapevole

Oggi purtroppo si utilizzano ancora pratiche di apicoltura non aggiornate, che non tengono conto dei cambiamenti che si verificano nel mondo naturale. Pratiche spesso mosse dal solo interesse economico, dove si tenta di prendere tutto ciò che c’è, fino al punto in cui non ce n’è più.

Noi crediamo che sia arrivato il momento di intrometterci il meno possibile nella vita delle api.
Crediamo che ad oggi, la cosa giusta da fare per farle stare meglio, sia lasciarle essere, lasciarle fare, lasciare che il loro destino si compia. Davanti a questa frase si potrebbe pensare “Sì ma ci devi anche guadagnare!”. Vero, lo abbiamo scelto come mestiere. Ma noi preferiamo produrre meno, guadagnare meno e rispettare con ogni mezzo la natura delle api, che come vedremo, è davvero antica e complessa, forgiata da migliaia di anni di evoluzione.
Gran parte dell’apicoltura odierna si trova proprio agli antipodi di quelli che sono i comportamenti biologici delle api.
Menzioneremo in questo articolo alcune delle principali operazioni apistiche, che secondo la nostra visione non sono più sostenibili, in quanto ostacolano la sopravvivenza e la resilienza di questi preziosissimi insetti.

Inibizione della sciamatura

Quando una famiglia di api raggiunge la sua dimensione massima, si divide, dando origine ad una nuova colonia indipendente, quindi a una nuova famiglia di api.

sciame di api su un pesco

Il processo di divisione della famiglia di origine, si chiama sciamatura e consiste nella partenza definitiva di un’ape regina dalla propria casa, seguita da una parte delle api operaie e da alcuni fuchi (maschi dell’ape). La famiglia di api in partenza viene definita sciame e dopo pochi giorni di attenta ricerca, in cui solitamente si posa in un luogo temporaneo, si stabilirà in una dimora definitiva.
Il processo di sciamatura è un comportamento naturale nella vita di un alveare. Possiamo anzi dire che sia il loro vero metodo di riproduzione, dal momento che da una famiglia ne nascono altre.
Possiamo inoltre individuare in questo comportamento una vera e propria selezione naturale. Se ci pensiamo, una famiglia di api debole, poco numerosa e poco vigorosa, difficilmente arriverà a sciamare.

Naturale, perchè reprimerla allora?

Ma se è così naturale, perché moltissimi apicoltori cercano di reprimerla con ogni mezzo? Perché nella cultura media, viene visto come uno sbaglio, una disattenzione dell’apicoltore?
In alcuni casi, soprattutto in contesti urbani, il motivo è quello di non creare problemi alle altre persone che potrebbero trovarsi uno sciame volante davanti o nel proprio giardino.
Nella stragrande maggioranza dei casi però, la sciamatura viene inibita con tecniche specifiche (dalla rimozione delle celle reali, sino ad arrivare al taglio delle ali dell’ape regina in modo che questa non possa lasciare l’alveare) perché una famiglia di api che sciama, si dimezza in forza e grandezza, compromettendo il raccolto di miele di quell’annata e quindi il reddito dell’apicoltore.

Noi non mutiliamo le ali delle api regine, ci opponiamo fortemente a questa pratica.
Per quanto riguarda la sciamatura procediamo solitamente in due modi: lasciamo partire la famiglia e poi la raccogliamo e le diamo una casa, un posto sicuro dove stare, oppure assecondiamo l’esigenza delle api di sciamare con tecniche di sciamatura artificiale.

Pareggiamento famiglie

Questo gergo utilizzato in apicoltura, significa in sintesi portare tutte le famiglie di api allo stesso livello, rinforzando le più deboli e rimpicciolendo le più forti. Questa pratica, che può sembrare un aiuto alle api, in realtà ostacola la naturale selezione delle famiglie. Rinforzare una famiglia debole, significa forzare la mano, alterare la natura, portare quella famiglia a superare un momento che probabilmente, se lasciata in autonomia, non avrebbe superato.
Questa pratica viene utilizzata dagli apicoltori secondo una logica prettamente redditizia e aziendale.
In primo luogo creare un apiario uniforme, dove tutte le famiglie sono pressoché identiche, consente delle visite molto più rapide e standardizzate.
In secondo luogo, rinforzare famiglie deboli in primavera, significa raccogliere miele di acacia, tra i più primizi e richiesti dal mercato. Capita infatti che le famiglie che escono dall’inverno, abbiano una lenta ripartenza in primavera e non abbiano la forza di raccogliere in grandi quantità il miele di acacia.

Noi siamo dell’idea che la natura sappia sempre cosa fare e opporsi, significa non solo ritardare qualcosa che si verificherà comunque, ma anche tramandare un patrimonio genetico che probabilmente si estinguerebbe.

Sfucatura o sforchettamento della covata maschile

È una pratica in cui le larve dei fuchi vengono uccise tramite la rimozione dei favi di covata maschile, oppure tramite lo “sforchettamento” di tali larve (viene utilizzata una forchetta per l’estrazione).
fuco (maschio dell'ape)
Questa operazione viene usata dagli apicoltori con lo scopo di uccidere indirettamente quanta più Varroa possibile, dal momento che quest’ultima predilige insediarsi proprio sulle larve da fuco. Utilizzata da tantissimi apicoltori, diminuisce temporaneamente la quantità del parassita. Tuttavia, non può in alcun modo definirsi risolutiva, dal momento che sarà comunque necessario effettuare dei trattamenti sanitari sull’alveare per il contenimento del parassita.

Noi abbiamo scelto di non utilizzare questa tecnica per due motivi. Il primo è senz’altro etico.
Come apicoltori, ci opponiamo a questo sterminio di massa di larve maschili, dimostrato anche il fatto che questo intervento non ha un ruolo determinante nel salvataggio dell’alveare. Come abbiamo visto infatti, i trattamenti sanitari andranno fatti comunque.
Il secondo motivo è più razionale e scientifico. Uccidendo la covata maschile, l’apicoltore altera e modifica la selezione naturale delle api.
I fuchi adulti sono infatti necessari per la fecondazione delle api regine e sono portatori di varianti genetiche. Considerando il fatto che per una sola fecondazione concorrono circa 100 fuchi, di cui solo 15 circa ne usciranno vincitori, liberarsi di loro, significa rendere sterile l’apiario. Le api regine di quell’areale, saranno in quel caso forzate ad accoppiarsi con fuchi proveniente da diversi apiari, esponendosi a rischi di contaminazione genetica (ibridazione, genetica non resistente).

Allevare varietà di api non autoctone

Le api di un determinato ambiente sono adattate a determinate temperature, condizioni climatiche, vegetazione, malattie e biodiversità.
Facendo un banalissimo esempio: se il virus delle ali deformi viene ben tollerato dalle api di una certa zona, potrebbe invece risultare fatale per altre non autoctone, poiché non avrebbero strumenti di adattamento a disposizione.
Inserire api “straniere” in un contesto non nativo, non solo potrebbe causarne il deperimento e la morte, ma le porterebbe sicuramente ad accoppiarsi con api locali, causandone l’indebolimento tramite l’incrocio genetico.

Noi alleviamo api mellifere ligustiche italiane della nostra zona, adattate al nostro ambiente e al nostro clima.

Alimentazione api anche quando non è necessario

L’apicoltura “da reddito” vede le api come uno strumento atto al guadagno e non come un tassello fondamentale dell’ambiente.
È lo stesso principio utilizzato negli allevamenti intensivi del bestiame, dove gli animali sono sottoposti a svariate pratiche di sfruttamento, per rendere al massimo e nel più breve tempo possibile.
Le api sono animali selvatici.
Non è possibile costringerle direttamente a fare qualcosa. Per intenderci, se ad esempio una famiglia di api è indebolita per qualsiasi motivo, raccoglierà poco miele, in molti casi così poco da non esserci per l’apicoltore.

Doping per le api

È possibile tuttavia stimolare le api ad uscire dall’alveare per cercare fonti nettarifere e indurle a produrre anche quando non esisterebbero le giuste condizioni. La stimolazione viene fatta tramite un’alimentazione a base di sciroppo zuccherino. La somministrazione di quest’ultimo, scatena nelle colonie un forte istinto di raccolta, in quanto viene percepito come una vera e propria fonte nettarifera. Lo sciroppo zuccherino è una sorta di doping, che porta le api a concentrare subito tutte le energie e ad esaurirle in breve tempo.
Questo ciclo è fonte di forte stress per le famiglie di api.

Sopperire ad una genetica scelta dall’uomo

Un altro aspetto da considerare è la vendita diretta delle api. Al fine di ottenere alveari più popolosi e poterne vendere delle parti, negli anni l’apicoltura ha portato avanti genetiche di api inclini a riempire il nido di larve, piuttosto che a riempire il nido di scorte di cibo.
La conseguenza che oggi ci troviamo ad affrontare, è avere api che stivano il miele solamente nel melario e non nel nido.
Quando l’apicoltore rimuove il melario, porta via tutte le scorte delle api e sopperisce a questa mancanza fornendo cibo artificiale.

Esiste però anche la nutrizione di altra natura, ossia la reale necessità di alimentare le api, quando il raccolto è stato così magro da mettere in pericolo la loro sopravvivenza Questa è l’unica nutrizione che noi facciamo.

Noi siamo dell’idea che il miele sia innanzi tutto delle api. Desideriamo conciliare il rispetto nei loro confronti e il poter destinare una parte del loro raccolto alla vendita.
Se il miele è poco, non glielo togliamo. Ecco perché ne abbiamo prodotto veramente poco nel 2021, un’annata con un pessimo clima.

Sostituzione dell’ape regina

Un’ape regina può vivere 4 o 5 anni. Dal secondo/terzo anno di vita però, l’ape regina mostra un calo delle prestazioni, rallenta l’operatività dell’alveare, produce meno uova, meno forza lavoro e meno feromone.
La pratica comune in apicoltura ne prevede la sostituzione, che consiste nell’uccidere la regina “vecchia” e nell’inserirne una giovane, pienamente in forza.
Insomma, nell’apicoltura comune le regine non vanno in pensione.

Noi abbiamo scelto di non adottare questo metodo per due motivi. Il primo è un motivo puramente etico. Rispettiamo e tuteliamo le api fino alla fine, anche quando non ci “conviene”. Il secondo è un motivo razionale. Una gestione totalmente umana, in cui è l’apicoltore a cambiare una regina con i suoi tempi e i suoi modi, potrebbe essere controproducente. In questo caso infatti, non saranno le api a decidere né i tempi, né la genetica. Dobbiamo ricordarci che le api sanno sempre cosa fare.

Inseminazione artificiale dell’ape regina

Le api stanno morendo per l'indebolimento genetico
L’inseminazione artificiale delle api regine è un processo svolto manualmente dall’apicoltore, tramite cui lo sperma viene prelevato da svariati fuchi per poi essere introdotto nelle api regine. Come fanno? Facciamo una piccola premessa per spiegarlo.
I fuchi in natura, a seguito della fecondazione, muoiono a causa dell’eviscerazione che consente il rilascio dello sperma. Questa realtà, è una strategia messa in atto dal mondo naturale per garantire una varietà genetica tramite la morte dei maschi. Lo stesso maschio d’ape infatti, feconderà nella sua vita una sola ape regina.
L’apicoltore che sceglie di allevare le api regine utilizzando il metodo di inseminazione artificiale, simula lo stesso principio: eviscera i fuchi schiacciandoli sul torace, sulla testa o sull’addome, ne preleva lo sperma ed infine lo introduce nell’ape regina divaricando la sua zona fertile con appositi strumenti di metallo.

È davvero necessaria questa pratica?

Noi riteniamo questa procedura una vera e propria follia del mondo apistico, sia dal punto di vista etico, sia dal punto di vista razionale. Vediamo i motivi:

  1. l’intera procedura è fonte di grande stress per le api regine
  2. inseminare artificialmente un qualsiasi animale da allevamento, è sempre una cosa inaccettabile. La situazione diventa ancora più grave quando lo si fa su insetti selvatici.
  3. se tutti gli apicoltori agissero in questo modo, la riproduzione spontanea delle api avverrebbe sempre di meno. Il protrarsi negli anni dell’inseminazione artificiale, potrebbe portare alla perdita della capacità riproduttiva di questi insetti.
  4. la fecondazione naturale si svolge a moltissimi metri da terra, dove concorrono circa un centinaio di fuchi. Solamente alcuni di questi individui, i più forti e veloci, porteranno a termine il compito. Questa piccola percentuale di riuscita non è altro che un metodo che la natura utilizza per portare avanti la genetica migliore delle api. Quando l’apicoltore esegue manualmente l’evisceramento dei fuchi, certamente non può selezionarli secondo il criterio sopra descritto.
  5. i comportamenti messi in atto all’interno di una famiglia di api, sono innumerevoli e mirati a garantire il benessere della colonia. Dentro la stessa famiglia, sono presenti più genetiche derivanti da madre e padri diversi. Selezionare artificialmente api regine predisposte ad uno specifico comportamento, ridurrà nel tempo tutti gli altri comportamenti fondamentali per l’equilibrio dell’alveare. Ad esempio se tutte le api si occupano di ripulire la covata problematica, è certo che la colonia morirà per altre cause.
  6. le api sono insetti selvatici e benché l’uomo tenti di addomesticarle da secoli, hanno mantenuto la loro integrità. Le api sono un tassello dell’ambiente, sono talmente mescolate all’ecosistema da rimanere completamente indipendenti dall’uomo.

L’apicoltura non è tutta uguale

Abbiamo visto che esistono vari modi di praticare l’apicoltura.
L’apicoltura non consapevole, vede l’ape esattamente come un animale domestico in allevamento intensivo.
L’ape è in realtà lontana anni luce da tutto questo. È un insetto selvatico che dipende dall’ambiente e ogni intromissione o manipolazione umana mirata a gestirne la genetica ed il lavoro, non è altro che un danno enorme a carico di questa specie.

Il primo ritrovamento di questo insetto sul pianeta, risale a 1.6 milioni di anni fa, quindi molto prima dell’uomo. L’ape mellifera si è evoluta per migliaia di anni perfezionando i propri metodi di sopravvivenza e riproduzione.
Ad oggi possiamo definirla come uno degli animali più perfetti e specializzati esistenti in natura, provvista di strumenti infallibili. Strumenti, che diventano fallibili a causa dei danni provocati dall’uomo, a partire dalla manipolazione genetica.
Per i motivi sopra citati, possiamo annoverare questo tipo di apicoltura tra i motivi per cui le api oggi stanno affrontando una grande crisi.

Quale tipo di apicoltura può aiutare le api?

Per salvaguardare questi insetti, è importante tenere in considerazione le loro caratteristiche biologiche.
Possiamo individuare due grandi principi che regolano tutto il mondo apistico: l’abbondanza e la diversità genetica.
Le api sono consapevoli di non poter conoscere le condizioni climatiche e ambientali della stagione successiva, così continuano a lavorare incessantemente anche se, in quel particolare momento, non è necessario.
Sono consapevoli inoltre, che una grande varietà genetica all’interno dell’alveare, aumenta notevolmente le possibilità di sopravvivere.
La nostra apicoltura si basa proprio su questo.
Scegliamo di lasciarle fare ed essere, cercando il più possibile di rispettare i loro comportamenti e la loro gestione della vita.

favo naturale

Varroa e le malattie

L’acaro Varroa Destructor, meglio conosciuto semplicemente come Varroa, è un parassita di origine asiatica, giunto in Italia intorno agli anni 80.

Le api stanno morendo per la Varroa

Questo acaro che originariamente viveva con l’ape cerana asiatica, è entrato negli alveari dell’ape mellifera europea a causa della commercializzazione e lo spostamento delle api. Mentre l’ape asiatica, grazie ad una lunga storia evolutiva di convivenza, aveva creato un equilibrio tra ospite e parassita, l’ape mellifera europea non aveva e non ha tutt’ora adottato delle strategie contro la Varroa, che dagli anni 80 ha iniziato a decimare alveari.

All’epoca, per correre ai ripari da questo enorme danno, gli apicoltori hanno iniziato ad effettuare trattamenti sanitari mirati a debellare l’infestazione. Queste procedure hanno sì salvato le famiglie di api seguite dagli apicoltori, ma ne hanno anche inibito la possibilità di sviluppare naturalmente comportamenti di gestione e contenimento del parassita, rendendo quindi impossibile un’evoluzione naturale.
Ci chiediamo cosa sarebbe successo se negli anni 80/90 gli apicoltori non avessero curato le api. Cosa sarebbe successo se le avessero lasciate al loro destino? Impossibile dirlo, in quanto a seguito di questi interventi le api si sono abituate a non opporsi e a non creare resistenza alla Varroa.
Se si provasse oggi ad interrompere i trattamenti sanitari all’improvviso, purtroppo si avrebbe una moria di api senza precedenti.

È oggi in corso un progetto seguito da ricercatori, che potrà stabilire nel corso degli anni se esiste la possibilità che api e Varroa possano convivere senza l’aiuto di trattamenti somministrati dagli apicoltori.

È tutta colpa della Varroa?

La Varroa non è tuttavia la diretta causa della morte degli alveari. Lo sono bensì le virosi. Più è alta l’infestazione di Varroa in una colonia, più il suo sistema immunitario è debole e di conseguenza più alte sono le probabilità che la famiglia sia vittima di virus e patogeni. Alcuni di questi virus, se non curati in maniera adeguata, possono rivelarsi fatali per l’alveare.

Noi non abbiamo avuto modo di vederlo con i nostri occhi, dal momento che lavoriamo in questo campo dal 2014 ma coloro che svolgono apicoltura sin dagli anni 80, e che quindi hanno vissuto il mondo apistico in un’epoca in cui la Varroa non esisteva, testimoniano che le api erano in grado di superare molto più facilmente le malattie e i virus.
L’organismo dell’alveare sarebbe infatti perfettamente in grado di debellare i patogeni del suo areale. Organismo purtroppo compromesso da questo intruso straniero che ne succhia la linfa sin dalla tenerissima età. È importante denotare che questo acaro si annida principalmente nelle larve, causando la crescita di api deboli e malate.

Le api stanno morendo per i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici fanno parte della storia del nostro pianeta e si sono sempre verificati.
Le api stanno morendo per i cambiamenti climatici
Allora perché oggi ci troviamo in una situazione di allarme? Che cosa c’è diverso da quanto accaduto in precedenza?
Sin dai tempi più antichi, la Terra ha subito mutamenti climatici radicali verificatisi nel corso di migliaia di anni. Basti pensare all’era glaciale durata circa 100 000 anni.
I cambiamenti climatici che osserviamo oggi, non sono frutto di una lenta evoluzione naturale della Terra e della vita. Sono bensì frutto, come menzionato nei primi tre paragrafi riguardanti l’agricoltura, la deforestazione e l’inquinamento, delle attività perpetrate dalla popolazione umana. Queste attività di natura agricola, industriale, altamente inquinanti e dannose per l’ecosistema terrestre, stanno alterando il clima e la vita a livello globale e ad un ritmo impressionante, mai osservato prima d’ora. I mutamenti indotti dall’uomo si stanno applicando troppo velocemente, così velocemente da non consentire agli esseri viventi di evolversi per adattarsi a condizioni di sopravvivenza difficili e completamente nuove.

L’ape, un organismo vivente totalmente in simbiosi con l’ambiente, non ha modo di evolversi e selezionarsi naturalmente per continuare ad essere, come abbiamo visto, uno tra gli esseri viventi più specializzati e resilienti che abbiano popolato questo pianeta.

Conclusioni

Abbiamo visto che le api hanno un ruolo fondamentale nel mantenimento della biodiversità e nella conservazione della natura. Sono insetti impollinatori, che nello specifico si occupano di trasportare il polline di fiore in fiore e garantire la riproduzione e la sopravvivenza di centinaia di varietà vegetali. Le api sono anche esseri viventi completamente in simbiosi con l’ambiente, in grado di rilevare il grado di salubrità di un determinato areale. Le api mellifere sono, insieme a tantissimi altri insetti, portatrici e custodi della vita ed uno dei più importanti mezzi di sopravvivenza del nostro pianeta. Parliamo sempre di api mellifere perché sono la varietà di api più conosciuta e per questo quasi sempre incoronate come portavoce della realtà di tutti gli insetti pronubi. Ad onor del vero, sono solo una piccola parte degli impollinatori.

È tempo di renderci conto di quanto sia fondamentale salvaguardare queste specie, per la sopravvivenza e la prosperità del nostro mondo.
Dobbiamo essere consapevoli di questo legame eterno e necessario.

E noi di Coconta?

Noi di Coconta crediamo che nel mondo tutto sia collegato, dal più piccolo insetto al più grande campo coltivato.
Crediamo che il nostro passaggio, non debba lasciare un segno indelebile sulla nostra amata Terra, ma che debba preservarla.
Crediamo infine, che ognuno di noi, con le proprie scelte di vita personali e aziendali possa cambiare il mondo. A partire da un banale acquisto, sino ad arrivare ad uno stile di vita.
Crediamo sia tempo di dover restituire qualcosa e chiederci cosa possiamo fare per rendere questo passaggio veramente silenzioso.

Noi abbiamo scelto di custodire le api come apicoltori, di praticare sempre un’apicoltura consapevole, che miri prima di tutto al loro benessere. Abbiamo scelto di tutelare la varietà genetica che le api scelgono e di lasciarle libere di applicare le loro strategie. Posizioniamo gli alveari solamente in aree salubri, lontane da fonti di inquinamento.
Abbiamo scelto di realizzare un packaging a basso impatto ambientale e al contempo di qualità, selezionando i nostri fornitori in base a qualità ed eco-logicità.
Chi acquista i nostri prodotti, partecipa insieme a noi a tutto questo.
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Noi abbiamo scelto nella nostra vita quotidiana di eliminare il più possibile rifiuti non riciclabili e di fare acquisti secondo questa logica. Abbiamo scelto di piantare nei nostri spazi verdi diverse varietà di piante nettarifere e pollinifere per aiutare gli insetti pronubi. Per loro, trovare cibo è sempre più difficile per tutti i motivi riportati in questo articolo.

Siamo tutti collegati, siamo esseri terrestri. E tu? Cosa ti senti di fare per questa causa? Il futuro è nelle nostre mani.

no planet B

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