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31 Gennaio 2014

  • Miele e prodotti dell’alveare – Lezione 5

    In questa lezione l’argomento trattato è “miele e prodotti dell’alveare”. Dopo aver visto nelle lezioni precedenti (che potete trovare qui) il come le api producono, in questa lezione ci concentreremo sul cosa.

    Che cosa è il miele??

    Abbiamo visto come il miele venga prodotto dalle api a partire dal nettare e dalla melata. Subito dopo la sunzione delle materie prime, già durante il viaggio di ritorno, all’interno delle borsa melarica inizia la trasformazione in miele mediante l’aggiunta di enzimi da parte dell’apparato digerente delle api.
    Le bottinatrici appena rientrate nell’alveare rigurgitano il contenuto della loro borsa melarica alle api di casa che provvedono a manipolarlo, vi aggiungono ulteriori enzimi e dopo diversi passaggi lo sistemano nelle celle dove subisce una concentrazione.
    In un primo tempo l’evaporazione dell’acqua viene favorita attivamente dalle api che risucchiano e poi stendono la gocciolina di liquido ripetutamente, successivamente, e per diversi giorni, il miele perde parte dell’acqua che contiene passivamente per evaporazione, favorita dalla ventilazione forzata delle api, fino a raggiungere una concentrazione superiore al 80%.

    Miele

    Miele

    Definizione legale

    Alla luce di quanto finora affermato risulta alquanto problematico definire che cos’è il miele, secondo la definizione che figura nella legge n. 753 del 12/10/1982:

    Il miele è il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare.

    Composizione

    La composizione del miele risulta alquanto variabile dipendendo da numerosissimi fattori: specie bottinate, natura del suolo, andamento climatico, razza di api, stato fisiologico delle colonia, tecniche apistiche impiegate, ecc.
    Nella tabella riportata di seguito è riportata la composizione media dei mieli italiani secondo i risultati di un’indagine svolta su 980 campioni di miele prodotti dal 1970 al 1977, condotta dall’Istituto Nazionale d’Apicoltura di Bologna e dall’Istituto Sperimentale di Zoologia Agraria di Roma.

    Composizione media dei mieli italiani

    Composizione media dei mieli italiani

    In altri termini si può affermare che il miele è composto principalmente di: acqua, zuccheri, acidi, sali minerali, sostanze azotate ed enzimi.

    Acqua

    Il contenuto in acqua può variare notevolmente in funzione del grado di maturazione, dell’origine botanica, delle condizioni atmosferiche ed ambientali, delle condizioni di conservazione, ecc.
    E’ una delle caratteristiche più importanti del miele perché ne condiziona il peso specifico, la cristallizzazione e soprattutto la conservabilità e quindi, in ultima analisi, la qualità.
    Il miele viene normalmente opercolato dalle api quando contiene il 17-18% di acqua, ma a volte il valore può aumentare fino al 21% ed in questi casi si possono facilmente verificare fenomeni fermentativi.
    Il miele può variare il suo contenuto in acqua anche dopo l’estrazione, aumentandolo se conservato in contenitori non ermetici in luogo umido o diminuendolo se sottoposto a particolari trattamenti.
    E’ possibile risalire al grado di umidità dalla misurazione della densità oppure dell’indice di rifrazione.

    Zuccheri

    Gli zuccheri o carboidrati sono senza dubbio i componenti principali del miele, essi infatti possono rappresentare fino al 95-99% della sostanza secca del miele. Oltre che per valore alimentare gli zuccheri sono importanti per la determinazione di numerose proprietà fisiche del miele: consistenza, viscosità ed igroscopicità.
    Circa il 90% degli zuccheri totali contenuti nel miele è rappresentato da due zuccheri semplici, glucosio e fruttosio.
    Essi sono normalmente presenti in percentuali simili anche se frequentemente prevale leggermente il fruttosio sul glucosio.

    Miele nei favi

    Miele nei favi

    Acidi

    Tutti i mieli presentano una reazione acida con valori di pH compresi tra 3.2 e 4.5. Tale acidità è dovuta alla presenza di acidi organici, inorganici e lattoni. Quello presente in maggior quantità, l’acido gluconico, deriva per reazione enzimatica dal glucosio. L’origine degli altri acidi è ancora incerta.

    Proprietà fisiche

    Il miele presenta numerose proprietà fisiche, in larga misura legate alla sua composizione chimica. Esse sono importanti sia per le analisi in laboratorio sia perché concorrono a determinare le caratteristiche organolettiche, importanti per il consumatore.

    Colore

    Il colore del miele può variare dal bianco al nero, passando attraverso varie tonalità del giallo e dell’ambra, a volte con riflessi sul verde e sul rosso.
    Numerosissime e non ancora tutte note sono le sostanze che concorrono alla formazione del colore del miele. Spesso influisce più o meno direttamente anche l’apicoltore coi procedimenti di produzione e conservazione. In generale si può affermare che con la conservazione la tonalità del colore spesso tende ad aumentare.
    A seconda delle nazioni vi sono vari metodi per determinare il colore. In generale viene confrontato il colore del miele con quello di un vetro di colore standard.

    Cristallizzazione

    Il miele appena estratto si può considerare una soluzione soprassatura di acqua e vari zuccheri, come tale è instabile e tende col tempo a raggiungere una stabilità liberando il soluto in eccesso sotto forma di cristalli.
    Il glucosio è meno solubile in acqua del fruttosio e quindi è lo zucchero maggiormente interessato al processo di cristallizzazione.
    Mieli con elevate percentuali di fruttosio cristallizzano lentamente o non cristallizzano affatto.
    La cristallizzazione può avvenire a temperature comprese tra i 5 e i 25 °C, con un massimo di velocità attorno ai 14 °C.

    Cristallizzazione del miele

    Cristallizzazione del miele

    Indice di rifrazione

    L’indice di rifrazione è una proprietà propria di tutte le sostanze in grado di farsi attraversare dalla luce. Quando un raggio di luce attraversa la linea di separazione fra l’aria ed una determinata sostanza subisce una deviazione, caratteristica di ogni sostanza. Se la sostanza è un soluzione il suo indice di rifrazione varia tra l’indice del solvente e quelle del soluto. Nel caso del miele quindi, che come avviamo visto si può considerare una soluzione di zuccheri e acqua, l’indice di rifrazione diviene una funzione del contenuto di acqua ed è tanto maggiore quanto più basso è in tenore in acqua. Tale indice viene quindi comunemente utilizzato per determinare la percentuale di acqua nel miele.

    Densità

    La densità di una determinata sostanza viene espressa dal suo peso per unità di volume (peso specifico). Per il miele, a 20 °C, essa è compresa tra 1.39 e 1.44, vale a dire che un litro di miele pesa dai 1390 ai 1440 grammi circa. Siccome la densità dell’acqua, uguale a 1, è molto inferiore, maggiore è la sua percentuale minore è la densità del miele. Dalla misura della densità quindi è possibile risalire con una certa approssimazione al tenore in acqua del miele. Esiste uno strumento, il densimetro, che immerso nel miele liquido affonda parzialmente, nel punto in cui l’apparecchio galleggia una scala graduata ci indica la densità.

    Viscosità

    Il miele, in fase liquida, è un fluido molto viscoso.
    Tale viscosità dipende dal contenuto in acqua, dalla composizione chimica e dalla temperatura.
    Nelle operazioni di condizionamento del miele è molto importante che la viscosità sia ridotta al minimo per agevolare al massimo le varie operazioni, non potendo agire sulla composizione chimica e sul contenuto in acqua è possibile agire solamente sulla temperatura.

    Tipologie di miele

    Tipologie di miele

    Smielatura

    La smielatura vera e propria deve essere effettuata in un locale idoneo, che rispetti le più elementari norme igieniche, ove non siano state riposte sostanze che possano inquinarlo.
    Per coloro che producono miele non per esclusivo uso personale, ma per il commercio vi sono precise disposizioni di legge da rispettare (verranno trattati nell’ultima lezione di questo corso).
    Innanzitutto occorre eliminare gli opercoli posti nelle celle contenenti il miele maturo, per far ciò si usano appositi coltelli o forchette.
    I favi vanno posti su di una specie di leggio sotto il quale vi è un capace recipiente in grado di raccogliere in una griglia gli opercoli e far scolare il miele ad essi aderente nel piano sottostante.

    Disopercolatura tramite forchetta

    Disopercolatura tramite forchetta

    Col coltello si agisce preferibilmente avanti e indietro e dal basso verso l’alto. Se il coltello non è riscaldato elettricamente è bene immergerlo periodicamente in acqua calda per favorire il distacco degli opercoli.

    Disopercolatura tramite coltello

    Disopercolatura tramite coltello

    Il miele che inevitabilmente resta aderente agli opercoli può essere recuperato per sgocciolamento o per spremitura con appositi torchi.
    A questo punto il miele è pronto per essere estratto. I favi vanno introdotti nello smielatore e si inizia la certificazione.
    Occorre rammentare che se si utilizza uno smielatore tangenziale o semi radiale occorre iniziare la rotazione molto lentamente, proseguire per poco tempo a bassa velocità, poi occorre rivoltare i favi, iniziare sempre dolcemente, centrifugare al massimo dei giri e rivoltarli nuovamente per terminare il lato opposto.
    Terminata la smielatura i favi sono pronti per essere riutilizzati. Se si è effettuato l’ultimo prelievo della stagione, prima di riporre i favi in magazzino è utile ricollocarli per qualche tempo sulle arnie perchè le api li ripuliscano dal miele residuo.

    Inserimento telaino nello smielatore

    Inserimento telaino nello smielatore

    Estrazione

    Una volta estratto il miele dai favi secondo i metodi appena visti, si immette in un capace contenitore, il decantatore. Già all’uscita dallo smielatore è bene separare, mediante un setaccio a maglie larghe, i corpi estranei di maggiori dimensioni.
    Al momento dell’immissione nel decantatore è bene passare il miele ad un setaccio molto più fine.
    Nel decantatore, che deve essere di acciaio inossidabile, plastica per alimenti oppure, se di altro materiale, trattato con resine vetrificanti per alimenti, il miele dovrà riposare da alcuni giorni a qualche settimana, a seconda della temperatura e della viscosità, per permettere ad eventuali corpi estranei ancora presenti di separarsi, quelli più pesanti sul fondo, quelli più leggeri in superficie.
    Il miele andrà quindi schiumato per eliminare le particelle risalite alla superficie, dopo di che sarà pronto per l’invasamento.
    La sosta nel decantatore è utile anche per ristabilire l’equilibrio interno che il miele ha perso dopo essere stato “sfribrato” dalla centrifugazione.

    Contenitori

    Per le sue proprietà idroscopiche il miele, tranne non venga conservato in ambiente molto secco, tene ad assumere umidità dall’aria, quindi va conservato in contenitori ermetici. Inoltre, per la sua reazione acida, è in grado di attaccare molti metalli, di conseguenza occorre prestare attenzione ai contenitori ove viene immagazzinato. Sicuramente il materiale migliore per contenere il miele è l’acciaio inossidabile per alimenti.

    Contenitori Acciaio Inossidabile per alimenti

    Contenitori Acciaio Inossidabile per alimenti

    Invasettamento

    Dovendo invasettare piccoli quantitativi di miele non occorre nessuna attrezzatura particolare. E’ sufficiente collocare il tino ove si è posto il miele a decantare almeno a 50 cm dal suolo. Il tino deve essere munito di un ampio rubinetto a taglio oppure a sfera sotto il quale si collocherà il vaso da riempire. Il vaso va mantenuto il più possibile vicino al rubinetto per ridurre al minimo la possibilità che durante il travaso il miele incorpori aria.

    Vasetti di vetro per il miele

    Vasetti di vetro per il miele

    Conservazione

    Il miele, pur essendo una sostanza che se raccolta al momento opportuno e trattata con le giuste tecnologia si conserva a lungo con facilità, va incontro a dei processi di invecchiamento naturali, tanto più rapidi quanto maggiore è la temperatura a cui è sottoposto.
    Per questo deve essere conservato in un luogo fresco, asciutto, buio e primo di odori estranei. Di regola è consigliabile non protrarre la conservazione a temperatura ambiente per più di due anni. L’eccessiva invecchiamento riduce il quantitativo degli enzimi presenti nel miele, il potere antibiotico e le vitamine, aumenta l’intensità del colore ed il contenuto idrossimetilfurfurale e provoca una perdita di sostante volatili responsabili dell’aroma.

    Alterazioni del miele

    Alterazioni del miele

    Difetti di cristallizzazione

    Quando il miele cristallizza troppo lentamente abbiamo visto che può separarsi in due fasi, una solida ed una liquida. Tale processo non si deve confondere con la fermentazione, dove la parte liquida diviene di color scuso e più fluida. A volte la parte liquida resta frammista a quella solida conferendo una spetto granuloso alla massa.
    Questi difetti, oltre ad alterare l’aspetto e le caratteristiche organolettriche del miele, lo deprezzano, ed aumentano il rischio di fermentazione.
    A volte il miele, pur cristallizzato in maniera compatta, presenta delle striature a contatto con la parete del vaso. Queste striature sono provocate dallo scostamento del miele dalla parete dovuto alla contrazione della massa durante la cristallizzazione.
    Esse non provocano alcuna alterazione del miele e si riducono quindi ad un semplice fattore estetico, spesso non apprezzato dal consumatore che non ne conosce la causa.

    Il polline

    Abbiamo già visto che cos’è il polline e come e perché venga raccolto dalle api. Come avviene per il miele, anche una parte del polline raccolto dalle api può essere loro sottratto per impiegarlo nell’alimentazione umana, tuttavia mentre il miele risulta essere un elaborato delle api a partire da sostanze zuccherine raccolte nell’ambiente, il polline è un prodotto completamente vegetale, che le api si limitano a raccogliere sui fiori ed ad addizionare con minime quantità di saliva e nettare, tali praticamente da non modificarne la composizione chimica.

    Palline di polline

    Palline di polline

    Raccolta

    Nella generalità dei casi il polline viene sottratto alle api con speciali trappole al moneto del rientro nell’alveare, al ritorno dalla raccolta. Sono stati fatti anche esperimenti sulla possibilità della raccolta del polline direttamente dai favi ma per ora questa tecnica non ha dato risultati apprezzabili.
    Esistono numerosi modelli di trappole, tutte riconducibili a tre categorie fondamentali: le trappole da entrata poste davanti all’apertura di volo abituale, le trappole inferiori poste sotto al nido al posto del fondo dell’arnia e le trappole soffitta inserite al posto della soffitta sul nido.
    Nei primi due tipi l’entrata della api avviene dal basso come se le trappole non ci fossero, con la trappola da soffitta, la normale apertura di volo viene chiusa e le bottinatrici, dopo una prima fase di disorientamento, scoprono l’apertura posta in alto ed in mendo di una giornata acquistano l’abitudine di entrare ed uscire dall’alto.

    Trappola per polline

    Trappola per polline

    Principio di funzionamento

    Il principio su cui si basano le trappole per polline è quello di costringere le api ad attraversare una griglia provvisoria di fori calibrati in modo tale da permettere il passaggio delle api, ma di provocare il distacco di una certa percentuale delle palline appese ai cestelli delle zampe posteriori.
    Le griglie possono essere verticali ed orizzontali, di plastica o di metallo, con fori circolari, esagonali, quadrati od a stella.
    Le griglie non consentono il passaggio dei maschi i quali, se non si intervenire, sono destinati a morire all’interno dell’arnia.

    Funzionamento trappole polline

    Funzionamento trappole polline

    Usi e proprietà

    Trattandosi di un elemento vivo delle piante, nel polline sono contenute quasi tutte le sostanze necessarie allo sviluppo ed alla crescita di un organismo. Infatti per esplicare la sua opera di fecondazione deve germinare, subendo delle divisioni cellulari. Durante questa sue breve vita autonoma ha bisogno, per poter continuare a vivere, di riserve, e queste sono costituite principalmente da aminoacidi liberi (a parità di peso, il polline contiene aminoacidi da 5 a 7 volte in più rispetto alla carne di bue, alle uova e la formaggio.
    Per la sua particolare composizione, il consumo del polline è consigliabile in tutta una serie di casi. In particolare può essere considerato un ottimo ricostituente generale soprattutto nei casi di magrezza ostinata e deperimento organico dovuto ad anoressia; nel contempo non fa ingrassare l’individuo normale poichè l’aumento dell’appetito è controbilanciato dall’aumento del metabolismo.
    Inoltre ha tantissime altre possibili usi che non verranno trattati in questa lezione.

    Ape con polline in volo

    Ape con polline in volo

    La cera

    La cera, come la pappa reale, è una sostanza interamente di origine animale che le api producono come materiale da costruzione. Si tratta di una sostanza grassa secreta dalle ghiandole sericere funzionanti nelle giovani api operaie di età compresa tra i 10 e i 16 giorni. Essa viene emessa sotto forma di goccioline che si rapprendono in scaglie fra i segmenti dell’addome. Viene poi lavorata con le mandibole dalle api, addizionata a piccole quantità di polline e propoli ed utilizzata per le costruzioni delle api.
    Un tempo, con la diffusione di arnie rustiche e con la pratica dell’apicidio, la cera rappresentava un’importante risorsa per l’apicoltore. Oggi, col reimpiego dei favi dopo l’estrazione del miele ed il riutilizzo della cera mediante l’uso dei fogli cerei, la produzione di cera è quasi in equilibrio coi bisogni degli apicoltore o li sorpassa di poco, mente non basta più nel caso l’apicoltore si dedichi alla produzione di sciami.

    Cera d'api

    Cera d’api

    Produzione

    In pratica la cera oggi prodotta si riduce a quella ottenuta dalla fusione degli opercoli, che forniscono da 1 a 1.5 kg di cera ogni 100hg di miele estratto, e dei favi rotti, deformati o vecchi.
    Nel complesso la cera prodotta in Italia, se si sommano i consumi degli apicoltori e quelli dell’industria, non soddisfa le esigenze nazionali e quindi si è costretti ad importarla in parte dall’estero.
    Normalmente per estrarre la cera si usano le sceratrici solari. Tuttavia mentre è possibile estrarre completamente la cera dagli opercoli, ciò non è possibile per i vecchi favi o per quelli deteriorati in quanto le sostanze estranee presenti si comportano come spugne assorbendo la cera fusa e rendendone libera solo una parte.
    La cera fusa dalla fusione degli opercoli è molto pi chiara, contiene meno impurità e di solito spunta dei prezzi più elevati. La cera non ha grossi problemi di conservazione se si esclude la possibilità di poter essere attaccata dalla tarma piccola della cera.

    Saponetta alla cera d'api

    Saponetta alla cera d’api

    Usi e proprietà

    Un tempo la cera d’api veniva utilizzata per moltissimi impieghi: per illuminazione, nella scultura e nella pittura, nella scrittura, nelle arti magiche, nelle pratiche religiose, nella medicina, ecc.
    Oggi in molti casi è stata soppiantata da altre sostanze più economiche come paraffina, plastica, cere vegetali e minerali, ecc.
    Attualmente il principale uso della cera è il suo riutilizzo da parte degli apicoltori per la fabbricazione dei fogli cerei. Sovente la cera non viene venduta, ma semplicemente data da lavorare a ditte specializzate che la restituiscono all’apicoltore sotto forma di fogli cerei, dietro un compenso per la lavorazione.
    Oltre che per tale impiego la cera viene utilizzata dall’industria per operazione di filatura, in alcuni prodotti dentari, in cere per lucidare i mobili, nella preparazione di lucidi per scarpe, ecc.
    Ma è soprattutto in campo farmaceutico e cosmetico che la cera d’api ha ancora numerose applicazioni, anche se c’è la tendenza ad usare sempre più cere artificiali.

    Cera d'api in cosmesi

    Cera d’api in cosmesi

    Propoli

    Per anni ha rappresentato un inconveniente per l’apicoltore a causa del lavoro necessario per eliminarla dalla parti che debbono rimanere mobili. Da qualche anno invece la scoperta o, se vogliamo, la riscoperta delle numerose proprietà di questa sostanza ha reso economicamente valida la sua raccolta.

    Produzione

    È possibile produrre propoli in due modi completamente diversi: limitandosi a raccogliere quella che le api depositano spontaneamente dentro l’arnia oppure stimolandole a produrne appositamente.

    Raccolta naturale

    Abbiamo visto che le api depositano propoli un pò ovunque all’interno dell’arnia, in particolare lungo gli spigoli, le fessure, nei punto di appoggio dei telaini, fra arnia e soffitta, sul fondo, ecc. E’ quindi possibile, anzi a volte necessario, raccoglier e parte di questa propoli con un raschietto. La propoli raccolta in questo modo contiene grosse quantità di cera, frammenti di legno, parti di api ed ogni sorta di oggetti estranei. Con la raschiatura si ottengono pochi pezzi di notevoli dimensioni, e molti di medie e piccole dimensioni.
    Per poter ottenere la massima valorizzazione del prodotto occorre quindi, prima di metterlo in vendita, procedere ad un’accurata pulizia ed alla separazione delle varie pezzature.

    Propoli raschiata

    Propoli raschiata

    Raccolta artificiale

    E’ possibile stimolare le api a raccogliere propoli ed a depositarla su di un substrato ove risulti facile la sua raccolta.
    Per effettuare questo tipo di produzione innanzitutto è opportuno individuare quelle famiglie che dimostrano di essere buone produttrici di propoli.
    Si predispone poi un telaio delle dimensioni della soffitta e vi si stende sopra una rete a maglie di circa 2mm. Il telaio così predisposto si colloca al posto della soffitta, e le api procederanno velocemente all’otturazione dei fori per rendere di nuovo la parte superiore dell’arnia ermetica.
    Per separare poi la propoli dalla rete occorre raffreddarla, ad esempio mettendola qualche ora nel frigorifero in modo da renderla fragile, successivamente, se si è usato una rete metallica, si procede al distacco della propoli mediante raschiatura, se si è usato una rete di nylon si può distaccarla flettendo la rete in più direzioni.
    La propoli così ottenuta è assolutamente pura e priva di corpi estranei ed ha un valore commerciale superiore a quella per raschiatura, anche se essendo stata meno lavorata dalle api può avere minore valore biologico.

    Rete metallica con propoli

    Rete metallica con propoli

    Usi e proprietà

    La complessa composizione della propoli gli conferisce proprietà di impiego che possono essere separate in due settori ben distinti: uno tecnologico ed uno medico-biologico.

    Applicazioni tecnologiche

    L’uso tecnologico più comune consiste nella preparazione di vernici. Molto probabilmente la famosa vernice utilizzata dai liutai di Cremona del ‘700 era a base di propoli raccolta dalla api nei dintorni di quella città, ed ancora oggi la propoli è utilizzata da questi artigiani.
    E’ possibile preparare delle vernici a base di propoli sciogliendola in alcool etilico e filtrando la soluzione ottenuta. Tale vernice preserva il legno e conferisce un bel colore giallo-oro al ferro bianco preservandolo dalla ruggine.

    Varie tipologie di propoli

    Varie tipologie di propoli

    Applicazioni medico-biologiche

    La propoli possiede numerose proprietà che giustificano la sua applicazione in questo campo, in particolare presenta le seguenti attività:

    • Antiossidane e antirrancidente: tale proprietà potrebbe essere sfruttata nella conservazione degli alimenti in sostituzione degli attuali conservanti di sintesi;
    • Antibiotiche: tale proprietà è dovuta all’azione di numerose sostanze, fra cui sicuramente l’acido benzoico, l’acido cinnamico ed alcuni flavonoidi;
    • Antimicotica: probabilmente contribuiscono a determinare tale proprietà la presenza di acido caffeico e di flavoidi;
    • Antivirale: i principi attivi contro i virus secondo Pecchiai sono contenuti nella frazione idrosolubile, tale azione sarebbe stata messa in evidenza su virus influenzali e virus delle piante;
    • Anestetizzante: tale azione, molto spiccata, viene messa in relazione col contenuto in pinocembrina e fenalacidi;
    • Cicatrizzante: tale attività è stata messa in evidenza sia sugli animali che sull’uomo e si manifesta con un’azione stimolante la rigenerazione dei tessuti;
    • Immunostimolante: estratti di propoli stimolano l’immunogenesi e sono incorso ricerche sulla possibile azione inibente la crescita delle cellule tumorali;
    • Vasoprotettiva: riduce la permeabilità e la fragilità dei capillari, tale attività è probabilmente da attribuire ai flavonoidi, un tempo chiamato vitamina della permeabilità capillare.
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