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Giugno 2015

  • Essere ciò che siamo e diventare ciò che siamo capaci di diventare è il solo fine della vita.

    Ciao a tutti,
    come vi avevo raccontato con il mio ultimo post l’avventura iniziata l’anno scorso con due piccoli nuclei di api si era conclusa tragicamente poco prima dell’arrivo della primavera nella mia zona.

    Mi è dispiaciuto, tanto, ma di tutte le esperienze, anche quelle molto negative, bisogna estrapolarne gli aspetti utili e farne tesoro.

    Purtroppo non sono riuscito con certezza a capire quale sia stato il colpo di grazia che ha fatto collassare le mie precedenti famiglie, ma quello di cui sono certo è che la varroa ha giocato un ruolo fondamentale e quest’anno non ho intenzione di far sì che la storia si ripeta.

    Proprio così, avete letto bene, una sconfitta non mi ha fermato e da due settimane nel mio apiario sono presenti due nuovi nuclei che lavorano all’impazzata e che mi fanno ben sperare per la stagione attuale.

    Purtroppo l’apicoltore che me le ha fornite aveva tutti primi nuclei prenotati e quindi ho dovuto attendere la sfioritura dell’acacia (poco male poiché non avevo il tempo per poter spostare le mie eventuali famiglie sotto a tali alberi), sarà sicuramente per l’anno prossimo.

    Inoltre quest’anno ho deciso di sperimentare la via della botanica rivolta ad aiutare le nostre amiche api sia durante la stagione con nettare e polline a pochi passi dalle arnie, tramite la semina di mix di fiori melliferi tra cui: Trifoglio resupinato laser, Facelia natra, Lupinella, Grano saraceno lileja, Mix trifogli, sia con la messa a dimora di due piante di Evodia Tetradium Danielli (che a dir la verità ho piantato lo scorso settembre) e che quest’anno dovrebbero far germogliare i primi fiori.

    Misto semi melliferi

    Misto semi melliferi

    Questa pianta è famosa anche come albero del miele perché ha un potere mellifero non eguagliato da nessun’altra pianta e in più la sua fioritura avviene quando non è presente, nelle nostre zone, una fioritura primaria.
    Non sto a tediarvi su come e con cosa aiuta le nostre amiche api tale piante, ma se volete approfondire vi consiglio di leggere questo articolo che ho scritto qualche giorno fa: Albero del miele (Evodia Tetradium Danielli)

    Albero del miele (Evodia Tetradium Danielli) Albero del miele (Evodia Tetradium Danielli)

    Tornando a noi, sabato 30 Maggio ho effettuato la prima visita in apiario, in quanto il fine settimana precedente pioveva a sprazzi ed avevo avuto il tempo solo di inserire due telaini (uno costruito e uno da costruire) all’interno di ogni arnia.

    Arnia arancio

    Per prima cosa, come faccio ad ogni visita nell’apiario, mi sono fermato qualche istante a fianco del predellino di volo per osservare il volo delle api: l’arrivo delle bottinatrici cariche di ogni genere di provvista e le bottinatrici che partono veloci dopo aver scaricato il prezioso carico.

    Purtroppo ho vissuto un tempo non troppo lontano come è il volo di api che appartengono ad un nucleo che non sta bene e, grazie a questo, posso affermare che questa famiglia sta benone.

    Volo arnia arancio

    Volo arnia arancio

    Prima ancora di aprire la cassa controllo anche lo stato del cassettino anti-varroa così da farmi un’idea di come la famiglia si muove all’interno dell’arnia così da sapere più o meno i punti di interesse sui quali prestare maggiore attenzione.

    Stato vassoio arnia arancio

    Stato vassoio arnia arancio

    Come si può notare da questa foto, vi è un’abbondante impostazione di polline, vi sono state nascite poiché vi sono residui di opercoli rotti in corrispondenza di due telaini, stanno costruendo il foglio cereo che ho inserito (si vede dagli scarti di cera praticamente bianca), c’è la presenza di due camule della cera (larve) e (come vi mostra la foto seguente) vi è stata l’importazione in arnia di zucchero che non ho idea di dove l’abbiano recuperato.

    Vassio arnia arancio - Importazione zucchero

    Vassio arnia arancio – Importazione zucchero

    Infine l’elemento che più mi ha sorpreso e che mi ha fatto effettuare la scelta di inserire un ulteriore foglio cereo da costruire all’interno di tale arnia è la presenza di segatura di compensato in alto a sinistra della foto.
    Tale segno mi ha subito fatto capire che l’arnia richiedeva più spazio perché aveva iniziato a rosicchiare il compensato del diaframma che avevo inserito per tenere stretta la famiglia.

    Essendomi fatto un’idea sommaria di tale famiglia era giunta l’ora di aprirla ed osservare lo stato della covata, delle scorte e se vi fossi riuscito avrei voluto vedere la regina poiché non avevo idea di che cosa avesse inserito l’apicoltore che me le aveva fornite.

    Famiglia arancio

    Famiglia arancio

    Alla fine della mia visita ho riscontrato che la famiglia gode di ottima salute, sta raccogliendo scorte ad una velocità pazzesca e con le stesse tempistiche sta costruendo i telaini che gli avevo fornito.
    Fortunatamente sono riuscito anche ad immortalare la regina, che essendo nuova, è bella vispa e si aggira come un’indemoniata per tutti i telaini accompagnata dalla propria corte (vengono chiamate così le api che la nutrano e le stanno attorno avendo sempre il capo rivolto verso di lei).

    Ape regina arnia arancio

    Ape regina arnia arancio

    Siccome non più necessario ho anche provveduto a rimuovere il diaframma che come avevo intuito dal vassoi anti-varroa presenta segni evidenti di vandalismo 🙂 nella parte destra della foto.
    Non so se lo sapete, ma le api avendo le mandibole arrotondate (al contrario delle vespe che le hanno appuntite) non sono in gradi di perforare neppure la buccia dei chicchi dell’uva (questo non le impedisce di fiondarcisi quando i chicchi hanno già dei buchi o hanno iniziato a deperire), quindi con un foglio di compesato non è che lo rosicchiano, ma strappano una ad una ogni micro scheggia che è parte integrante del compensato.

    Diaframma rosicchiato nella parte alta destra

    Diaframma rosicchiato nella parte alta destra (giallina)

    Non sono riuscito a vedere la presenza delle camule che avevo ipotizzato esserci dagli escrementi nel cassettino, o le api le hanno uccise e poi rimosse dall’arnia, oppure sono ancora presenti e stanno mangiando esuvie (quel che resta dalla trasformazione pupa in ape adulta all’interno delle celle, è un pellicola infinitesima) a sbaffo.

    Arnia azzurra

    Anche per questa arnia l’iter è stato il medesimo, ovvero mi sono soffermato ad osservare il volo delle api di questa famiglia che anche in questo caso si è dimostrato intenso, ma quello che mi ha più colpito è stato osservare il lavoro delle api “ventilatrici” che con le proprie ali fanno in modo da creare correnti per areare, e quindi abbassare la temperatura, all’interno dell’arnia.

    Api ventilatrici

    Api ventilatrici

    Se non siete degli esperti (come me) o non le avete mai viste sono le tre api più in basso che tengono alto il corpo e nel contempo sbattono le ali, in questo modo stanno incanalando l’aria alle proprie spalle.

    Il passo successivo è stato quello di osservare il cassettino anti-varroa così farmi un’idea sommaria anche di questa famiglia prima di aprire.

    Cassettino arnia azzurra

    Cassettino arnia azzurra

    Come nell’altro cassettino vi è la presenza di polline, anche se leggermente inferiore, residui di opercoli rotti dalle api nascenti, una possibile camula ma quello che non mi ha reso proprio felice è stato vedere tutti quegli scarti di cera nuova in concomitanza al telaino che avevo inserito con solo foglio cereo.

    A questo punto non rimaneva altro da fare se non aprire la cassetta e controllare con una visita scrupolosa lo stato della famiglia.

    Arnia azzurra

    Arnia azzurra

    Al termine della visita, nella quale non sono riuscito a vedere la regina, ho tratto le stesse conclusioni della famiglia accanto, ovvero che sta crescendo velocemente (forse un pochino più piano dell’altra) e sta raccogliendo anche le provviste velocemente.

    Purtroppo il mio presentimento sul telaino con foglio cereo tagliato era fondato e, non essendoci sopra ancora ne covata ne scorte, ho preferito sostituirlo e aggiungerne un secondo così da portala su 9 telaini come l’altra.

    Telaino con foglio cereo tagliato

    Telaino con foglio cereo tagliato

    Conclusioni

    Per concludere questa prima visita mi fa ben sperare per la stagione corrente, inoltre questi due nuclei sono molto ma molto pacati, non si sono alzate in volo più di 2 api mentre facevo la visita e l’uso del fumo è stato limitato all’apertura e alla chiusura dell’arnia per non rischiare inutilmente di schiacciare delle apette incaute.

    Sì, sono proprio soddisfatto di questa visita, vedremo se anche la botanica nei pressi dell’apiario potrà dare una mano a non far perire queste due famiglie durante il prossimo inverno.

    Non mi resta che darvi appuntamento alla prossima settimana con il prossimo post e ricordarvi che ogni foto effettuata durante le visite (non solo quelle contenute all’interno del post) le potete trovare nella mia galleria Flickr.

    A presto, bzzz‼

  • Albero del miele (Evodia Tetradium Danielli)

    Origini e forma

    L’Albero del miele (Evodia Tetradium Danielli) è originario della Cina e della Corea.

    Nei primi 3-4 anni cresce in maniera molto veloce, anche 2 metri l’anno, raggiungendo in pochi anni i 10 metri ed oltre di altezza; successivamente, la crescita rallenta con l’avanzare dell’età ma la pianta può raggiungere e superare anche i 15-20 metri di altezza.

    alberodelmiele-evodiadaniellii_1

    In assoluto è la pianta più mellifera conosciuta: i suoi fiori producono nettare in quantità superiore ad ogni altra pianta conosciuta. Confrontandola con la robinia, si può calcolare che su un ettaro di terreno la prima renda circa 600-700 kg. di miele mentre l’Evodia arriva facilmente a superare i 1.200 kg.

    La principale caratteristiche dell’Evodia è quindi la sua fioritura. I piccoli fiori, di colore bianco-crema, sono raggruppati in una infiorescenza (corimbo) ed emanano un intenso profumo mellifero.

    Di fondamentale importanza è anche la durata della fioritura: essa inizia verso la fine di luglio e può protrarsi anche per oltre mese e mezzo. Va pertanto a coprire un periodo in cui le fioriture mellifere sono abbastanza scarse. Al termine della fioritura, verso ottobre, compaiono piccoli frutti di colore arancione.

    Albero di ottimo aspetto, può essere messo a dimora in qualsiasi giardino anche a scopo ornamentale. La distanza di piantagione tra altri alberi o manufatti non deve però essere inferiore ai 7-10 metri considerando il notevole sviluppo della chioma dell’albero adulto.

    Per quanto riguarda la longevità, si consideri che, introdotta in Europa oltre 100 anni fa, in alcuni giardini botanici ne esistono tutt’ora esemplari viventi.

    Sopporta bene le basse temperature, soprattutto da adulta, mentre da giovane è bene proteggerla durante gli inverni troppo rigidi.
    L’Evodia tetradium Danielli, adulta, ha una soddisfacente resistenza al freddo, le piante caducifoglie sopportano alle nostre latitudini temperature medie minime annue da -13° a -17°C.

    Non richiede terreni particolari per crescere in modo ottimale, tuttavia non gradisce suoli compatti e stagnanti. Avendo un apparato radicale sviluppato fino a grande profondità, non teme anche lunghi periodi di siccità.

    Si tratta di arbusti e alberi sempreverdi o caducifogli (quelli importati in Europa quasi esclusivamente decidui) che a causa delle foglie composte assomigliano notevolmente al nostro frassino comune (Fraxinus excelsior).

    I germogli annuali di queste specie inizialmente sono coperti di una peluria grigiastra e fitta. A causa delle foglie e del loro odore, la pianta veniva chiamata “frassino puzzolente” nelle sue aree di maggior diffusione (paesi del centro Europa, Germania, Austria).

    Le foglie composte, opposte e imparipennate presentano forme diversificate e rispetto al frassino sono maggiormente ovaliformi e largamente lanceolate; inoltre risultano più coriacee.

    Nelle fasi iniziali, le giovani piantine devono essere coltivate in consociazione con alberi più grandi ombreggianti, i quali (o dai quali) dovranno essere progressivamente allontanati nel corso del ciclo produttivo per garantire un maggior soleggiamento. Questo è molto importante per il futuro sviluppo dei fiori e quindi per la produzione di nettare.

    La pianta è monoica a fiori monosessuali (sessi separati), riuniti in infiorescenze distali ad ombrello, lunghe circa 25 cm, oppure raggruppate in una larga pannocchia.

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    I fiori sono bianchi con screziature da giallo-verde a bianco sporco e diffondono un profumo aromatico. Assomigliano notevolmente alle infiorescenze del sambuco. Il polline è giallo chiaro. All’interno dell’infiorescenza circa 2/3 dei fiori sono maschili; a quanto pare basta il nettare da 3 a 5 fiori non ancora visitati dalle api, per riempire la sacca mellifica di un’ape.

    I frutti rosso bruni sono costituiti da 4 a 5 valve lunghe da 2 a 8 millimetri che a maturità si aprono a stella, simili a quelli della Phaeonia, anche se di dimensioni minori.

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    Per la germinazione i semi necessitano di un periodo di freddo; per questo motivo la conservazione durante l’inverno dovrà avvenire per esempio in un contenitore di vetro in un deposito non riscaldato, al fine di garantire una ottimale quantità di freddo.

    La semina primaverile avrà successo solo se i semi dormienti avranno trascorso il necessario periodo di freddo. Il potere germinativo è comunque variabile; in caso di scarsa germinabilità è necessario effettuare una semina a stratificazioni, al fine di garantire il miglior adattamento possibile al clima del luogo.

    Le foglie, somiglianti a quelle dell’alloro, presentano un profumo molto aromatico, quindi si potrebbe ipotizzare un loro uso come incenso e repellente contro gli insetti. Anche la vicinanza di un albero ha già degli effetti nell’allontanamento di zanzare o insetti fastidiosi e potrebbe essere un buon rimedio per tenere lontani tali insetti dall’abitazione.

    KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERA

    KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERA

    Nella medicina cinese i semi dell’Evodia sono usati sotto forma di infuso per contrastare cefalee, emicranie croniche e diareea, oltre che come stimolante del sistema immunitario.

    Le foglie, una volta cadute, vengono degradate facilmente da citellati ed altri animali del suolo, con le conseguenze positive per la fertilità del terreno. La presenza di frutti oleosi rende questi alberi molto importanti come fonte di nutrimento per l’avifauna.

    Vantaggi per l’apicoltura

    Le piante fioriscono piuttosto tardi (da luglio a metà settembre), con una variabilità legata al clima e al terreno.
    Il “paradiso del nettare”, a seconda dell’andamento meteorologico, può durare anche fino ad ottobre, durante la fioritura, su ogni infiorescenza, si possono trovare gruppi anche di 100 api. Grazie all’elevato apporto nutritivo, le api si lanciano voracemente sui singoli fiori (si possono anche trovare 3 api contemporaneamente su un singolo fiore).

    L’albero, a causa della tarda fioritura, costituisce per numerosi insetti un ideale supporto verso la fine della stagione vegetativa (da qui deriva il nome inglese dell’albero Bee bee-Tree). In America anche il tiglio americano viene chiamato allo stesso modo.

    Alcuni definiscono il sapore del miele prodotto dell’albero come “particolare”, simile a quello di un farmaco. Ci vuole del tempo per abituarsi all’odore e al sapore del miele di Evodia.
    Il miele già esistente nei melari dovrebbe essere smielato prima della produzione di miele di Evodia, il quale dovrebbe essere lasciato alle api esclusivamente come nutrimento. Anche i buongustai non apprezzano particolarmente questo tipo di miele.

    L’elevata, tardiva e duratura produzione di fiori e quindi di nettare hanno spinto gli apicoltori ad introdurre questa pianta nei nostri ambienti.

    L’apporto nutritivo in fase autunnale è prezioso per le api, rafforzandole in previsione dello svernamento. Ci sono indizi che il fiore, durante la fioritura principale da luglio a settembre, rafforzi il ciclo riproduttivo delle api.

    Semina a Stratificazione

    Se si vuole evitare il rischio di una piantumazione di piante giovani, molto sensibili al gelo, si consiglia di far germogliare i semi attraverso una semina a stratificazione al freddo e di far crescere i germogli adattandoli gradualmente al clima locale.
    L’albero del miele fa parte delle piante per le quali i semi sono in grado di germinare solo dopo aver attraversato un periodo di freddo, e grazie alle temperature fredde, viene indotta la produzione di ormoni che stimolano la germinazione.

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    I semi vengono posti in inverno in casa per circa due settimane con una temperatura di 18-22°C, in vasi pieni di terra e costantemente inumiditi. Successivamente vengono posti all’esterno, in un luogo non soleggiato, riparati dagli agenti atmosferici e da animali (sono sufficienti stanze non riscaldate od un frigorifero regolabile).
    Da febbraio a marzo, per un periodo di 6 settimane la temperatura dovrebbe aggirarsi intorno agli 0°C (con una tolleranza da -5° a +5 °C). Quando le giornate iniziano inevitabilmente a riscaldarsi, allora è possibile iniziare ad innaffiare i semi in aiuole a mezzombra (naturalmente l’autore fa riferimento alla situazione climatica austriaca.

    Proprietà medicinali

    Quando penso alla salute delle nostre api, ho in mente il pregio di una pianta nettarifera. Più variegata è l’offerta nettarifera, più in salute saranno i popoli delle nostre api.
    Le api, non solo sono molto laboriose, ma il loro comportamento offre spunti interessanti anche dal punto di vista umano, nella loro fisiologia, non sono paragonabili ai mammiferi (ai quali appartiene anche l’uomo) esse lavorano sempre con un forte istinto verso l’allevamento delle loro larve.
    La loro economia è basata sul principio delle scorte e dell’immagazzinamento, le api, probabilmente sono in grado si selezionare, in modo intelligente, il nutrimento ideale per riuscire a sopravvivere all’inverno.

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    Le api adulte svernano meglio se in autunno hanno immagazzinato polline e nettare con proprietà medicinali.
    Ci si pone la domanda se il nettare abbia queste proprietà benefiche non solo per le api adulte ma anche per le larve, che il polline di Evodia impedisca la crescita di alcuni batteri sembra essere una cosa ormai certa.

    Per capire l’importanza di questa pianta per l’apicoltura, è lecito gettare lo sguardo sulla medicina umana.
    Nella medicina popolare giapponese e cinese, i semi ed i frutti quasi maturi (probabilmente anche le foglie) vengo utilizzati a fini terapeutici. In Giappone, da anni, nella medicina generale “alternativa” (la cosiddetta medicina Kampo della fitoterapia giapponese), viene esaminata l’efficacia del succo estratto dai frutti e dai semi rossi e neri dell’Evodia hupehensis e dell’Evodia rutaecarpa, si sono riscontrati risultati positivi nella lotta contro l’emicrania e la diarrea.

    Si è giunti alla conclusione che non una singola sostanza isolata, ma l’insieme di diverse sostanze presenti nella pianta hanno un effetto sinergico.

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